Era in carcere dal 1989. Un uomo – oggi ha 51 anni – ha ottenuto uno sconto di pena per uscire dalla prigione. Si tratta dell’ultima persona in carcere a seguito dei fatti del 1989 a piazza Tiananmen. Nel giorno della sua liberazione, Pechino assicura anche i propri militari e veterani che nei giorni scorsi avevano protestato contro il governo per i tagli annunciato. Pechino ha confermato il suo sostegno, accusando le potenze straniere di aver diffuso notizie false al riguardo.
In Cina sarebbe stata annunciata la liberazione dell’ultima persona ancora in carcere a seguito delle proteste del giugno 1989 in piazza Tian’anmen a Pechino.
Una riduzione della pena di undici mesi dovrebbe consentire a Miao Deshun, ormai cinquantenne, di uscire di prigione.
Secondo un’organizzazione per i diritti umani con sede e a San Francisco, le sue condizioni di salute non sarebbero ottimali, anzi l’uomo sarebbe ammalato.
Si chiuderebbe così una terribile pagina nella storia contemporanea del paese: i fatti di Tiananmen, considerati ancora oggi un tabù in Cina, portarono alla morte di centinaia di persone (migliaia secondo molte organizzazioni per i diritti umani) e all’arresto di altrettante persone.
L’allora leader del paese, Deng Xiaoping, preferì l’uso dell’esercito contro gli studenti, pur di «salvare» – dal suo punto di vista – l’avvio dell’epoca delle Riforme. A seguito di quei fatti la Cina venne sanzionata dalla comunità internazionale.
Cinico e terribile il commento del quotidiano ufficiale del partito comunista – il Global Times – a proposito della liberazione dell’ultimo uomo in carcere a seguito di quei fatti: «la vita di chi ha scelto il lato sbagliato della storia, pesa meno di una piuma».
Nella stessa giornata sono arrivate importanti novità anche per i militari del paese.
La scorsa settimana più di mille partecipanti, vicino al Bayi Building, sede dell’Ufficio generale della Commissione militare centrale, hanno protestato contro il taglio di organici e trattamenti pensionistici.
Dal governo è arrivata una rassicurazione. Il ministero della Difesa nazionale ha trasmesso un comunicato ufficiale al Global Times promettendo che Partito comunista cinese, governo (Consiglio di Stato) e Commissione militare centrale (il vertice politico delle forze armate), «si prenderanno cura dei veterani e daranno molta attenzione alla soluzione dei loro problemi».
Nel documento si ricorda che il governo «ha preparato le misure e le politiche preferenziali per i veterani migliorando le condizioni di vita di alcuni di loro». C’è la promessa che «le difficoltà temporanee di alcuni di loro saranno risolte».
A settembre 2015, il presidente cinese Xi Jinping, da aprile «Commander-in-Chief» in aggiunta al ruolo di presidente della Commissione centrale militare, ha promosso un maxi programma di revisione delle forze armate con un taglio di 300.000 unità, da 2,3 a 2 milioni di effettivi per l’Esercito popolare di liberazione entro la fine del 2017, in funzione di una svolta hi-tech di attrezzature e armamenti in dotazione a Marina, Aeronautica ed Esercito.
Ma secondo Pechino questa «manovra» non sarebbe reale, bensì «propaganda occidentale» per minare la potenza cinese.
Anche in questo caso Pechino si è affidata a un comunicato stampa nel quale si specifica che «La grande massa delle forze armate deve chiaramente riconoscere che nella stragrande maggioranza queste voci sono fantasiose e piene di congetture», perché «non mancano alcune forze ostili che sono contrarie al nostro processo di riforma».
Queste «storie fantasiose», secondo il governo, avrebbero finito di attrarre l’attenzione di molti soldati.
@simopieranni