Vivo in India e scrivo di India da quasi due anni e se c’è una cosa della quale vado particolarmente fiero è non aver mai, e dico mai, usato la metonimia Elefante per dire India.
Vivo in India e scrivo di India da quasi due anni e se c’è una cosa della quale vado particolarmente fiero è non aver mai, e dico mai, usato la metonimia Elefante per dire India.
Non è stato facile, la tentazione è enorme, anche perché una volta che esaurisci i vari Subcontinente Indiano, Repubblica Indiana, Democrazia più Grande del Mondo, Colosso Indiano, rinunciare alla scappatoia dell’Elefante richiede una cocciutaggine particolare.
Ma sugli elefanti non derogo, forse perché da quando sono qui a scervellarmi per tentare di capire questo Paese, di pachiderma ne ho visto solo uno, tristissimo, nella località meno indiana che ho visitato in India, Pondicherry. Si chiama Lakshmi, nome femminile della dea della ricchezza, e sta fuori da un tempio di Ganesh a benedire con la proboscide chi versa le monetine nell’apposito cestino. Piccolo dettaglio: l’elefante in questione è un maschio e ha dovuto ereditare il nome da sua madre, che in quanto femmina era stata chiamata appunto Lakshmi. La gente era abituata a conoscere l’elefante con quel nome e, anche di fronte al cambiamento, gli amministratori del tempio hanno deciso di tenersi stretto il brand.
Lo stesso trattamento è riservato all’India di oggi che, con velocità e grazia tutte elefantine, sta cambiando davanti agli occhi di chi la osserva. Ma che rimane imprigionata, in Italia più che altrove, in una gabbia di stereotipi vecchi e nuovi: la spiritualità, la non-violenza, gli incensi, le vacche sacre, le scimmie, l’induismo, la povertà, i cataclismi naturali, gli “strano ma vero”, la “potenza economica”, Cindia – le scuse ai posteri per un acronimo del genere non saranno mai abbastanza – ed il resto del prontuario folk-esotico.
In questo blog tenterò di raccontare e sdrammatizzare l’India degli indiani, quella della corrente che salta ogni due ore durante il monsone, della corruzione dilagante, dei poli d’eccellenza hi-tech e della segregazione femminile, dei balletti di Bollywood e di quelli della politica, delle aspirazioni a grande potenza internazionale e degli scioperi dei lavoratori.
Queste le premesse, proveremo a mantenerle. Quello che posso garantirvi però senza il minimo dubbio è che qui non troverete mai e poi mai l’Elefante India. Con tutto quello che si porta dietro.
Vivo in India e scrivo di India da quasi due anni e se c’è una cosa della quale vado particolarmente fiero è non aver mai, e dico mai, usato la metonimia Elefante per dire India.
Vivo in India e scrivo di India da quasi due anni e se c’è una cosa della quale vado particolarmente fiero è non aver mai, e dico mai, usato la metonimia Elefante per dire India.