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L’intreccio della nuova strage jihadista a Mogadiscio


Un nuovo brutale atto di terrorismo, come lo ha definito il presidente somalo Hassan Sheikh, due giorni fa ha insanguinato Mogadiscio. L’attacco era stato ben pianificato: dopo che mercoledì alle 17,40 ora locale, un attentatore suicida si era lanciato con un’auto distruggendo le barriere di sicurezza poste all’ingresso dell’hotel Ambassador, un commando di tre uomini armati ha fatto irruzione nell’albergo dando inizio all’assedio durato oltre dieci ore.

Un nuovo brutale atto di terrorismo, come lo ha definito il presidente somalo Hassan Sheikh, due giorni fa ha insanguinato Mogadiscio. L’attacco era stato ben pianificato: dopo che mercoledì alle 17,40 ora locale, un attentatore suicida si era lanciato con un’auto distruggendo le barriere di sicurezza poste all’ingresso dell’hotel Ambassador, un commando di tre uomini armati ha fatto irruzione nell’albergo dando inizio all’assedio durato oltre dieci ore.

La polizia è intervenuta circondando l’edificio di cinque piani e isolando la zona, fino alle prime ore di ieri, quando le forze di sicurezza somale hanno ucciso i tre miliziani islamisti che si erano nascosti all’interno della struttura, mettendo fine all’assedio costato la vita ad almeno sedici persone, tra i quali ci sono anche due parlamentari e due guardie addette alla sicurezza. I feriti sono oltre sessanta.

L’ipotesi di una rappresaglia

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