Ogni Paese sta conducendo capagne vaccinali che riflettono le differenze di contesto e di cultura. Se la Ue sta accusando qualche ritardo, ci sono delle buone ragioni...
Ogni Paese sta conducendo capagne vaccinali che riflettono le differenze di contesto e di cultura. Se la Ue sta accusando qualche ritardo, ci sono delle buone ragioni…
Il Covid sta mettendo in risalto anche i diversi approcci con cui viene combattuto. L’ideale sarebbe che fosse affrontato da una specie di Onu del vaccino, ma così non è. In un mondo multilaterale, Cina e Russia procedono in modo differente, gli Stati Uniti vanno avanti anch’essi “their way”, l’Inghilterra, uno dei Paesi più disastrosi nel campo della lotta alla pandemia, ora accelera sulle somministrazioni e sembra aver superato l’Unione europea, come se esistesse una Brexit degli antidoti. Ma è davvero così? Se andiamo a vedere un po’ da vicino, in realtà le cose stanno in maniera diversa. E soprattutto non possono essere confrontabili. I contesti e i sistemi sanitari sono enormemente differenti.
Gran Bretagna
La Gran Bretagna di Boris Johnson ad esempio se ne è infischiata dei protocolli sperimentali con cui si procede nel campo delle immunizzazioni. Ha infatti potuto approfittare del suo ritrovato sovranismo ed è partita per prima. Ma è stato come puntare sul tavolo della roulette: poteva andare diversamente e non è detto che non possa ancora accadere, anche se finora gli effetti collaterali di chi è stato sottoposto al vaccino AstraZeneca, partner dell’Università di Oxford, non hanno dato particolari problemi. Inoltre Londra ha deciso di non somministrare la seconda dose in modo da coprire più velocemente tutta la popolazione. È per questo che la comunità scientifica internazionale è molto cauta sul metodo inglese.
Russia e Cina
Su Russia e Cina c’è poco da dire: sono superpotenze imperiali che possono permettersi di agire in completa autonomia, senza rispettare niente e nessuno. Hanno creato e prodotto vaccini Made in Russia e Made in China e li stanno somministrando alla popolazione. Su tutto il resto (efficacia, percentuale di popolazione che ha ricevuto le dosi, richiami, protocolli seguiti) si sa poco o nulla, secondo lo stile di due potenze ex comuniste (nel caso di Pechino ancora formalmente comunista). La rivista Lancet, una delle più autorevoli riviste scientifiche internazionali, ha pubblicato i dati relativi alla fase 3 della sperimentazione del vaccino russo noto come Sputnik. Dati incoraggianti, ma da qui a dire che la cortina di ferro dei vaccini è stata alzata, ce ne vuole. Pare che San Marino voglia comprarli e distribuirli tra i suoi pochi cittadini. Sperando che non lo abbiamo fatto con lo stesso criterio con cui si acquistano i francobolli.
Stati Uniti
Vi è poi il caso Stati Uniti, che hanno registrato più vittime Covid delle due guerre mondiali e del conflitto in Vietnam messi insieme. Hanno un sistema complesso, completamente differente da quello dell’Unione europea, con una voce sola in campo epidemiologico e immunologico che parla a nome della comunità scientifica americana: Anthony Fauci. Attualmente hanno vaccinato quasi un quarto della popolazione, grazie ad accordi stabiliti già nella primavera del 2020 da Trump e con una pioggia di milioni di dollari a vantaggio dell’americana Moderna, multinazionale del Big Pharma. Ma anche in questo caso, la Food and Drug Administration, l’agenzia del farmaco americano, ha approvato i vaccini Pfizer e Moderna con tempi più veloci rispetto all’Ema, l’agenzia omologa europea. Anche in questo caso si è rischiato, in spirito tipicamente anglosassone, con lo stesso atteggiamento con cui si gioca in borsa a Wall Street.
Unione europea
E l’Europa? Al solito, il Vecchio Continente ha dato un’immagine di lentezza. E il premier italiano Mario Draghi fa bene a sollecitare Ursula von der Leyen a un approccio più deciso e pragmatico per accompagnare la campagna vaccinale, incalzando i colossi farmaceutici in ritardo con le consegne. Ma al netto di queste esigenze di accelerazioni e di un miglioramento della macchina sanitaria dell’Unione, l’Europa ha dimostrato una reazione sorprendente contro il Covid che riscatta la cattiva immagine che aveva maturato nel 2018 in tema economico. Non dobbiamo dimenticare che stiamo parlando di un sistema occidentale di 27 Stati membri. Bruxelles può apparire più lenta perché sta procedendo in maniera omogenea nei confronti dei suoi aderenti, senza fughe in avanti, senza distinzioni di Prodotto interno lordo o altro, in base a un principio umanitario di solidarietà e fraternità.
Inoltre, un conto è vaccinare l’Europa, un conto l’Inghilterra o addirittura Israele, certamente la più rapida a organizzarsi con metà della popolazione già coperta. Ma stiamo parlando di un Paese con un’altissima organizzazione militare (molto utile in caso di vaccinazione di massa) e con una popolazione di otto milioni di abitanti, un milione in meno della Lombardia. In realtà Bruxelles, dopo qualche iniziale incertezza, ha immediatamente predisposto un piano sanitario di supporto ai Paesi membri, ha finanziato la ricerca per quasi dieci milioni di euro, ha accelerato i protocolli sperimentali per il vaccino. Ma quello che non ha fatto è stato scommettere sugli effetti collaterali, rispettando tutte le procedure richieste. Si è così arrivato agli antidoti in un anno, quando in tempi normali ce ne vogliono dieci. Ha poi fissato principi ineludibili: nessun privilegio, nessuna priorità, nemmeno nei confronti della Germania di Frau Merkel. Ha addirittura previsto l’invio di milioni di dosi ai Paesi africani del Maghreb, nella consapevolezza che non ha senso immunizzare gli europei se poi le varianti dal resto del mondo possono aggredire i cittadini dell’Unione. Quanto ai colossi farmaceutici, non hanno dimostrato molta riconoscenza rispetto a Bruxelles, spesso privilegiando nella consegna i migliori offerenti extraeuropei. Forse il limite di Ursula von der Leyen è stato quello di non essersi fatta troppo rispettare limitandosi ad azioni legali, oltre che imporre la valutazione dei brevetti, come gli ha rimproverato lo stesso Draghi.
In conclusione, nel valutare la diversa reazione degli Stati a livello internazionale, non si possono fare paragoni, poiché i contesti e le condizioni di partenza sono completamente diversi. In un mondo perfetto forse l’Europa avrebbe potuto fare di più e prima. Ma nelle condizioni geopolitiche attuali in realtà è stata quella che ha fatto meglio.
Ogni Paese sta conducendo capagne vaccinali che riflettono le differenze di contesto e di cultura. Se la Ue sta accusando qualche ritardo, ci sono delle buone ragioni…
Il Covid sta mettendo in risalto anche i diversi approcci con cui viene combattuto. L’ideale sarebbe che fosse affrontato da una specie di Onu del vaccino, ma così non è. In un mondo multilaterale, Cina e Russia procedono in modo differente, gli Stati Uniti vanno avanti anch’essi “their way”, l’Inghilterra, uno dei Paesi più disastrosi nel campo della lotta alla pandemia, ora accelera sulle somministrazioni e sembra aver superato l’Unione europea, come se esistesse una Brexit degli antidoti. Ma è davvero così? Se andiamo a vedere un po’ da vicino, in realtà le cose stanno in maniera diversa. E soprattutto non possono essere confrontabili. I contesti e i sistemi sanitari sono enormemente differenti.
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