La coordinatrice dell’Assessorato urbanistico espone con passione i progetti della transizione verso la città orizzontale che saprà offrire equità sociale e innovazione ai suoi abitanti
Il XXI secolo sarà dominato dalle città. Tempo, tecnologie, crescita di popolazione hanno accelerato l’avvento di questa nuova era urbana. Il processo globale di progressiva urbanizzazione che ha portato a vivere nelle città la maggior parte della popolazione mondiale, ha come conseguenza che nei contesti urbani oggi si genera mediamente il 70% del Pil mondiale, il 70% della produzione di rifiuti e il 70% delle emissioni di gas serra. Dal cambiamento climatico alla povertà e alle diseguaglianze, le città sono il problema e anche la soluzione. Orientare le città nella direzione giusta può fare la differenza.
Solo in 100 città si concentrano il 30% dell’economia mondiale e la quasi totalità dell’innovazione. I nuovi rapporti tra le città mondiali sono legati profondamente all’andamento dei mercati; questo è il modello della “città verticale”, gerarchico, segnato dalla dicotomia tra centro − portale multifunzionale che sostiene l’attrattività di mercati anche lontani, di sistemi specializzati d’informazione, luogo di eccellenza − e le sue periferie dove la diseguaglianza economica e sociale si accentua esponenzialmente.
Un nuovo habitat per i global citizens
Nell’ambito di questa tendenza le aree urbane hanno dunque il dovere e la responsabilità di disegnare un nuovo habitat per i global citizens: inclusivo, interconnesso al suo interno e con il mondo, produttivo, solidale; promuovere un paradigma urbano che produca un’ecologia urbana che recuperi la visione del “metabolismo urbano” in termini d’impatti ambientali ed energetici degli insediamenti, un’economia urbana capace di distribuire equamente lavoro e ricchezza, una società capace di assicurare coesione sociale e solidarietà. Richard Rogers già nel 1997 con La Città per un piccolo pianeta evidenziava come la costruzione dell’habitat fosse un problema politico marginale, dominato dal mercato e da esigenze finanziarie e introduceva il principio del dominio pubblico come diritto di una cittadinanza attiva e partecipe alla sua costruzione.
Una città pertanto “orizzontale” il cui principio è il “limite come motore dello sviluppo” e che punta sull’integrazione e sulla complessità come categorie genetiche per una nuova “offerta” capace di mobilitare la popolazione attorno al suo progetto di futuro. Una Città che ospita orizzontalmente centri di potere e di ricerca, insediamenti produttivi e incubatori di start-up, infrastrutture e mezzi per la mobilità sostenibile, spazi di cultura e di aggregazione, parchi, reti digitali e smart.
Roma “città orizzontale”
Su questi principi Roma ha impostato i suoi programmi, riassumibili in tre strategie per la strutturazione dei processi di governance: la Strategia di Resilienza, il Piano Urbano Mobilità Sostenibile, il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile.
Nell’ambito della sua partecipazione al Network 100 Resilient Cities ha promosso il programma Roma Resiliente con l’obiettivo di elaborare una strategia per trattare con un approccio innovativo le sfide che la città affronta oggi e che affronterà nel prossimo futuro, coinvolgendo un vasto numero di stakeholder. Pandemia e cambiamento climatico sono due fenomeni globali dove l’intersezione tra la sfera umana e quella dei sistemi naturali ha comportato conseguenze rilevanti nella biosfera e nell’attività umana. Con l’ottica della Resilienza, si è guardato a queste criticità come opportunità di trasformare Roma in una città dove diritti umani e welfare siano valori al primo posto, dove sia più semplice vivere, abitare e lavorare; dove non si disperda il capitale materiale e immateriale conquistato; dove ci siano competenze culturali di base e relazioni sociali forti.
All’interno della strategia sono individuati i pilastri e le conseguenti azioni in coerenza con gli obiettivi di sviluppo sostenibile secondo le definizioni delle Nazioni Unite.
Una città efficiente al servizio dei cittadini per un’amministrazione più efficace, trasparente e partecipata, con azioni di governance centralizzata, per lo sviluppo di una smart city con l’obiettivo di costruire un percorso verso una città intelligente capace di interpretare l’innovazione tecnologica e superare il divario digitale dei suoi cittadini.
Una città dinamica, robusta e dal carattere unico per accrescere la vita culturale, sostenere la rigenerazione urbana, tutelare il patrimonio naturale e paesaggistico, favorire la vocazione agricola della città e le azioni di riforestazione urbana, accrescere l’attrattività, garantire la fruizione in sicurezza dello spazio urbano e del patrimonio pubblico e privato, adattare la città ai cambiamenti climatici. Una città aperta, inclusiva e solidale, accogliente e rispettosa delle diversità, per promuovere l’accrescimento culturale e il diritto all’abitare.
Una città che valorizza le sue risorse naturali per preservare la rete ecologica, perseguire l’efficientamento energetico e l’uso delle risorse rinnovabili, realizzare una mobilità sostenibile e adottare soluzioni per ridurre l’inquinamento, favorire l’economia circolare.
Muoversi leggeri: il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile si pone l’obiettivo di sviluppare, in un arco temporale di 10 anni un sistema di mobilità efficace, efficiente e sostenibile, sotto il profilo sociale, ambientale ed economico e con una particolare attenzione alla decarbonizzazione della città. Definisce le risposte alle esigenze di mobilità dei cittadini, individuando le modalità più opportune di trasporto per l’accesso alle destinazioni e ai servizi chiave. Rappresenta un’inversione di rotta nei tradizionali processi di gestione della mobilità urbana; laddove la risoluzione delle problematiche della mobilità era intesa come mera gestione del problema del “traffico”, come “congestione”, con il nuovo approccio ci si indirizza verso una ricognizione delle esigenze di spostamento individuali, rielaborate in una visione complessiva e multidisciplinare.
Il piano per la transizione ecologica
Il nuovo Piano d’Azione per l’Energia e il Clima è il programma per la transizione ecologica della città, un’agenda ambiziosa che punta alla neutralità climatica nel lungo termine, composta di tante azioni concrete che vanno a completare il lavoro di ripensamento della città in chiave sostenibile. Un piano che non parla solo di decarbonizzazione, ma anche di riqualificazione territoriale e rilancio dell’economia, con un’attenzione particolare alla salute e al fenomeno in crescita della povertà energetica. Roma Capitale rispetta gli impegni assunti nel 2017 con la sottoscrizione del “Patto dei Sindaci” e prevede di ridurre le emissioni di oltre il 51% entro il 2030, ben oltre la quota del 40% prevista dallo stesso accordo.
Queste macro strategie sono accompagnate da una trilogia di atti d’indirizzo programmatico alle azioni da mettere in campo nel governo del territorio, quali l’anello verde che detta le linee guida per la rigenerazione di un vasto sistema urbano che va dalla Valle dell’Aniene al Parco Archeologico dell’Appia Antica prefigurando un fondamentale cambio di visione nell’uso del suolo: da “vuoti” urbani edificabili a luoghi di valore ambientale, funzionale, economico; le Linee guida del Programma Strategico per il diritto all’abitare le cui azioni mirano a contenere il consumo di suolo attraverso l’annullamento di quei piani non coerenti con l’accessibilità infrastrutturale, puntando invece alla riconfigurazione dei quartieri storici di edilizia pubblica per accrescere il parco alloggi pubblico; la nuova polarità urbana “Polo Est” che riorganizza spazialmente il quadrante Tiburtina/Pietralata come sperimentazione di nuove modalità di pianificazione, non più esclusivamente regolatorie, ma strategiche per attrarre investimenti e innovazioni e che consentano di governare processi medio-lunghi di trasformazione del territorio in fasi diversamente articolate nel tempo, con regole e strumenti innovativi quale gli usi temporanei.
Ma un punto fondamentale per attuare in tempi certi il complesso processo risiede nell’attribuzione concreta delle prerogative di Capitale alla città di Roma. Roma costituisce l’area metropolitana italiana con la maggior estensione territoriale ove vive una popolazione di oltre 2.800.000 abitanti, con oltre 4 milioni di city user. Per Roma le due dimensioni, la “capitalità” e la “metropolitanità”, si intrecciano in modo inestricabile. Roma ha bisogno di un ordinamento diverso al pari di altre città capitali, quali ad esempio Londra (Greater London Authority Acts del 1999 e del 2007), Parigi (Grand Paris), Berlino.
In conclusione, volendo riassumere il tutto in una sola parola d’ordine, direi che il tutto si condensa nell’obiettivo di produrre innovazione ed equità sociale.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di settembre/ottobre di eastwest.
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Il XXI secolo sarà dominato dalle città. Tempo, tecnologie, crescita di popolazione hanno accelerato l’avvento di questa nuova era urbana. Il processo globale di progressiva urbanizzazione che ha portato a vivere nelle città la maggior parte della popolazione mondiale, ha come conseguenza che nei contesti urbani oggi si genera mediamente il 70% del Pil mondiale, il 70% della produzione di rifiuti e il 70% delle emissioni di gas serra. Dal cambiamento climatico alla povertà e alle diseguaglianze, le città sono il problema e anche la soluzione. Orientare le città nella direzione giusta può fare la differenza.
Solo in 100 città si concentrano il 30% dell’economia mondiale e la quasi totalità dell’innovazione. I nuovi rapporti tra le città mondiali sono legati profondamente all’andamento dei mercati; questo è il modello della “città verticale”, gerarchico, segnato dalla dicotomia tra centro − portale multifunzionale che sostiene l’attrattività di mercati anche lontani, di sistemi specializzati d’informazione, luogo di eccellenza − e le sue periferie dove la diseguaglianza economica e sociale si accentua esponenzialmente.