Cadono i leader più moderati, rei di essere contrari all’uso di donne kamikaze e favorevoli al dialogo con le autorità. E l’ultimo agghiacciante rapporto dell’Onu sulla crisi in Nigeria smentisce l’idea che Boko Haram sia “tecnicamente sconfitto”, come ripete da tre anni il governo
«Nel nord-est della Nigeria quasi un milione di bambini catturati nel corso della ribellione di Boko Haram sono gravemente malnutriti e centinaia di migliaia di questi fanciulli rischiano di morire di fame in breve tempo».
Questi agghiaccianti dati sono contenuti nel nuovo report pubblicato dall’Unocha, che rileva come la crisi nella regione rimane una delle più gravi al mondo, sottolineando che dall’inizio del conflitto nel 2009, oltre 27mila persone sono state uccise negli stati di Borno, Adamawa e Yobe, migliaia di donne e ragazze rapite, oltre ai centinaia di bambini usati come attentatori suicidi.
Secondo i dati divulgati dall’ufficio delle Nazioni Unite, solo nel 2017, 146 adolescenti, principalmente ragazze al disotto dei 15 anni, sono stati usati come bombe umane e nei primi sei mesi del 2018, 43 bambini sono stati utilizzati in attacchi contro i civili.
Leggendo l’intero rapporto si evince quanto la minaccia di Boko Haram sia ancora persistente, nonostante all’interno della fazione maggioritaria del gruppo jihadista nigeriano, quella legata all’Isis, sarebbe in atto un regolamento di conti.
L’eliminazione di due leader dell’Iswap
Lo confermano le esecuzioni di due dei tre leader della Provincia dello Stato Islamico dell’Africa Occidentale (Iswap). Secondo la stampa nigeriana, la scorsa settimana è stato giustiziato per tradimento Ali Gaga, considerato il numero tre della branca nigeriana dello Stato Islamico.
Il jihadista sarebbe stato ucciso il 27 settembre dai suoi subordinati, i quali avevano scoperto che stava progettando di fuggire con circa 300 ostaggi ed arrendersi al governo di Abuja. Ali Gaga è il secondo leader dell’Iswap ad essere stato eliminato in un poco più di un mese.
La medesima sorte, lo scorso 21 agosto, era toccata a Mamman Nur Alkali, considerato da molti analisti il vero leader della fazione, che aveva preso parte all’insurrezione del luglio 2009 e nell’agosto 2016 aveva orchestrato la scissione dalla base del gruppo, guidata dallo storico leader Abubakar Skekau, e stabilito la sua base nel lago Ciad.
Nur sarebbe stato eliminato per aver rilasciato cento delle ragazze rapite lo scorso febbraio a Dapchi, senza il pagamento di alcun riscatto da parte del governo. Mentre fonti vicine all’intelligence nigeriana, ritengono che sia Nur che Gaga sarebbero stati giustiziati perché entrambi incarnavano una linea relativamente moderata. Si sarebbero opposti, in particolare, all’uso di ragazze come kamikaze, oltre a non essere contrari al dialogo con le autorità per definire i termini per la concessione di un’amnistia e porre le basi per il disarmo del gruppo.
Sarebbe stato forse proprio questo atteggiamento, considerato poco intransigente, a firmare la loro condanna a morte. Del trio che guidava il gruppo terrorista rimane ora solo il numero uno, Abu Musab al-Barnawi, presunto figlio del fondatore del gruppo, Ustaz Mohammed Yusuf.
Una nuova leadership per Boko Haram?
Tuttavia, si è appreso che al-Barnawi avrebbe perso il controllo del gruppo che ora sarebbe sotto la guida di un altro comandante, che in passato era molto vicino a Nur. Un esperto di sicurezza nigeriano, il maggiore Salihu Bakari, ha dichiarato al Daily Trust che la recente impennata degli attacchi di Boko Haram nel Borno settentrionale sarebbe legata proprio al cambio di leadership.
Secondo Bakari, Mamman Nur aveva perso la leadership dell’Iswap molto tempo prima di essere ucciso, mentre il controllo della fazione sarebbe stato rilevato da alcuni fautori della linea intransigente di Shekau, che comprende rapimenti, aggressioni, sequestri, attacchi contro i civili e altre atrocità.
Non è dunque un caso, se negli ultimi mesi, la cellula di Boko Haram legata all’Isis ha operato numerosi rapimenti. Un chiaro segnale che la nuova guida del gruppo vuole finanziare la sua attività attraverso cospicui riscatti, che peraltro starebbero ritardando la liberazione di molti rapiti, incluse le donne che sono state catturate a Rann, nella zona sotto il controllo del governo locale di Kala-Balge, nello stato del Borno.
Nuovi attacchi contro obiettivi militari
L’ennesima faida all’interno di Boko Haram sembra però non aver minimamente ridotto l’operatività del gruppo, che di recente ha sferrato una serie di attacchi contro obiettivi militari. Tra la metà di luglio e la fine di agosto, gli insorti hanno colpito quattro basi militari, una delle quali era presidiata da oltre 700 soldati.
Come risposta a questa nuova ondata di attacchi, nelle ultime settimane le forze armate nigeriane hanno intensificato i raid aerei nella regione del Lago Ciad. In uno di questi attacchi, che ha colpito il villaggio Sabon Tumbu, la scorsa settimana è stato eliminato anche Abu-Nura, un altro esponente di spicco dell’Iswap.
Tutti questo smentisce che il gruppo estremista sia stato “tecnicamente sconfitto”, come il governo federale continua a ripetere da oltre tre anni. Anche se il coordinatore del National Information Center, Mike Omeri, sostiene che «il susseguirsi di attentati da parte del gruppo terroristico sarebbe originato dalla disperazione che ha pervaso i suoi militanti, ormai consapevoli che l’insorgenza di Boko Haram sta giungendo al termine».
@afrofocus
Cadono i leader più moderati, rei di essere contrari all’uso di donne kamikaze e favorevoli al dialogo con le autorità. E l’ultimo agghiacciante rapporto dell’Onu sulla crisi in Nigeria smentisce l’idea che Boko Haram sia “tecnicamente sconfitto”, come ripete da tre anni il governo