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Le ragioni della pace


Oltre all’attività di Papa Francesco per la ricerca di una soluzione, si sono aggiunte a vario titolo anche Cina e India, mentre nelle opinioni pubbliche europee prevale chi vorrebbe la fine immediata del conflitto

L’incontro di fine marzo tra Xi Jinping e Vladimir Putin a Mosca ha aperto a un nuovo orizzonte nel conflitto in Ucraina. Fuori da ogni grammatica ideologica sulle dinamiche e le sorti della guerra, che non prenda dunque in considerazione le speranze di ognuno, il coinvolgimento di Pechino è un possibile punto di svolta per lo stallo orientale al confine tra gli oblast’ Donetsk e Lugansk e la Russia. Soprattutto se, come anticipato anche da Kiev, il Presidente cinese dovesse poi avere un confronto – seppur soltanto telefonico – con il suo omologo Volodymyr Zelensky.

Del resto, per un intero anno, dalle parti della Cina poco o nulla si era mosso, in un senso o nell’altro: nessuna condanna nei confronti dell’aggressione ordinata a febbraio dello scorso anno da Putin, sotto il nome di “Operazione militare speciale”, ma allo stesso tempo nessun sostegno fattivo al Cremlino, nonostante le voci insistenti su rifornimenti militari rilanciate dai media statunitensi. Quindi, proprio in occasione del primo, triste anniversario dell’attacco sferrato da Mosca, la Cina ha reso noto il proprio piano di pace in dodici punti. Anche se, come si è affrettato a fare lo stesso ambasciatore alle Nazioni unite, Zhang Jun, il piano stesso è stato presentato soltanto come un documento di posizionamento di Pechino sulla guerra.

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