Quella della funivia del Mottarone è una tragedia di casa nostra che si poteva e si doveva evitare. Consumata in Europa e non in un Paese del Quarto Mondo
Quella della funivia del Mottarone è una tragedia di casa nostra che si poteva e si doveva evitare. Consumata in Europa e non in un Paese del Quarto Mondo
Quella della funivia del Mottarone sembra una sciagura da Paese del Quarto Mondo e invece è una tragedia di casa nostra. Quattordici morti, quattro famiglie distrutte e un solo sopravvissuto, un bambino di cinque anni che lotta per la vita. Quelle famiglie siamo noi, quel figlio è figlio nostro. Come pare stia emergendo dalle prime indagini non si è trattato di una fatalità. Quando il cavo di traino si è rotto (per l’usura?) i freni di emergenza non hanno funzionato, come è invece avvenuto per l’altra cabina a valle. La natura non c’entra, e nemmeno il destino. Quel che è accaduto comporta delle responsabilità che la Procura deve accertare. Come è possibile che in quella Lombardia e in quel Piemonte volani dell’industria e del progresso, porta dell’Italia in Europa, un cavo portante di un impianto sciistico si spezzi facendo prendere velocità alla cabina fino a catapultarla nel vuoto e farla rotolare per decine di metri fino ad accartocciarsi contro gli alberi?
Era dal 3 febbraio 1998, dalla tragedia del Cermis, quando un cacciabombardiere americano tranciò di netto il cavo portante della funivia della Val di Fiemme, provocando venti morti, che non avvenivano incidenti mortali negli impianti. Pensavamo che in 23 anni il progresso tecnologico e le misure di sicurezza ci avrebbero fatto dimenticare per sempre l’eventualità che si ripetessero, rendendo finalmente impossibile che un cavo d’acciaio potesse spezzarsi da solo per usura. L’ impianto della funivia è stato completamente revisionato e sottoposto a manutenzione straordinaria tra il 2014 e il 2016. La funivia venne infatti chiusa nel 2014 e riaperta il 13 agosto 2016. Poi è stata chiusa per alcuni mesi per le restrizioni dovute al Covid e riaperta recentemente: era rientrata in funzione lo scorso 24 aprile. Chi ha controllato l’impianto dal 2016 a oggi? Che cosa non ha funzionato? Chi doveva sorvegliare la tenuta dei cavi e l’impianto di emergenza dei freni, il cui principio è quello degli impianti montati su qualunque ascensore? Quali controlli sono stati assicurati? Quali test sono stati approntati? E se non sono stati approntati, perché non lo si è fatto? Per negligenza, disattenzione, risparmio sui costi di manutenzione? Tutto questo è oggetto di indagine da parte dei magistrati inquirenti.
Siamo alla terza tragedia del dopoguerra per numero di vittime, dopo le due del Cermis (la prima, la più terribile, accadde nel 1976, provocando la morte di quarantadue persone, tra cui quindici bambini). La natura qui non c’entra. È l’uomo che avrebbe dovuto prevenire ed evitare una tragedia così assurda. Ed è per questo che il Capo dello Stato Sergio Mattarella al suo messaggio di cordoglio ha unito il richiamo “al rigoroso rispetto di ogni norma di sicurezza per tutte le condizioni che riguardano il trasporti delle persone”. Ora è il momento del dolore e del pianto. Poi verrà quello della giustizia per una tragedia inaccettabile. Dovrà accertare le responsabilità penali e civili su una tragedia che si poteva (e si doveva) evitare.
Quella della funivia del Mottarone è una tragedia di casa nostra che si poteva e si doveva evitare. Consumata in Europa e non in un Paese del Quarto Mondo
Quella della funivia del Mottarone sembra una sciagura da Paese del Quarto Mondo e invece è una tragedia di casa nostra. Quattordici morti, quattro famiglie distrutte e un solo sopravvissuto, un bambino di cinque anni che lotta per la vita. Quelle famiglie siamo noi, quel figlio è figlio nostro. Come pare stia emergendo dalle prime indagini non si è trattato di una fatalità. Quando il cavo di traino si è rotto (per l’usura?) i freni di emergenza non hanno funzionato, come è invece avvenuto per l’altra cabina a valle. La natura non c’entra, e nemmeno il destino. Quel che è accaduto comporta delle responsabilità che la Procura deve accertare. Come è possibile che in quella Lombardia e in quel Piemonte volani dell’industria e del progresso, porta dell’Italia in Europa, un cavo portante di un impianto sciistico si spezzi facendo prendere velocità alla cabina fino a catapultarla nel vuoto e farla rotolare per decine di metri fino ad accartocciarsi contro gli alberi?
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