Secondo un rapporto Eurostat, in Italia i giovani escono di casa a 30 anni, in Svezia a 17 e mezzo. Mammismo? Forse, ma soprattutto mancanza di politiche di welfare e di lavoro adeguate
Secondo un rapporto Eurostat, in Italia i giovani escono di casa a 30 anni, in Svezia a 17 e mezzo. Mammismo? Forse, ma soprattutto mancanza di politiche di welfare e di lavoro adeguate
Bamboccioni loro malgrado. Il termine, coniato da Tommaso Padoa Schioppa nel lontano 2007, ci è tornato in mente dopo aver letto il rapporto Eurostat che pone a confronto l’età di uscita di casa dei giovani di tutta Europa. Un “ragazzo” italiano ci mette 12 anni in più di uno svedese per andarsene. Quest’ultimo, in media, se ne va che non è ancora maggiorenne, addirittura a 17 anni e mezzo, quando per noi è ancora un bambino.
In Italia invece deve aspettare fino a 30 anni. Solo Slovacchia. Macedonia e Croazia hanno un dato peggiore del nostro (circa 31 anni) e vai a scoprire quali misteriose affinità ci legano tra noi e i due Paesi balcanici. Ma va detto che nei Balcani c’è una cultura diversa, spesso i giovani mettono addirittura su famiglia nella casa dei genitori e non se ne vanno mai.
Italiani mammoni? Diciamo che culturalmente l’amore di mamma un po’ ha pesato, quantomeno per rendere più sopportabile il problema della mancata uscita. I film di Checco Zalone descrivono bene, anche se con una esilarante dose di ironia, il mammismo di origine meridionalista (ma al nord non è che le cose cambino di molto). E a proposito di cinema, produttori del celebre ed esilarante film “Tangui”, nella versione doppiata italiana, hanno dovuto aumentare l’età del figlio unico che non voleva svezzarsi di ben cinque anni.
Ma le ragioni più profonde di questa situazione sono ben altre. A determinare il divario con gli altri Paesi del nord sono la mancanza di opportunità nel mercato del lavoro e le politiche di welfare. Senza un lavoro e un reddito adeguato non si può andare molto lontano, non si può metter su casa né famiglia.
Grazie alle politiche familiari ad hoc in Francia e in Germania ci si “svincola” a 23 anni e mezzo. Da notare, sempre seguendo il filo dell’indagine Eurostat, che a tenerci compagnia sono i Paesi del sud Europa, da Malta alla Spagna alla Grecia. Dove, sempre guarda caso, la disoccupazione giovanile è altissima. Insomma, abbiamo utilizzato l’amore per la mamma, quello cantato da Beniamino Gigli o da Bennato, per metterla come coperchio a un dramma economico e sociale sempre grave.
Bamboccioni loro malgrado. Il termine, coniato da Tommaso Padoa Schioppa nel lontano 2007, ci è tornato in mente dopo aver letto il rapporto Eurostat che pone a confronto l’età di uscita di casa dei giovani di tutta Europa. Un “ragazzo” italiano ci mette 12 anni in più di uno svedese per andarsene. Quest’ultimo, in media, se ne va che non è ancora maggiorenne, addirittura a 17 anni e mezzo, quando per noi è ancora un bambino.
In Italia invece deve aspettare fino a 30 anni. Solo Slovacchia. Macedonia e Croazia hanno un dato peggiore del nostro (circa 31 anni) e vai a scoprire quali misteriose affinità ci legano tra noi e i due Paesi balcanici. Ma va detto che nei Balcani c’è una cultura diversa, spesso i giovani mettono addirittura su famiglia nella casa dei genitori e non se ne vanno mai.
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