L'obiettivo principale di un Governo Draghi sarà dimostrare che l'Italia è riformabile e sa intraprendere un programma di modernizzazione di lungo periodo. Molta politica e buona tecnica
L’obiettivo principale di un Governo Draghi sarà dimostrare che l’Italia è riformabile e sa intraprendere un programma di modernizzazione di lungo periodo. Molta politica e buona tecnica
Mario Draghi non è Mario Monti – per cultura politica e per esperienza biografica – né nessuno gli chiederà di replicarne i modi e le scelte di governo. A Draghi non sarà richiesta alcuna manovra “lacrime e sangue”, ma un tentativo di avviare un processo di modernizzazione e rigenerazione dell’economia italiana durante e dopo la durissima prova della pandemia, che brucia e continuerà a bruciare i tessuti produttivi e sociali del Paese. Per farlo, avrà a disposizione risorse e una tutela europea (da Bruxelles e dalla “sua” Francoforte) senza precedenti. Di contro, avrà come ostacolo il peggior parlamento della storia repubblicana, europeista solo per convenienza e reso totalmente irresponsabile dall’assenza della mannaia dello spread sulla propria testa.
In questo, paradossalmente, sarà meno fortunato di Monti. Nei primi tre mesi di governo, nel 2011, l’allora premier avrebbe potuto chiedere ai parlamentari di tagliarsi una mano e questi lo avrebbero fatto, tanta era la paura del default e le conseguenze politiche e sociali che questo avrebbe comportato. Bastarono pochi mesi, con il raffreddamento dei tassi d’interesse, perché la politica tornasse quella di sempre, miope e allergica alle scelte di lungo periodo. Oggi né l’opinione pubblica né il parlamento percepiscono un rischio immediato di bancarotta e quel che al governo si chiede – che dia impulso, lucidità e tempi certi alla campagna vaccinale e al ritorno alla normalità – non è sufficiente a creare anche le condizioni per una maggioranza parlamentare coesa per un programma di riforme di lunga prospettiva.
Le sfide di fronte a Draghi premier
Al premier Draghi si chiederà di spendere e investire presto e bene le risorse europee del NextGenerationEU, raccogliendo intorno a sé le migliori energie e idee a disposizione, ma quanta disponibilità ci sarà invece in Parlamento per quelle riforme “a costo zero” di cui l’Italia aveva già bisogno prima della pandemia? Non sarà difficile per l’ex presidente della BCE spendere i soldi, sarà più complicato fare e farsi votare “le cose gratis”, che però comportano scelte politiche, intaccano rendite di posizione, colpiscono interessi di parte e impongono rinunce ideologiche.
Sarà possibile tutto questo senza una diretta ed esplicita assunzione di responsabilità da parte dei partiti? No. L’Italia – si sa – è maestra tanto della specialità del salto sul carro del vincitore quanto dello scaricabarile. Le forze politiche che assegneranno a Draghi la fiducia in parlamento sono le stesse che – a distanza di poche settimane – potrebbero additarlo come responsabile di ogni disservizio e indice economico negativo. Sia i partiti che sceglieranno fin da subito la via dell’opposizione al governo Draghi, sia quanti voteranno la fiducia al nuovo esecutivo, saranno tentati di socializzare i successi del governo ma di “draghizzare” le perdite.
Le responsabilità dei partiti
Se questo sarà lo spirito con cui si lascerà governare Draghi, l’esito sarà letale. Non solo avremmo bruciato la credibilità del nostro connazionale più autorevole e riconosciuto nel mondo, ma avremmo lanciato un segnale devastante di inaffidabilità e irriformabilità dell’Italia, in un momento invece cruciale per riconquistare credibilità e attratività per gli investimenti.
Per questo, soprattutto per questo, il governo Draghi non dovrà essere un governo tecnico ma pienamente politico. Un governo in cui i leader di partito siano presenti in prima persona o chiaramente identificati come co-artefici delle performance dell’esecutivo. Mario Draghi non è e non può essere un “commissario prefettizio”, sopportato più che supportato. Il termine “responsabili” – così stucchevolmente e artificiosamente usato nelle ultime settimane – deve essere l’etichetta di tutti i partiti che decideranno di votare la fiducia al governo Draghi e di condividerne il destino.
L’obiettivo principale di un Governo Draghi sarà dimostrare che l’Italia è riformabile e sa intraprendere un programma di modernizzazione di lungo periodo. Molta politica e buona tecnica
In questo, paradossalmente, sarà meno fortunato di Monti. Nei primi tre mesi di governo, nel 2011, l’allora premier avrebbe potuto chiedere ai parlamentari di tagliarsi una mano e questi lo avrebbero fatto, tanta era la paura del default e le conseguenze politiche e sociali che questo avrebbe comportato. Bastarono pochi mesi, con il raffreddamento dei tassi d’interesse, perché la politica tornasse quella di sempre, miope e allergica alle scelte di lungo periodo. Oggi né l’opinione pubblica né il parlamento percepiscono un rischio immediato di bancarotta e quel che al governo si chiede – che dia impulso, lucidità e tempi certi alla campagna vaccinale e al ritorno alla normalità – non è sufficiente a creare anche le condizioni per una maggioranza parlamentare coesa per un programma di riforme di lunga prospettiva.
Le sfide di fronte a Draghi premier
Al premier Draghi si chiederà di spendere e investire presto e bene le risorse europee del NextGenerationEU, raccogliendo intorno a sé le migliori energie e idee a disposizione, ma quanta disponibilità ci sarà invece in Parlamento per quelle riforme “a costo zero” di cui l’Italia aveva già bisogno prima della pandemia? Non sarà difficile per l’ex presidente della BCE spendere i soldi, sarà più complicato fare e farsi votare “le cose gratis”, che però comportano scelte politiche, intaccano rendite di posizione, colpiscono interessi di parte e impongono rinunce ideologiche.
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