Tutto nacque con la guerra in Vietnam. Consapevole del dissenso interno alle politiche dell’amministrazione Nixon, il Dipartimento di Stato americano diede ai propri funzionari la possibilità di esprimerlo formalmente, senza timore di essere puniti. Un modo per tastare il polso dell’opinione e al tempo stesso gestire le critiche.
Il dissent channel è stato utilizzato spesso negli ultimi decenni, ma quello che è successo la scorsa settimana è probabilmente senza precedenti: cinquantuno diplomatici di Foggy Bottom hanno firmato un documento critico nei confronti delle politiche dell’amministrazione Obama in Siria e hanno chiesto l’adozione di un approccio più muscolare – fino a prospettare raid militari – contro il regime di Assad.
Il memo ha fatto rumore per il numero dei firmatari e perché una manina interessata ha passato la bozza al New York Times. I leak, non certamente graditi al governo, erano piuttosto frequenti negli anni Novanta, quando, ad esempio, il Segretario di Stato Warren Christopher si lamentò per i dissent cable, finiti sui giornali, che criticavano le politiche di Bill Clinton nei Balcani.
I firmatari del documento sulla Siria sono funzionari di medio livello coinvolti nella gestione della crisi negli ultimi 5 anni, da un dipendente del Bureau of Near Eastern Affairs all’ex vice dell’ambasciatore americano a Damasco. Non ci sono grandi nomi, anche se, com’è noto, alti ufficiali del Dipartimento non condividono la prudenza del presidente riguardo alla Siria. Obama, spalleggiato in questo dai vertici militari, è restio a uno sforzo che vada al di là della lotta allo Stato Islamico, come l’attuale impiegodelle truppe speciali,a fianco delle Forze Democratiche Siriane,per la riconquista diRaqqa. Niente raid aerei contro il regime, né l’adozione di una no fly zone per proteggere i civili nel Nord della Siria(una soluzione prospettata in passato sia da Hillary Clinton che dallo stesso John Kerry).
L’idea espressa dai funzionari “dissidenti” è che un utilizzo “giudizioso” della forza missilistica ed aerea contro Assad dovrebbe essere la precondizione delle trattative tra il regime e l’opposizione, che in questo momento non stanno portando in alcuna direzione, perché il governo siriano, dopo l’intervento della Russia, si sente protetto e non ha alcun interesse a negoziare. Le violazioni del cessate-il-fuoco sono costanti, i civili vengono colpiti dalle barrelbomb del regime e persino l’accesso agli aiuti umanitari viene ostacolato nelle aree in mano agli oppositori.
Probabilmente il documento non cambierà le politiche dell’amministrazione Obama, timorosa che l’uso della forza possa portare ad una fase di instabilità difficile da gestire, fino a un confronto armato con la Russia. I funzionari sostengono che non si dovrebbe arrivare a tanto, ma che la minaccia di un’azione militare dovrebbe portare seriamente Assad al tavolo dei negoziati, impegnando Kerry in una trattativa simile a quella condotta con l’Iran sul programma nucleare.
L’ultimo ambasciatore americano in Siria, Robert Ford, che ha lasciato il Foreign Service nel 2014 e adesso è senior fellow presso il Middle East Institute di Washington, si è schierato dalla loro parte. John Kerry ha incontrato una decina di firmatari del memo e condivide nella sostanza l’idea che gli Stati Uniti dovrebbero aumentare il loro leverage nelle trattative, per negoziare da posizioni di forza (come del resto ha fatto la Russia, con l’intervento militare lanciato nel settembre 2015).
Il dissentchannel è ormai parte integrante del Dipartimento di Stato. Se nel 1971 Henry Kissinger non accettò di buon grado le critiche espresse dai diplomatici di stanza a Dacca – oggi Bangladesh, all’epoca Pakistan Orientale – oggi i memo, individuali o scritti da un gruppo di dipendenti, vengono spediti con una certa regolarità. Anzi, stando alla posizione ufficiale del ministero, vengono addirittura incoraggiati, a partire dalla considerazione che validi professionisti di Foggy Bottom possono trovarsi in un “onesto disaccordo” sulle politiche, o su una particolare politica, dell’amministrazione, oppure vogliono semplicemente esprimere un punto di vista alternativo.
Dissenso costruttivo, dunque, o “dissenso responsabile”, come viene definito nel Foreign Affairs Manuale (FAM): uno strumento in mano ai dipendenti del Dipartimento di Stato – non ai contractor – e gestito dal Secretary’s Policy Planning Staff. Dopo avere ricevuto un messaggio dal Dissent Channel, lo staff ha infatti il compito di renderlo noto al Segretario di Stato, al vicesegretario, al sottosegretario agli affari politici, al segretario esecutivo e al responsabile del Secretary’s Open Forum, ed ha la facoltà di distribuirlo ad altri funzionari del ministero. La replica avviene normalmente tra i 30 e 60 giorni lavorativi.
Chiunque scelga di utilizzare questo canale di comunicazione non può essere sottoposto ad azioni disciplinare o a ritorsioni.Lo strumento di critica è a disposizione anche dei dipendenti della Usaid, l’agenzia americana che si occupa degli aiuti esteri, ma dal 2011 l’istituzione ha annunciato la creazione di un proprio Dissent Channel, in modo tale che le rimostranze possano essere rivolte direttamente all’amministratore. Rispetto al Dipartimento di Stato, il canale della Usaid è più largo: è aperto a tutti gli impiegati, compresi i contractor e i cittadini di altri Paesi che lavorano per l’agenzia.
Tutto nacque con la guerra in Vietnam. Consapevole del dissenso interno alle politiche dell’amministrazione Nixon, il Dipartimento di Stato americano diede ai propri funzionari la possibilità di esprimerlo formalmente, senza timore di essere puniti. Un modo per tastare il polso dell’opinione e al tempo stesso gestire le critiche.
Il dissent channel è stato utilizzato spesso negli ultimi decenni, ma quello che è successo la scorsa settimana è probabilmente senza precedenti: cinquantuno diplomatici di Foggy Bottom hanno firmato un documento critico nei confronti delle politiche dell’amministrazione Obama in Siria e hanno chiesto l’adozione di un approccio più muscolare – fino a prospettare raid militari – contro il regime di Assad.