Coronavirus: la corsa al vaccino diventa geopolitica
Coronavirus: il vaccino ormai è la risorsa più ambita di ogni Paese. Ma il timore che gli interessi nazionali possano avere la meglio sulla cooperazione globale è dietro l'angolo
Coronavirus: il vaccino ormai è la risorsa più ambita di ogni Paese. Ma il timore che gli interessi nazionali possano avere la meglio sulla cooperazione globale è dietro l’angolo
Oltre 140 leader mondiali – tra Presidenti, Ministri e Ambasciatori – hanno firmato una lettera per chiedere che il vaccino contro il coronavirus venga reso disponibile per tutti e gratuitamente. “L’accesso ai vaccini e ai trattamenti [contro il Covid-19, ndr] come beni pubblici globali è nell’interesse di tutta l’umanità”, si legge. “Non possiamo permetterci che i monopoli, la concorrenza spietata e i nazionalismi miopi si mettano in mezzo”.
In realtà, la corsa al vaccino è già diventata una competizione geopolitica intrisa di nazionalismo. In un certo senso, un esito di questo tipo era prevedibile: dato che la malattia si è diffusa praticamente in tutto il mondo – le nazioni senza neanche un caso confermato sono appena una decina –, il vaccino è subito diventato la risorsa più ambita.
Il primo Paese che riuscirà a trovare una cura avrà nelle mani uno strumento cruciale (forse) per salvare la vita di milioni di persone. Ogni Governo vorrà quindi dare la priorità, nell’accesso al vaccino, alla propria popolazione: il vantaggio però non sarà solamente sanitario, ma anche economico e propagandistico. Il timore, dunque, è che i singoli interessi nazionali possano avere la meglio sulla cooperazione globale.
Mercoledì il gruppo farmaceutico francese Sanofi aveva fatto intendere che, in caso di sviluppo di un vaccino, gli Stati Uniti avrebbero avuto accesso alle prime dosi, visto che Washington sta finanziando le ricerche. Poi c’è stato un passo indietro dopo la reazione irritata della Francia, la quale ha voluto precisare che non ci saranno favoritismi e che la parità di accesso non è un aspetto negoziabile.
In India, invece, l’amministratore delegato di Serum Institute, il più grande produttore di vaccini al mondo, aveva detto che “la maggior parte dei vaccini, almeno all’inizio, dovranno andare ai nostri connazionali prima di andare all’estero”.
A fine aprile l’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato un’iniziativa per sviluppare rapidamente un vaccino contro il coronavirus. Iniziativa alla quale gli Stati Uniti non hanno aderito: l’Oms è infatti al centro dello scontro propagandistico tra Washington e Pechino, con il Presidente americano Donald Trump che accusa l’agenzia di essere filo-cinese.
Il 4 maggio l’Unione europea – in mancanza di una leadership statunitense – ha organizzato una raccolta fondi internazionale per supportare lo sviluppo e la distribuzione in tutto il mondo di un vaccino, riuscendo a mettere insieme donazioni per 7,4 miliardi di euro. Anche stavolta, nessun contributo è arrivato dagli Stati Uniti, dove l’amministrazione Trump ha preferito concentrarsi su un’iniziativa propria, chiamata Operation Warp Speed, con l’obiettivo – forse fin troppo ottimistico – di avere un vaccino già entro la fine dell’anno.
Gli Stati Uniti di Trump stanno sfruttando la pandemia per rilanciare il loro messaggio isolazionista, ostile alla globalizzazione e al multilateralismo. Per la Cina invece la crisi del coronavirus rappresenta un’opportunità per estendere la propria influenza: se Pechino dovesse riuscire a trovare un vaccino prima di Washington, il successo rafforzerebbe la narrazione del “sorpasso” cinese dell’America.
Oltre 140 leader mondiali – tra Presidenti, Ministri e Ambasciatori – hanno firmato una lettera per chiedere che il vaccino contro il coronavirus venga reso disponibile per tutti e gratuitamente. “L’accesso ai vaccini e ai trattamenti [contro il Covid-19, ndr] come beni pubblici globali è nell’interesse di tutta l’umanità”, si legge. “Non possiamo permetterci che i monopoli, la concorrenza spietata e i nazionalismi miopi si mettano in mezzo”.
In realtà, la corsa al vaccino è già diventata una competizione geopolitica intrisa di nazionalismo. In un certo senso, un esito di questo tipo era prevedibile: dato che la malattia si è diffusa praticamente in tutto il mondo – le nazioni senza neanche un caso confermato sono appena una decina –, il vaccino è subito diventato la risorsa più ambita.
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