La banca vaticana alle prese con un passato oscuro.
“Alcuni dicono che forse è meglio che sia una banca, altri sostengono che dovrebbe diventare un fondo per erogare aiuti, altri credono che andrebbe chiuso”. Così disse Papa Francesco a proposito di uno dei principali crucci della Chiesa e degli ultimi anni del suo predecessore Benedetto XVI.
Si tratta ovviamente dello Ior, acronimo dell’Istituto per le Opere di Religione, quella che impropriamente viene chiamata la banca del Papa. Pare che Francesco sia diventato papa proprio come conseguenza del caso Ior. Quasi un paradosso, considerato il noto disinteresse per il denaro del gesuita Jorge Mario Bergoglio.
Nelle riunioni preparatorie dei cardinali che precedettero l’ultimo conclave, la banca, sulla scia della serie di scandali e vicende oscure che la caratterizzava, è stata una degli argomenti più sviscerati, soprattutto da parte degli americani, che sono stati un po’ i “playmaker” dell’elezione di Francesco.
Per la Chiesa americana, che ha assimilato l’aria del liberismo, la trasparenza nel maneggiare il denaro è un dogma. Ci sono stati vescovi, come il cardinale di Detroit Edmund Casimir Szoka, che hanno chiuso parrocchie in deficit come fossero aziende fallite. Ma da quelle parti i bilanci delle parrocchie sono affissi alle porte delle chiese.
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La banca vaticana alle prese con un passato oscuro.