George Floyd, il caso infiamma anche la politica interna
George Floyd: la questione razziale è il nervo scoperto degli Stati Uniti e Trump la usa per orientare l'elettorato in vista delle elezioni. Proseguono le primarie
George Floyd: la questione razziale è il nervo scoperto degli Stati Uniti e Trump la usa per orientare l’elettorato in vista delle elezioni. Proseguono le primarie
La questione razziale è il nervo scoperto degli Stati Uniti. La forte e vibrante reazione dell’opinione pubblica statunitense all’assassinio, per mano della polizia di Minneapolis, di George Floyd, cittadino afroamericano, ha trovato sponda in numerose piazze di tutto il mondo, ed è stata giocoforza utilizzata dal Presidente Donald Trump per orientare il suo elettorato in vista delle elezioni del 3 novembre.
Che negli Stati Uniti il colore della pelle o le origini etniche siano un discrimine non è una novità. Ad esempio, le percentuali di cittadini neri uccisi dalle forze dell’ordine è in media il doppio rispetto ai bianchi, con gli afroamericani che rappresentano circa il 13% della popolazione totale. Un altro dato negativo viene raccontato dal raggiungimento della laurea triennale, che nella fascia di età 25-29 anni è in possesso del 44% dei bianchi, e solo il 23% dei neri. Ancora, 1/3 della popolazione carceraria nel 2018 era rappresentata dai neri, mentre gli arresti per possesso di marijuana erano superiori di quasi quattro volte tra gli afroamericani rispetto ai bianchi.
La risposta di Trump, nei toni e nei fatti, è stata molto dura e motivo di scontro con sindaci e governatori di città e Stati nei quali si sono verificate manifestazioni o scontri. Su tutti, la diatriba con Andrew Cuomo dello Stato di New York che, secondo il Presidente, ha rifiutato l’offerta presidenziale d’aiuto con la National Guard. Sul fronte repubblicano, si iniziano a intravedere delle spaccature di peso.
Il due volte Commander-in-Chief George W. Bush, insieme alla moglie Laura, si discosta dalla retorica massimalista dell’attuale inquilino della Casa Bianca e, con una lettera pubblicata sul sito del Bush Center, afferma che questo “è il momento di ascoltare” che, per “l’America è il tempo di esaminare i nostri tragici fallimenti”.
Nella missiva, i due esponenti GOP affermano che “è positivo quando i manifestanti, protetti responsabilmente dalle forze dell’ordine, marciano per un futuro migliore” e che i dubbi sul funzionamento della giustizia negli States hanno ragion d’essere. “I neri subiscono la violazione dei loro diritti senza che le istituzioni agiscano in maniera adeguata”, continuano George e Laura. La risposta da dare deve seguire “la strada dell’empatia, l’impegno condiviso, l’azione coraggiosa e una pace radicata nella giustizia”.
Intanto, proseguono le primarie a livello nazionale. In Iowa, viene sconfittoSteve King, personaggio controverso e rappresentante per 20 anni alla Camera del 4° Distretto dello Stato. King si è più volte espresso con commenti razzisti e contro gli immigrati: per questo motivo si è spesso trovato in contrasto non solo con i Democratici ma anche con i colleghi Repubblicani, tanto che i rappresentanti del Partito nel suo Stato hanno appoggiato Randy Feenstra, che ha vinto col 46% dei voti contro il 36% guadagnato da King.
Sul fronte Democratico, manca pochissimo alla nomina ufficiale di Joe Biden, che dal ritiro di Bernie Sanders corre da solo per la conquista della nomination. Il 2 giugno si sono svolte le primarie in Indiana, Maryland, Montana, New Mexico, Pennsylvania, Rhode Island e South Dakota. Con più di 400 delegati a disposizione, Biden dovrebbe facilmente raggiungere i 1991 necessari per la sua conferma.
Il Vice di Barack Obama è andato contro Trump sia sulla gestione del Covid-19 che degli scontri che hanno seguito la morte di Floyd. “Mentre 100mila americani morivano per l’incompetenza della leadership, questo Presidente giocava a golf. Quando gli americani protestavano pacificamente fuori dalla Casa Bianca, questo presidente ha ordinato di usare i gas lacrimogeni per una photo-op. Donald Trump è stato eletto per servire tutti noi — ma sembra che lui stia servendo solo se stesso”.
La questione razziale è il nervo scoperto degli Stati Uniti. La forte e vibrante reazione dell’opinione pubblica statunitense all’assassinio, per mano della polizia di Minneapolis, di George Floyd, cittadino afroamericano, ha trovato sponda in numerose piazze di tutto il mondo, ed è stata giocoforza utilizzata dal Presidente Donald Trump per orientare il suo elettorato in vista delle elezioni del 3 novembre.
Che negli Stati Uniti il colore della pelle o le origini etniche siano un discrimine non è una novità. Ad esempio, le percentuali di cittadini neri uccisi dalle forze dell’ordine è in media il doppio rispetto ai bianchi, con gli afroamericani che rappresentano circa il 13% della popolazione totale. Un altro dato negativo viene raccontato dal raggiungimento della laurea triennale, che nella fascia di età 25-29 anni è in possesso del 44% dei bianchi, e solo il 23% dei neri. Ancora, 1/3 della popolazione carceraria nel 2018 era rappresentata dai neri, mentre gli arresti per possesso di marijuana erano superiori di quasi quattro volte tra gli afroamericani rispetto ai bianchi.
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