A fine novembre, durante il G20 in Argentina, Donald Trump e Xi Jinping si incontreranno. E sui media cinesi impazza la notizia della telefonata appena intercorsa tra i due presidenti.
Per riassumere la stampa cinese, scegliamo il filo governativo Global Times: “Il presidente cinese Xi Jinping e il presidente americano Donald Trump hanno avuto una conversazione telefonica, durante la quale hanno parlato del commercio bilaterale e della questione della penisola coreana. Durante la conversazione Trump ha detto che non vede l’ora di incontrare Xi durante il summit del G20 in modo che possano avere una discussione approfondita su alcune questioni importanti».
E ancora: “Le due parti non sono d’accordo – da tempo – su questioni commerciali, come ha osservato Xi affermando che lo scontro commerciale ha finito per causare un impatto negativo sulle industrie in entrambi i Paesi, nonché sul commercio globale. Questo non è ciò che la Cina vuole vedere, ha detto il presidente cinese”.
Nelle settimane precedenti il Global Times aveva criticato in ogni modo possibile gli Stati Uniti e la sua guerra commerciale contro la Cina. Un segnale importante, tenendo conto che in Cina lo scontro sui dazi è sempre stato minimizzato.
Ma oggi possiamo dire con certezza che il partito comunista cinese è preoccupato della situazione. Nei giorni scorsi si è svolto il meeting del Politburo cinese, i 25 funzionari più importanti del partito comunista. Come riporta la Xinhua, in mandarino, nell’incontro si è affacciato per la prima volta il tema delle sanzioni americane. Il Politburo ha registrato una difficoltà del Paese di fronte a questo scontro commerciale.
I rimedi dovrebbero essere esposti nel terzo Plenum del Partito comunista che solitamente si svolge a ottobre. Quest’anno, però, non solo non si è svolto ma neanche è stata annunciata una data – che si aspettava uscisse proprio dall’incontro del Politburo -.
Secondo alcuni analisti questo potrebbe significare una discordanza all’interno della leadership cinese – ma questo la Xinhua, ovviamente, non lo dice.
Ne scrive invece il South China Morning Post, quotidiano di Hong Kong ma la cui proprietà è la cinese Alibaba, secondo il quale “il probabile ritardo della riunione del Comitato centrale, che dovrebbe concentrarsi sulle politiche economiche a medio-lungo termine, potrebbe suggerire una mancanza di consenso tra i leader cinesi su come affrontare la situazione”.
Il Scmp ricorda inoltre che “Il plenum autunnale che si svolge un anno dopo il congresso nazionale del partito è in gran parte visto come il più importante incontro” del partito comunista. Fu in occasione del terzo plenum nel 1978, ad esempio, che Deng lanciò l’epoca delle Riforme e dell’apertura che proprio quest’anno celebra i 40 anni.
Altri analisti suggeriscono che il Pcc potrebbe aspettare le elezioni di midterm americane prima di ufficializzare le proprie posizioni: c’è infatti chi aspetta alcune risposte, come ricorda la rivista economica Caixin.
I temi economici, con una crescita al 6,5 e l’ammissione anche da parte della dirigenza di difficoltà nell’attuale situazione internazionale, diventano prioritari. In un articolo su Caixin dal titolo Foreign Businesses Hope Xi Will Unveil More Market Access Plans at Import Expo si segnala proprio l’attesa di decisioni da parte del Pcc anche per quanto riguarda le aziende straniere.
La domanda che tutti si pongono è: le riforme annunciate già nel plenum del 2013, post investitura di Xi, avranno una loro continuità? Troveranno finalmente una propria applicazione, tenendo presente che la riforma delle aziende di Stato non è stata ancora lanciata secondo i piani?
Cambiando registro, il sito WhatsonWeibo che coglie le tendenze della rete cinese, questa settimana dedica un interessante articolo, che unisce link e post dai social network cinesi, sulla percezione del sistema dei crediti sociali in Occidente e in Cina. Il tema ha a che vedere con il sistema, lanciato dal Pcc ma ancora in fase di sperimentazione e studio, che attribuirebbe dei punteggi sociali a cittadini e aziende cinesi per creare un ambiente di fiducia e trasparenza.
Si tratta di un argomento che in Occidente ha avuto particolare attenzione, perché unisce progresso tencologico ai rischi di controllo sociale che comporta. Come scrive WhatsonWeibo, “In contrasto con il termine inglese, che ha 160 milioni di risultati, il termine cinese per il sistema di credito sociale (社会 信用 体系) fornisce solo 19,2 milioni di risultati di ricerca totali su Google. Google Trends mostra anche un interesse piuttosto minimale per il termine cinese rispetto al suo equivalente inglese. Anche se questo risultato è imperfetto (il motore di ricerca di Google è bloccato nella Cina continentale), Baidu, uno dei motori di ricerca più popolari in Cina, fornisce anche un totale relativamente piccolo di 7,7 milioni di risultati per la stessa query di ricerca sul web cinese. Tutto sommato, ci sono chiare indicazioni che l’attenzione per il sistema di credito sociale cinese nell’ambiente internazionale dei media online in lingua inglese è molto più grande di quella in Cina”.
@simopieranni