Al via i lavori per il ponte di Sabbioncello, che permetterà alla Croazia di aggirare l’istmo bosniaco che spezza la contiguità del Paese. Il progetto suscita malumori a Sarajevo. Sarà finanziato dalla Ue, ma i lavori sono affidati a un’azienda cinese. Ennesimo affare sulla Via della seta balcanica
Dopo anni di annunci, in Croazia sono finalmente iniziati i lavori per la costruzione del ponte di Sabbioncello (Pelješac), che prende il nome dall’omonima penisola, che si sviluppa in senso parallelo rispetto al litorale, nella parte meridionale di quest’ultimo. Il ponte permetterà alla Croazia di aggirare Neum, lo sbocco al mare della Bosnia Erzegovina, un istmo che spezza la contiguità territoriale della Croazia. Da lì occorre passare per recarsi a Dubrovnik e la sua riviera, di fatto una exclave croata. Il transito obbligato per le dogane bosniache causa a volte grossi imbuti di traffico, con ricadute negative sui tempi del commercio e sul turismo. Senza contare l’elemento politico-psicologico della faccenda: il senso di isolamento che Dubrovnik, grande meta turistica dell’Adriatico orientale, sconta dal resto del Paese. Talvolta questo stesso isolamento è stato usato come pretesto per ottenere sussidi dal governo centrale.
Del ponte, che permette alla Croazia di avere contiguità territoriale e i cui lavori sono iniziati il 30 luglio scorso, si iniziò a parlare già nella seconda metà degli anni novanta ma per lungo tempo il progetto è rimasto sulla carta. È stato anche una leva di consenso elettorale, azionata in particolare dall’Unione democratica croata (Hdz), il partito di destra fondato da Franjo Tudjman, controverso artefice dell’indipendenza croata. Dubrovnik e la costa della Dalmazia sono serbatoi elettorali importanti per questa forza.
Nel 2007 fu fatto un passo in avanti, con l’apertura di un cantiere a Sabbioncello, alle spalle di Brijesta, un villaggio di pescatori. Chi scrive è passato nel 2017 al cantiere, trovando solo mucchi di terra, una sbarra di metallo e la baracca prefabbricata che ospitava gli uffici dell’azienda croata incaricata di eseguire i lavori. Durarono pochissimo. L’avvento della crisi economica costrinse il governo croato a bloccare tutto. Ora sono ripartiti e si fa davvero sul serio.
Il ponte, che costa 400 milioni di euro, sarà pronto nel 2022, misurerà due chilometri e mezzo, e verrà finanziato all’85% da Bruxelles, che lo reputa un’infrastruttura importante per la Croazia e l’intera Unione Europea. E questa è già una novità rispetto al tentativo precedente di avviare un cantiere. L’altra sta nel fatto che i lavori verranno svolti non da un’azienda croata ma dal colosso cinese China Road and Bridge Corporation. L’ennesimo affare chiuso dalle aziende della Cina nei Balcani.
Come ha ricordato di recente il Financial Times, più del 50% del valore complessivo dei contratti siglati dalle aziende cinesi nell’Europa centro-orientale nel 2016-2017, pari a 10,5 miliardi di Euro, è concentrato in cinque Paesi balcanici: Albania, Bosnia Erzegovina, Macedonia, Montenegro e Serbia. L’affare di Sabbioncello, unito all’interessamento recente per i porti di Zara e Fiume, probabilmente in funzione dell’asse marittimo della Nuova via della Seta, potrebbero indicare che la Cina sta pensando di allargare il raggio d’azione alla Croazia. Ma si tratta solo di un’ipotesi e occorre considerare che Pechino preferisce investire in Paesi extra-Ue, per via dei minori vincoli burocratici e del maggior bisogno di denaro fresco.
Bruxelles, scrive sempre il Financial Times, sembrerebbe preoccupata da tutto questo attivismo economico e commerciale di Pechino nei Balcani. Va sottolineato, a ogni modo, che l’Europa rimane di gran lunga il primo investitore e partner commerciale dell’area. Potrebbe essere questo, da un lato, il motivo per cui Bruxelles non ha posto obiezioni al fatto che i soldi stanziati per il ponte di Sabbioncello vadano alla China Road and Bridge Corporation. Dall’altro lato, bisogna considerare che in questo momento dal punto di vista europeo le manovre economiche della Cina sono pur sempre preferibili a quelle, concrete o eventuali, della Russia.
Il ponte di Sabbioncello, a livello geopolitico, ha ricadute anche locali. L’inizio dei lavori non è stato preso bene in Bosnia Erzegovina, dove i rapporti con la Croazia sono altalenanti: pesa ancora il retaggio della guerra, durante la quale Zagabria cercò di spartirsi la Bosnia Erzegovina con la Serbia di Slobodan Milosevic.
Un noto politico bosniaco, Zeljko Komsic, ha detto che la Croazia sta violando la sovranità e l’integrità territoriale del Paese, riferendosi al fatto che il ponte potrebbe ostacolare il traffico marittimo verso Neum. Il governo croato ha garantito che l’infrastruttura sarà costruita tenendo conto delle legittime esigenze bosniache. Avrà un’altezza di cinquanta metri rispetto alla superficie del mare, tale da permettere il passaggio di tutte le navi, anche quelle di stazza maggiore.
Seppure più pacatamente rispetto a Komsic, ha espresso la stessa preoccupazione Bakir Izetbegovic, uno dei membri della presidenza bosniaca, dove siedono contemporaneamente tre politici, ognuno in rappresentanza dei popoli costituenti del Paese: bosgnacchi (musulmani), serbi e croati. Izetbegovic è il presidente di area bosgnacca (Komsic lo fu un tempo di quella croata). La sua postura ha trovato sponde nei partiti bosgnacchi ma è stata ignorata da quelli serbi e croati. La Bosnia Erzegovina, anche su questo punto, si è ritrovata come sempre divisa.
@mat_tacconi
Al via i lavori per il ponte di Sabbioncello, che permetterà alla Croazia di aggirare l’istmo bosniaco che spezza la contiguità del Paese. Il progetto suscita malumori a Sarajevo. Sarà finanziato dalla Ue, ma i lavori sono affidati a un’azienda cinese. Ennesimo affare sulla Via della seta balcanica