Etiopia: il Primo Ministro, premio Nobel per la pace nel 2019, ha lanciato un'offensiva contro la regione del Tigray. Per gli analisti, è probabile che scoppi una guerra civile
Etiopia: il Primo Ministro, premio Nobel per la pace nel 2019, ha lanciato un’offensiva contro la regione del Tigray. Per gli analisti, è probabile che scoppi una guerra civile
Mercoledì scorso il Primo Ministro dell’Etiopia, Abiy Ahmed, ha ordinato un’offensiva contro la regione del Tigrè (o Tigray), nel nord del Paese, dopo aver accusato le autorità locali di aver attaccato una postazione militare del Governo centrale. Nel timore che gli scontri – intensificatesi giovedì – possano espandersi anche sul proprio territorio, ieri il Sudan ha annunciato la chiusura del confine con l’Etiopia.
Che cosa sta succedendo in Etiopia
Abiy – in carica dal 2018 e vincitore del premio Nobel per la pace nel 2019 – ha accusato il Fronte popolare di liberazione del Tigrè (Tplf), che governa la regione, di aver attaccato una base dell’esercito nella città di Dalsha per rubare artiglieria ed equipaggiamento vario. Il Tplf non ha rivendicato il gesto.
Oltre al lancio di un’offensiva militare, Ahmed ha imposto lo stato d’emergenza nel Tigrè per sei mesi, ha bloccato Internet e anche le comunicazioni telefoniche.
Le divisioni etniche
L’Etiopia è una repubblica federale, è il secondo Stato più popoloso d’Africa ed è abitata da un’ottantina di gruppi etnici diversi, tra i quali ci sono spesso state tensioni e violenze. I tigrè rappresentano solo il 6% della popolazione – l’etnia più numerosa è quella degli oromo –, ma attraverso il partito Tplf hanno dominato la politica nazionale dal 1991 al 2018.
Lo scontro politico tra Abiy e Tplf
Dal 2018 Abiy, un oromo, ha avviato un processo di accentramento del potere a livello federale, per limitare le autonomie concesse ai Governi regionali e unire maggiormente il Paese. Nel contempo, ha marginalizzato il Tplf e ordinato l’arresto di molti funzionari di etnia tigrè con l’accusa di corruzione. La regione del Tigrè è quella che si sta opponendo maggiormente al processo di centralizzazione di Abiy, ma non è l’unica.
Nei mesi estivi, inoltre, l’Etiopia è stata interessata da nuove violenze etniche, con centinaia di morti, alle quali il Governo ha risposto con un’ondata di arresti che ha toccato anche molti oppositori del Primo Ministro. Le forze di sicurezza sono state accusate di migliaia di omicidi.
I rapporti tra l’amministrazione Abiy e il Tplf si sono aggravati nelle ultime settimane dopo che, a settembre, il Tigray ha deciso di tenere comunque le elezioni parlamentari nonostante la contrarietà del Governo federale: sono state vinte dal Tplf. In reazione, il parlamento federale ha tagliato i fondi alla regione.
Lo scorso aprile Abiy aveva infatti deciso di rimandare – senza fornire una data precisa – le elezioni generali previste per agosto a causa dell’epidemia di coronavirus, garantendosi anche un’estensione di almeno nove mesi del suo mandato.
Il rischio di secessione e di guerra civile
Abiy teme che le elezioni rappresentino il primo passo verso la secessione del Tigrè, ed è possibile che l’offensiva militare sia stata ideata proprio per scongiurare questo rischio e ripristinare l’autorità del Governo centrale. L’esercito etiope ha fatto sapere di star facendo convergere nella regione truppe situate in altre parti del Paese.
Secondo gli analisti, esiste la possibilità che scoppi una guerra civile. E sarebbe particolarmente disastrosa: l’Etiopia è una delle nazioni meglio armate di tutta l’Africa; la regione del Tigrè è quella più militarizzata e si stima che il Tplf disponga di circa 250mila truppe tra miliziani e paramilitari. Il partito, poi, possiede esperienza di combattimento per via della guerra con la confinante Eritrea.
Le ripercussioni regionali
Una guerra civile nel Tigrè potrebbe facilmente espandersi sia nelle altre zone dell’Etiopia che chiedono maggiore autonomia, sia al di là dei confini nazionali. L’Eritrea, ad esempio – in buoni rapporti con Abiy e in cattivi con il Tplf – potrebbe intervenire al fianco delle forze di Addis Abeba. L’Etiopia ha schierato delle truppe in Somalia per contrastare i jihadisti legati ad al-Qaeda, ma potrebbe richiamarle in patria nell’eventualità di un conflitto esteso.
La regione del Corno d’Africa è strategicamente rilevante per la sua posizione geografica: il golfo di Aden è un importante corridoio per il trasporto marittimo e il Gibuti ospita molte basi militari.
Mercoledì scorso il Primo Ministro dell’Etiopia, Abiy Ahmed, ha ordinato un’offensiva contro la regione del Tigrè (o Tigray), nel nord del Paese, dopo aver accusato le autorità locali di aver attaccato una postazione militare del Governo centrale. Nel timore che gli scontri – intensificatesi giovedì – possano espandersi anche sul proprio territorio, ieri il Sudan ha annunciato la chiusura del confine con l’Etiopia.
Che cosa sta succedendo in Etiopia
Abiy – in carica dal 2018 e vincitore del premio Nobel per la pace nel 2019 – ha accusato il Fronte popolare di liberazione del Tigrè (Tplf), che governa la regione, di aver attaccato una base dell’esercito nella città di Dalsha per rubare artiglieria ed equipaggiamento vario. Il Tplf non ha rivendicato il gesto.
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