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Le parole giuste per la guerra in Ucraina


La macchina mediatica del Cremlino sfrutta il fianco scoperto dei media democratici. La sua forza è nel non avere alcun interesse nella verità e nel non porsi il minimo problema a deformare la realtà al servizio della propaganda. Ma combatterla con gli stessi mezzi è una trappola.

Quando ho finito di leggere La guerra di Putin alla verità, l’editoriale di Julian Reichelt sul tedesco Bild, ho provato uno strano senso di soddisfazione e frustrazione allo stesso tempo. Ero d’accordo con molte delle cose che ha scritto, eppure i conti non mi tornavano. Reichelt è un giornalista con una lunga esperienza da inviato di guerra, quindi sa di cosa parla quando dice che “la nostra modesta ma più potente arma sono le parole. Non dovremmo usarle con leggerezza, specialmente quando si tratta di descrivere situazioni che minacciano i nostri valori”. Il suo consiglio contro l’agguerrita propaganda dei mezzi di stampa russi è, tradotto in soldoni, di non castrarsi con il diplomatichese e il politically correct, e poi è passato a fare degli esempi. Ed è stato qui che il cerchio non quadrava.

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