Il nuovo numero di East Global Geopolitics è in edicola e in libreria dal 1 luglio.
Spronati forse dall’abdicazione di Juan Carlos di Spagna, in questo numero ci occupiamo di alcuni ‘sovrani’ moderni: il turco Tayyip Erdoğan, criticato quanto insostituibile, l’ungherese Viktor Orbán, poco amato all’estero e con grande consenso in patria, il francese François Hollande, impopolare invece un po’ ovunque.
Per vedere le cose in prospettiva, anche un ritratto di Pietro il Grande, che ha posto le basi della Russia di oggi. Il primo imperatore “di tutte le Russie”, mise una tassa sulle barbe e conquistò (per la prima volta) la Crimea.
Centinaia di milioni di persone sono state chiamate al voto in India e in Europa. La democrazia dei Grandi Numeri ha trionfato, smentendo gli esperti in Asia quanto qui da noi.
I blog veicolano i sentimenti dell’Europa, la legge britannica fronteggia l’incompatibile Sharia islamica con la quale deve fare i conti (sempre a causa dei Grandi Numeri), mentre le donne musulmane abbracciano, con crescente fervore, il jihad.
Gli anglosassoni parlano del “lavaggio” dei soldi sporchi, noi invece di riciclaggio. Comunque sia, è un settore in crescita, tale da far invidia a Willy Sutton, famoso rapinatore di banca americano negli anni Trenta, la cui tecnica era assai artigianale al confronto.
Il dossier è dedicato al matrimonio, istituto basilare in drammatica trasformazione in tutto il mondo – e in tutte le salse… Prospera anche la poligamia, più diffusa e radicata di quanto si ritiene abitualmente. Sia Barack Obama che lo sfidante alle ultime presidenziali Usa, Mitt Romney, sono di famiglie poligame.
Al Jazeera invade l’America e il burkini le passerelle della moda. I mujaheddin afghani saranno i protagonisti della difesa della terra dai mostri alieni. Ringraziamo i pionieri a quattro zampe che hanno sfondato le frontiere dello spazio.
Guardiamo alla proposta di condannare i criminali a pene “cognitive”, dieci ergastoli da passare in una sola notte confinati nella terribile prigione della mente. Una sofferenza infinita che farebbe risparmiare molti soldi ai contribuenti.
A Londra il ‘contro-terrorismo’ finisce in fiera mentre a Urumqi – la megacity di cui non avete mai sentito parlare – il terrorismo scende in piazza.