Le ripercussioni geopolitiche del cambiamento climatico e della risposta europea viste attraverso gli occhi preoccupati di tre studenti del Model EU dell’Eastwest European Institute
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Nel dicembre 2019 la Ue ha introdotto il Green Deal, potenzialmente la più ardita proposta legislativa nella storia dell’Europa. Il Green Deal prospetta una completa trasformazione del funzionamento dell’economia, dalle industrie al comparto energetico, alle reti di trasporto, all’agricoltura.
I piani sono estesi, gli investimenti proposti da record (€1 trillione), e in primo piano traspare la passione di far da guida e salvare al mondo. Con le parole della Presidente Ursula von der Leyen, “Siamo decisi a riuscire per il bene del pianeta e della vita che lo abita… Mostrando al resto del mondo come essere sostenibili e competitivi, possiamo convincere altri Paesi ad accompagnarci.”
Detto ciò, azioni così ambiziose hanno molte conseguenze. Spesso si dimentica che il cambiamento climatico ha profonde ripercussioni geopolitiche, e lo stesso vale per ogni tentativo di mitigarlo. In altre parole, continuando a far nulla e ad usare petrolio, gas e carbone danneggeremo l’ambiente, ma l’abbandono di queste forme di energia finirà per marginalizzare Paesi come la Russia, l’Arabia Saudita e le economie emergenti africane, come la Nigeria.
Il primo obiettivo della Ue è, comprensibilmente, mitigare le ripercussioni del cambiamento climatico, ma questi ambiziosi cambiamenti infrastrutturali modificheranno i comportamenti commerciali e di investimento europei, che a loro volta avranno un impatto sulle relazioni estere e rivoluzioneranno gli scenari geopolitici. Nel 2019, per esempio, la Ue ha importato €320 miliardi di prodotti energetici, e la quota europea delle importazioni mondiali di greggio si assesta intorno al 20%. Il Green Deal segnerà la fine di queste importazioni entro il 2050.
La nazione che più dipende dall’export di energia verso la Ue è anche una delle maggiori minacce per la Ue stessa, vale a dire la Russia. Nel 2019 il 60% delle importazioni dalla Russia erano prodotti energetici, e nel solo 2020 abbiamo importato € 67,3 miliardi di petrolio dalla Russia.
Da un lato, l’indipendenza energetica entro il 2050 è un’ottima strategia. Una delle principali preoccupazioni dell’Europa orientale e centrale è la dipendenza dall’energia russa, cosa che i russi sono pronti ad usare come arma, come già di fatto è avvenuto quest’inverno sfruttando la crisi energetica della Ue. D’altro canto, una Russia più debole potrebbe diventare pericolosa e se non avrà più nulla da scambiare, rischierà la stagnazione o il declino economico, e la Ue potrebbe dover fare i conti con un vicino sempre più aggressivo. Questo sviluppo non va preso sottogamba. La spinta a rivoluzionare l’energia e l’economia significa che la Ue sarà concentrata sul Green Deal se intende veramente conseguire la neutralità della rete entro il 2050. Ma se fosse costretta a investire nelle sue forze armate per opporsi alla Russia ciò comprometterebbe anche l’esito del Green Deal. Sebbene la Ue abbia proposto la creazione di “Alleanze Green” e ha garantito che la politica estera è cruciale se si vuole che la transizione funzioni a dovere, si stenta a capire come Paesi come la Russia e le altre nazioni esportatrici di energia possano sopravvivere economicamente o beneficiare della trasformazione.
Non esistono soluzioni definitive in economia, ci sono solo accordi. Concentrarsi sulle rinnovabili indebolirà l’efficienza energetica nel breve periodo, e porterà ad un aumento dei prezzi, mentre i vantaggi a lungo termine potrebbero prodursi solo nei decenni. Un problema spinoso sarà il costoso e rischioso passaggio da forme tradizionali e funzionali di produzione energetica tipo carbone, petrolio e gas, verso forme meno efficienti di energia come l’eolico e il solare. Ci vorranno anni prima che queste tecnologie riescano a superare la produzione energetica delle fonti tradizionali. E nel frattempo nazioni come la Russia sicuramente aumenteranno i prezzi e ridurranno le esportazioni, e ciò comporterà un ulteriore aumento dei prezzi dell’energia nella Ue.
Ci sono senz’altro vantaggi nell’essere pionieri nel business, ma questo potrebbe non essere subito il caso del Green Deal. Mentre l’Europa si accinge a trasformare la sua intera economia, altri stati continueranno ad usare alternative meno care in attesa che la Ue implementi tutte queste costose modifiche, attraverso la ricerca e investimenti a rischio.
Lo scenario che si prospetta per la Ue è complesso. Nel risolvere una crisi epocale la Ue potrebbe innescare una nuova crisi che potrebbe incidere quanto il cambiamento climatico sul destino e il ruolo ricoperto dalla Ue in questo secolo.
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Questo articolo è pubblicato anche sul numero di gennaio/febbraio di eastwest.
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