India e Cina raggiungono un accordo per la fine delle ostilità al confine, dopo la morte di almeno 20 soldati indiani nella Valle di Galwan
I comandi militari di Cina e India sono al lavoro per disinnescare il grave conflitto al confine che ha portato alla morte di almeno 20 soldati di Nuova Delhi nella Valle di Galwan. Secondo fonti indiane, sarebbero deceduti anche 45 militari di Pechino, che però smentisce categoricamente. Cina e India condividono un lungo confine di 3488 km, con lo scontro dei giorni scorsi avvenuto lungo la frontiera provvisoria, chiamata Line of Actual Control, stabilita all’indomani della guerra sino-indiana del 1962.
La questione si lega indirettamente alla disputa tra India e Pakistan e al conflitto nella regione del Kashmir. Quando lo scorso anno il Governo nazionalista di Narendra Modi cancellò lo status speciale di Kashmir — a maggioranza musulmana — e Jammu, mandando su tutte le furie Islamabad, venne a modificarsi anche l’assetto territoriale del Ladakh, divenuto autonomo. Questa regione è confinante con l’Aksai Chin, controllata dalla Cina, lungo la Line of Actual Control: Pechino stigmatizzò la scelta, definendola “unilaterale e inaccettabile”.
Dopo mesi di stallo tra le forze militari al confine, gli alti funzionari degli eserciti ripresero il dialogo il 6 giugno, raggiungendo il consenso sul disimpegno armato limitato in alcuni punti territoriali, tra i quali il Pangong Tso, il più grande lago presente nella catena dell’Himalaya. Nel periodo nel quale è mancato un dialogo diretto tra i comandi miliari cinese e indiano, entrambi i Paesi hanno inviato numerose unità sul territorio, portando all’escalation dei rapporti fino all’incidente di confine del 15 giugno. Le responsabilità sull’accaduto rimbalzano tutt’ora tra Nuova Delhi e Pechino.
Intanto, l’esercito indiano ha dichiarato che un nuovo accordo per la fine delle ostilità è stato raggiunto. “L’incontro si è svolto in un’atmosfera cordiale, positiva e costruttiva e le modalità di disengagement nell’area est della regione del Ladakh verranno prese da entrambe le parti”. Soddisfazione è giunta anche dal Ministero degli Esteri cinese: il Portavoce Zhao Lijianha affermato che Cina e India “lavorano per il dialogo, per la pace e la tranquillità sul campo, lungo il confine”.
Da sottolineare che proprio nei giorni scorsi l’India è stata eletta come membro non permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per il biennio 2021-2022: sarebbe estremamente complicato sanare le dispute territoriali con la Cina in sede Onu, visto il diritto di veto riconosciuto alla Repubblica Popolare. Ma la pressione sul Governo Modi si fa sempre più intensa: si sono tenute manifestazioni anti-cinesi nella capitale indiana, con l’opposizione che chiede all’esecutivo di giustificare l’accordo con Pechino, nonostante i 20 soldati indiani morti. “Perché il Primo Ministro appoggia la Cina, che ha preso la nostra terra, e non l’esercito indiano?”, si chiede Rahul Gandhi, Presidente dell’Indian National Congress.
I comandi militari di Cina e India sono al lavoro per disinnescare il grave conflitto al confine che ha portato alla morte di almeno 20 soldati di Nuova Delhi nella Valle di Galwan. Secondo fonti indiane, sarebbero deceduti anche 45 militari di Pechino, che però smentisce categoricamente. Cina e India condividono un lungo confine di 3488 km, con lo scontro dei giorni scorsi avvenuto lungo la frontiera provvisoria, chiamata Line of Actual Control, stabilita all’indomani della guerra sino-indiana del 1962.
La questione si lega indirettamente alla disputa tra India e Pakistan e al conflitto nella regione del Kashmir. Quando lo scorso anno il Governo nazionalista di Narendra Modi cancellò lo status speciale di Kashmir — a maggioranza musulmana — e Jammu, mandando su tutte le furie Islamabad, venne a modificarsi anche l’assetto territoriale del Ladakh, divenuto autonomo. Questa regione è confinante con l’Aksai Chin, controllata dalla Cina, lungo la Line of Actual Control: Pechino stigmatizzò la scelta, definendola “unilaterale e inaccettabile”.
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