Il vice di Obama vince in Michigan. Dopo la tornata elettorale di ieri, si riducono le speranze per Sanders
L’ultimo martedì di primarie democratiche delinea un risultato nettamente a favore di Joe Biden e mette in crisi la campagna di Bernie Sanders. La vittoria in Michigan, il premio più ambito della serata, va all’ex Vice Presidente con quasi il 53% dei consensi, aggiudicandosi 53 delegati; il Senatore del Vermont si ferma al 37,4%, aggiungendo 35 delegati dalla sua. Non si è ripetuto il miracolo del 2016, quando Sanders vinse sonoramente contro Hillary Clinton nonostante i sondaggi la dessero ampiamente favorita.
C’era attesa per l’andamento delle primarie del 10 marzo, entrambe le fazioni sapevano che sarebbe stato un momento spartiacque. Così è andata: Biden vince in Michigan, Missouri e Idaho, Sanders, a conteggio ancora in corso, è avanti in North Dakota e nello Stato di Washington. Aumenta così il distacco di delegati totali tra i due, meno di 200 voti, matematicamente colmabili dai progressisti di Sanders ma con scenari davvero complicati.
Ciononostante, secondo alcuni membri dell’entourage di Sanders, il Senatore è intenzionato a proseguire la campagna. Difficile pensare che possa già lasciare: con tanti Stati ancora in lizza e le sorprese avvenute nel 2016, Sanders vuole confrontarsi direttamente con Biden, non impeccabile né nei comizi né nei dibattiti finora avvenuti. Gli scivoloni per l’ex Vice di Obama sono dietro l’angolo: proprio nei giorni scorsi si è confrontato duramente con un lavoratore, con insulti reciproci ripresi dalle principali testate giornalistiche.
Il prossimo confronto televisivo avverrà il 15 marzo, prima delle primarie del 17 che vedranno in palio i delegati di Arizona, Florida, Illinois e Ohio. In tanti si son chiesti perché non è stato organizzato un dibattito prima della prossima settimana: l’ultimo, infatti, è avvenuto il 25 febbraio, prima del South Carolina conquistato da Biden. Così come ci si chiede cosa sarebbe potuto accadere se Elisabeth Warren avesse appoggiato subito le istanze progressiste di Sanders.
A questo punto, l’establishment del Partito Democratico spera in una chiusura rapida delle primarie per evitare il caos del 2016. In tal caso, si potrebbero concentrare gli sforzi fin da subito su un unico candidato, Biden, già da marzo o aprile; d’altro canto, nonostante la sconfitta numerica e se rimanesse nei margini attuali, Sanders potrebbe far pesare i suoi delegati per puntare su un programma elettorale democratico più a sinistra, così come fece quattro anni fa.
L’ultimo martedì di primarie democratiche delinea un risultato nettamente a favore di Joe Biden e mette in crisi la campagna di Bernie Sanders. La vittoria in Michigan, il premio più ambito della serata, va all’ex Vice Presidente con quasi il 53% dei consensi, aggiudicandosi 53 delegati; il Senatore del Vermont si ferma al 37,4%, aggiungendo 35 delegati dalla sua. Non si è ripetuto il miracolo del 2016, quando Sanders vinse sonoramente contro Hillary Clinton nonostante i sondaggi la dessero ampiamente favorita.
C’era attesa per l’andamento delle primarie del 10 marzo, entrambe le fazioni sapevano che sarebbe stato un momento spartiacque. Così è andata: Biden vince in Michigan, Missouri e Idaho, Sanders, a conteggio ancora in corso, è avanti in North Dakota e nello Stato di Washington. Aumenta così il distacco di delegati totali tra i due, meno di 200 voti, matematicamente colmabili dai progressisti di Sanders ma con scenari davvero complicati.
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