La crescita dei meccanismi volontari di compensazione delle emissioni di CO2 richiede maggiore trasparenza e regolamentazione per garantire l’efficacia nella lotta al cambiamento climatico ed evitare frodi “verdi”
I meccanismi di compensazione della CO2 stanno diventando sempre più rilevanti nelle discussioni relative alle politiche di mitigazione delle emissioni di gas serra e della lotta al cambiamento climatico. Negli ultimi anni, infatti, questi meccanismi sono passati da essere una tematica discussa principalmente da professionisti e addetti ai lavori a vedere aumentare la loro presenza nel dibattito pubblico in maniera significativa: sono infatti sempre di più le pubblicità, in televisione, così come su YouTube e sui social media, che parlano di prodotti “a CO2 interamente compensata” così come sono sempre di più le aziende che utilizzano questi sistemi per presentarsi come green nei confronti dei consumatori più sensibili al tema.
Allo stesso modo si sono moltiplicate le opzioni di compensazione volontaria delle emissioni individuali: basti pensare al fatto che ormai quasi tutte le compagnie aeree propongono, in fase di acquisto, la possibilità di aggiungere una quota al prezzo del biglietto proprio per compensare le emissioni di CO2 prodotte dal viaggio; o alla nascita di servizi come Flowe, un conto online che offre ai suoi clienti una carta di credito in legno oltre che la possibilità di calcolare le emissioni di CO2 derivanti dai propri acquisti e compensarle in un secondo momento.
Compensazione della CO2: cos’è?
Ma che cosa si intende, tecnicamente, per compensazione della CO2? Innanzitutto, i meccanismi che fanno riferimento a questa definizione sono accomunati dal fatto di basarsi su certificati che rappresentano una quantità di emissioni (solitamente una tonnellata di CO2) di cui il soggetto giuridico in questione (solitamente un’azienda o un privato) si assume la responsabilità finanziaria attraverso il sostegno a progetti di protezione del clima. In altre parole, questi certificati sono acquistati dalle aziende o dai privati per “compensare” una data quantità di emissioni di CO2 emessa dalle loro attività investendo parallelamente in progetti che dovrebbero ridurre o assorbire lo stesso ammontare di CO2. Questi progetti di riduzione delle emissioni, che spesso hanno luogo nel sud del mondo, possono essere di diverso tipo e riguardare, ad esempio, investimenti per la piantumazione di alberi o il mantenimento di foreste esistenti, piuttosto che lo sviluppo di infrastrutture mirate ad aumentare l’efficienza energetica o l’energia rinnovabile.
L’addizionalità
Tuttavia, è proprio sull’attendibilità di questi progetti di riduzione delle emissioni che si sono concentrate le critiche più forti a questo tipo di sistema. Uno dei principi chiave di questo meccanismo è infatti quello dell’addizionalità, ovvero il poter provare che la riduzione di emissioni generata dal progetto di riferimento non sarebbe avvenuta in assenza del progetto stesso. Questa problematica è esplosa in tutta la sua evidenza nei progetti che riguardavano la conservazione di aree verdi (è infatti molto difficile provare in maniera inoppugnabile che tale area verde sarebbe stata deforestata in assenza del progetto) ed anche per questo motivo gran parte dei più noti schemi di compensazione della CO2 è passata da tempo dalla piantumazione/conservazione di alberi a progetti riguardanti l’energia rinnovabile, dalla distribuzione di lampadine a risparmio energetico alla cattura del metano nelle discariche. Anche in questo caso però, è sempre molto difficile provare che la riduzione delle emissioni non sarebbe avvenuta senza il progetto: ad esempio, se il governo del paese dove avviene il progetto di cattura del metano nelle discariche approvasse un domani un disegno di legge con lo stesso obiettivo, sarebbe impossibile verificare a posteriori l’addizionalità del progetto. In questi casi, il rischio è che abbia luogo un rilascio di certificati per emissioni che sarebbero state comunque ridotte, e ciò compromette l’integrità ambientale delle compensazioni.
Proprio per garantire l’attendibilità dei progetti, il mercato della compensazione ha sviluppato vari standard, che sono un po’ come i sistemi di certificazione utilizzati per gli alimenti nel commercio equo o biologico. Le forme più comuni di standard includono il Voluntary Gold Standard (VGS) e il Voluntary Carbon Standard (VCS). Le compensazioni certificate VGS sono controllate secondo le regole stabilite nel protocollo di Kyoto del 1997 e devono anche garantire benefici sociali per le comunità locali. Il VCS, d’altro canto, mira ad essere altrettanto rigoroso ma senza essere così costoso e burocratico per le aziende, consentendo così accesso ai certificati ad una gamma più ampia di progetti innovativi su piccola scala. I progetti certificati da questi standard generano certificati “garantiti” che appartengono a categorie specifiche, come i Verified Emission Reductions (VERs).
I passaggi per la certificazione dei progetti
Esiste quindi un rapporto interconnesso tra azienda, fornitore di crediti di carbonio e organizzazione di standardizzazione e certificazione. 1) Le aziende sono responsabili delle proprie emissioni di CO2 e possono decidere di partecipare al mercato volontario per compensare. 2) I fornitori di crediti CO2 sono organizzazioni o intermediari che sviluppano, gestiscono o certificano i progetti di riduzione delle emissioni di CO2. Essi possono implementare o finanziare progetti che riducono o assorbono le emissioni, rispettando gli standard stabiliti dalle organizzazioni di certificazione. 3) Queste ultime stabiliscono i protocolli per garantire l’integrità e l’attendibilità dei crediti di carbonio, fornendo linee guida sulle metodologie di calcolo delle emissioni e sui requisiti per la certificazione dei progetti di riduzione delle emissioni.
Gli standard di certificazione, così come le tipologie di certificati da essi validati, sono molteplici e differiscono fra di loro per diversi aspetti tecnici, e ciò non aiuta di certo a ridurre l’incertezza e lo scetticismo nei confronti dei meccanismi di compensazione. Inoltre, il collegamento tra aziende, fornitori di crediti di carbonio e organizzazioni di certificazione non è sempre trasparente, creando opportunità per frodi e pratiche di greenwashing.
Lo scandalo Verra
Uno dei casi spesso citati per evidenziare tali criticità è quello della società Verra, principale player globale nel mercato di standardizzazione dei crediti di carbonio. Un’indagine condotta dal Guardian, dalla rivista tedesca Die Zeit e da SourceMaterial ha sollevato dubbi sulla validità dei crediti di compensazione delle foreste pluviali emessi dall’azienda. La principale accusa riguarda l’attribuzione dei crediti di carbonio per progetti che non rispettano il requisito dell’addizionalità: ossia che le azioni svolte siano “addizionali” rispetto a ciò che sarebbe accaduto in assenza del progetto.
Verra ha contestato le conclusioni dell’indagine, sollevando dubbi sulla metodologia utilizzata. Lo scandalo ha comunque messo in evidenza le sfide e le controversie che possono sorgere nel mercato volontario delle emissioni, provocando le dimissioni del CEO David Antonioli, in servizio da 15 anni. È importante sottolineare che le indagini in corso potrebbero portare a ulteriori sviluppi e informazioni aggiornate in futuro.
Quis custodiet ipsos custodes?, ossia “Chi custodirà i custodi stessi?”. In questo contesto, la domanda sorge spontanea: chi sorveglia e regola l’operato di organizzazioni che svolgono il ruolo fondamentale di certificare i crediti e stabilire gli standard per il mercato? Appare ovvia la necessità di una maggiore supervisione e regolamentazione del settore, al fine di evitare abusi, pratiche discutibili e mancanza di trasparenza.
Riassumendo, le problematiche più pressanti quando si parla di compensazione della CO2 sono essenzialmente tre. Addizionalità: la sfida consiste nel garantire che i progetti di compensazione siano veramente aggiuntivi, cioè che portino a una riduzione di emissioni al di là di quanto sarebbe avvenuto senza il progetto. Senza un controllo adeguato dell’addizionalità, i crediti di carbonio potrebbero essere emessi per riduzioni che sarebbero già avvenute comunque. Monitoring, Reporting and Verification (MRV): la trasparenza e la supervisione sono cruciali per garantire la credibilità dei mercati volontari delle emissioni di carbonio. Il processo di MRV riguarda la misurazione, la comunicazione e la verifica delle riduzioni delle emissioni. L’assenza di standard uniformi e di meccanismi di verifica affidabili può portare a una mancanza di fiducia nel sistema di certificazione dei crediti e nella corrispondenza tra le riduzioni dichiarate e quelle effettive. Double-counting: o doppio conteggio, si verifica quando un certificato di emissione è rivendicato da più di un’entità giuridica, portando a una sovrastima degli impatti climatici delle compensazioni.
Standard rigorosi, controlli indipendenti e trasparenza nella certificazione, nel monitoraggio e nella verifica sono essenziali per garantire la qualità dei crediti di carbonio emessi e la riduzione effettiva delle emissioni. Allo stesso tempo, la concorrenza tra società può favorire l’innovazione e l’efficienza nel settore: è il caso dell’azienda Pachama, principale player del mercato orientato all’utilizzo di intelligenza artificiale e tecnologia di telerilevamento, per ottenere misurazioni più accurate delle emissioni di carbonio e della capacità di stoccaggio delle foreste.
Questi problemi strutturali non sono nuovi per gli esperti del settore. Lo scandalo Verra ha portato alla luce le ambiguità del sistema, attirando l’attenzione dei media mainstream e sollevando preoccupazioni già evidenziate nel 2016 da un rapporto della Commissione Europea che rivelava come il 73% delle compensazioni rivendicate da progetti registrati nel Clean Development Mechanism, uno dei principali schemi di compensazione delle emissioni gestito dalle Nazioni Unite, era stato realizzato solo parzialmente o non aveva raggiunto le riduzioni dichiarate.
Un mercato in crescita
Nonostante ciò, il mercato degli offsets continua a crescere rapidamente. Secondo le previsioni di Morgan Stanley, il mercato delle compensazioni volontarie di carbonio passerà da circa 2 miliardi di dollari nel 2022 a circa 100 miliardi di dollari nel 2030 e a circa 250 miliardi di dollari entro il 2050. Pertanto, risolvere i problemi strutturali diventa una priorità assoluta per rendere il sistema efficace nella lotta al cambiamento climatico.
Questo processo sembra essere già in atto. Dopo lo scandalo Verra, l’autorità che regola l’informazione pubblicitaria nel Regno Unito ha annunciato l’introduzione di regole più severe per gli annunci pubblicitari legati alla compensazione. Contemporaneamente, si registra una crescente importanza delle società di carbon credit rating, come BeZero e Sylvera, che valutano la qualità dei certificati generati dai progetti di compensazione.
Ma la novità più importante arriva dagli Stati dove questi progetti hanno effettivamente luogo. Lo Zimbabwe ha deciso di prelevare il 50% delle entrate dalla vendita dei certificati del progetto Kariba REDD+ e di regolamentare gli sviluppatori di progetti nel mercato. La Tanzania ha adottato regole per la registrazione dei progetti di compensazione, mentre il Kenya sta considerando la proposta di condividere il 25% delle entrate delle compensazioni con le comunità locali. Anche i governi di Papua Nuova Guinea, Honduras e Indonesia hanno preso misure per controllare lo sviluppo dei progetti di carbon offset.
In conclusione, il mercato delle emissioni di carbonio si trova ancora in uno stato di immaturità. Le criticità legate all’addizionalità, alla trasparenza e al rischio di doppio conteggio mettono in luce la necessità di maggiore concorrenza, supervisione e regolamentazione del settore. È indubbio che tali temi assumeranno un ruolo centrale nella prossima conferenza sul clima (COP28) a Dubai.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di Luglio/Settembre di eastwest
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I meccanismi di compensazione della CO2 stanno diventando sempre più rilevanti nelle discussioni relative alle politiche di mitigazione delle emissioni di gas serra e della lotta al cambiamento climatico. Negli ultimi anni, infatti, questi meccanismi sono passati da essere una tematica discussa principalmente da professionisti e addetti ai lavori a vedere aumentare la loro presenza nel dibattito pubblico in maniera significativa: sono infatti sempre di più le pubblicità, in televisione, così come su YouTube e sui social media, che parlano di prodotti “a CO2 interamente compensata” così come sono sempre di più le aziende che utilizzano questi sistemi per presentarsi come green nei confronti dei consumatori più sensibili al tema.