Un’esposizione universale può diventare un fattore di cambiamento completo, sia a livello economico e strutturale sia per le emozioni e i comportamenti che innesca nella gente
Che emozioni suscita una Esposizione Universale? È un evento commerciale, un evento autocelebrativo, una fiera degli orgogli nazionali? Un po’ di tutto questo o qualche cosa di più? L’Esposizione Universale è un progetto di visione che cambia la vita di un territorio e delle persone che lo abitano, come dimostrano dati tangibili. Infatti, per il 70% degli italiani, secondo un’inchiesta Ipsos di metà 2022, Expo è un progetto globale che ha la possibilità di cambiare il paese e la sua percezione. Un sondaggio online effettuato dal sito per under 35, Worldly, rileva che 8 italiani sotto i 35 anni su 10 credono che grandi progetti di visione, come Expo, cambino il modo di vivere di un paese anche rispetto alla comunità internazionale. E tornando all’ultima Expo che si è tenuta in Europa, Milano 2015, ci sono due dati fondamentali: l’84% dei visitatori di tutto il mondo (oltre 20 milioni) si dissero entusiasti dell’esperienza. Numeri che confermano che il marchio “Expo” è attraente, popolare, moderno ed è visto come un fattore di cambiamento, sia a livello economico sia per le emozioni e i comportamenti che innesca nella gente.
Expo 2030: quattro capitoli
Abbiamo dedicato un anno per redigere un dossier di candidatura esteso (618 pagine) con un approccio che speriamo sia innovativo e che si può riassumere in quattro capitoli portanti. L’impatto valoriale, ovvero quali valori deve promuovere l’edizione Expo del 2030, che vorremmo si svolgesse a Roma. L’impatto economico, che è uno dei pilastri del progresso sociale, non solo per il territorio, in questo caso, l’Italia soprattutto nel centro-sud. La legacy immateriale, quella miscela di emozioni, orgoglio, spinta al fare che dà forza propulsiva al sistema paese. Il che porta al quarto punto. Il post expo, ovvero un’infrastruttura, materiale e immateriale, che duri nel tempo, che serva, che non sia solo autocelebrativa.
L’impatto valoriale
Cominciamo dal primo punto, l’impatto valoriale di Expo 2030. La prima concepita durante la pandemia, la guerra in Europa, la crisi energetica e il cambiamento climatico, non può non incentrarsi su due pilastri: il dialogo per la pace e la sostenibilità. Il 2030 è l’anno simbolo per la misurazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile che il pianeta ha adottato. Questi sono anche i valori di Expo Roma, genti e territori che lavorano insieme. Due macro soggetti ineludibili, le persone e dove vivono, e un metodo: lavorare insieme per rispondere alla domanda: “Come possiamo vivere e prosperare insieme in un mondo sempre più incerto, spietato e complesso?”. I valori fondanti del Bureau International des Exposition sono proprio fiducia, solidarietà e progresso. Roma, l’Italia, come crocevia tra tre continenti, tra il nord e il sud del mondo, tra religioni diverse e quindi popoli diversi, è un luogo unico per stimolare questi valori.
L’impatto economico
Il secondo punto è l’impatto economico di Expo, la cosiddetta eredità materiale. Questo impatto, nel breve e medio/lungo periodo, sarà soprattutto nel Centro, Lazio, Abruzzo, Umbria e Campania. Un’area che permette, con politiche adeguate, un rilancio strutturale per tutto il Centro Sud. Gli indicatori che misurano questi impatti sono stati messi a punto da una squadra di professionisti della Luiss e di altre consulenze globali, e si commentano da soli. L’effetto economico totale è di 50,6 miliardi di Euro, comprensivi di 6,4 miliardi di gettito fiscale in un arco di 5/6 anni. L’effetto economico diretto è di 10,3 miliardi di Euro, pari allo 0,6% del Pil. Comprensivo degli investimenti per la ricostruzione e l’organizzazione di Expo 2030 Roma nell’arco di 3-5 anni, cui si aggiungono i ricavi del progetto nell’anno dell’evento. Mentre è di 18,2 miliardi di euro l’effetto economico diretto a breve. Investimenti esteri per 5,5 miliardi di Euro. Ovvero il valore degli investimenti incrementali realizzati nell’arco temporale di 3-5 anni, con 11mila nuove imprese create grazie alla domanda generata in caso di aggiudicazione. Il che si traduce in circa 300mila nuovi posti di lavoro. Particolare rilevanza avrà l’incremento dell’attrattività turistica con valore pari a 1,4 miliardi di Euro. Ultimo dato saliente per la sua importanza sociale, l’incremento di imprenditorialità nazionale e regionale, quantificabile in circa 0,8 miliardi di euro sempre nell’arco di 3-5 anni.
L’eredità immateriale
E questo porta al terzo punto, la cosiddetta eredità immateriale. Il fulcro è la creazione di una cultura nazionale della sostenibilità, nelle giovani generazioni e a cascata nella popolazione in generale, ma anche l’obiettivo di consolidare il ruolo guida dell’Italia all’interno della comunità internazionale, promuovendo il cosiddetto italian way of life, elemento decisivo anche per l’attrazione e lo sviluppo di nuovi talenti e quindi di nuova impresa. Le direttrici per la creazione dell’impatto immateriale sono la formazione e la scuola, con la creazione di moduli sull’educazione alla sostenibilità. Con il risultato di avere cittadini “sostenibili” nella cultura e quindi nei comportamenti. Altra direttrice sarà l’inclusività, che passa anche attraverso la condivisione di un patrimonio culturale diverso come è diversa la stratificazione multiculturale di Roma. Il che porta alla direttrice sociale, con iniziative come lo sviluppo di un programma di volontari intergenerazionali per garantire la partecipazione attiva di tutte le fasce sociali alla realizzazione di Expo.
Il post expo
L’ultimo impatto fondamentale sarà quello del post expo, e in questo la concezione della candidatura italiana è stata pensata al contrario. Tutto è stato concepito, dallo studio Carlo Ratti, pensando a cosa sarebbe successo dopo l’evento e non solo durante l’evento. Un tratto distintivo che si è tradotto in una serie di eredità, a partire dalla creazione del più grande parco solare del mondo, che corrisponderà alla creazione di una comunità energetica capace di fornire energia pulita a circa 35mila persone, grazie alla creazione di un mosaico dell’energia, con alberi solari che copriranno un’area di 150mila metri quadrati per un picco energetico di 36 megawatt. Il parco solare sarà la spina dorsale del sito nell’area di Tor Vergata, attraverso quello che si chiama il boulevard, uno dei tre elementi portanti del masterplan insieme alla “città”, che ospiterà tutte le infrastrutture amministrative e tecniche del sito, e al Parco.
Il sito prevede anche la creazione di 5 padiglioni tematici che poi rimarranno e la riqualificazione del complesso delle Vele disegnate dall’architetto spagnolo, Santiago Calatrava. L’aspirazione di quest’area è non solo la riqualificazione e il rilancio di un quadrante fondamentale e complicato per la città, ma anche un’estensione dell’università di Tor Vergata che permetterà di creare una vera agorà dell’innovazione e della nuova impresa. Con un’ambizione multiculturale e inclusiva, dando l’opportunità ai giovani italiani di trovare formazione e possibilità di sviluppare nuova impresa in Italia, ma anche attirando i talenti di tutto il mondo con particolare riguardo ai continenti limitrofi, Medio Oriente, Africa, ma anche ai paesi latinoamericani e asiatici e agli altri europei già presenti nel territorio italiano.
Roma: solidarietà e progresso
Con l’esposizione universale Roma aspira a diventare epicentro di un nuovo melting pot finalizzato a creare solidarietà e progresso, quindi fiducia tra le genti di tutti i territori. Non va dimenticato che 1 abitante di Roma su 4 è figlio di un genitore non italiano o straniero. Un dato significativo che permetteva di dire già nel 2000 a Jeremy Rifkin che non c’è nessuna nazione come l’Italia e la sua capitale che sia più attrezzata antropologicamente a includere e abbracciare la rivoluzione digitale.
Che emozioni suscita una Esposizione Universale? È un evento commerciale, un evento autocelebrativo, una fiera degli orgogli nazionali? Un po’ di tutto questo o qualche cosa di più? L’Esposizione Universale è un progetto di visione che cambia la vita di un territorio e delle persone che lo abitano, come dimostrano dati tangibili. Infatti, per il 70% degli italiani, secondo un’inchiesta Ipsos di metà 2022, Expo è un progetto globale che ha la possibilità di cambiare il paese e la sua percezione. Un sondaggio online effettuato dal sito per under 35, Worldly, rileva che 8 italiani sotto i 35 anni su 10 credono che grandi progetti di visione, come Expo, cambino il modo di vivere di un paese anche rispetto alla comunità internazionale. E tornando all’ultima Expo che si è tenuta in Europa, Milano 2015, ci sono due dati fondamentali: l’84% dei visitatori di tutto il mondo (oltre 20 milioni) si dissero entusiasti dell’esperienza. Numeri che confermano che il marchio “Expo” è attraente, popolare, moderno ed è visto come un fattore di cambiamento, sia a livello economico sia per le emozioni e i comportamenti che innesca nella gente.
Abbiamo dedicato un anno per redigere un dossier di candidatura esteso (618 pagine) con un approccio che speriamo sia innovativo e che si può riassumere in quattro capitoli portanti. L’impatto valoriale, ovvero quali valori deve promuovere l’edizione Expo del 2030, che vorremmo si svolgesse a Roma. L’impatto economico, che è uno dei pilastri del progresso sociale, non solo per il territorio, in questo caso, l’Italia soprattutto nel centro-sud. La legacy immateriale, quella miscela di emozioni, orgoglio, spinta al fare che dà forza propulsiva al sistema paese. Il che porta al quarto punto. Il post expo, ovvero un’infrastruttura, materiale e immateriale, che duri nel tempo, che serva, che non sia solo autocelebrativa.