Svezia, gli attacchi alle moschee fanno tremare la patria dell’accoglienza
All’alba del 29 dicembre i vigili del fuoco sono intervenuti per domare un incendio doloso nelle sale di un edificio utilizzato come moschea ad Eslöv, una località nel sud della Svezia. Quattro giorni prima, il giorno di Natale, a Eskilstuna (nel sudest della Svezia) un ordigno incendiario era stato lanciato in una moschea attraverso una finestra del locale, il piano terra di un edificio abitato: cinque persone erano rimaste ferite.
All’alba di Capodanno un terzo attentato incendiario ha rischiato di danneggiare anche la moschea di Uppsala. La mente corre ai segnali preoccupanti registrati nelle elezioni di settembre, che (anche se la maggioranza nel Parlamento è andata a forze progressiste come Verdi e Socialdemocratici) hanno visto l’emergere del partito degli Sverigedemokraterna, che con dure prese di posizione in tema di immigrazione e di Islam ha ottenuto quasi il tredici per cento dei consensi.
Nonostante nelle più recenti votazioni nell’area nordeuropea molte formazioni euroscettiche – talvolta anche frettolosamente associate alla destra ultraconservatrice – siano spesso arretrate, fatti gravi (come i terribili attentati che hanno colpito la Norvegia il 22 luglio 2011 e di cui venne subito accertata la matrice di estrema destra) hanno sensibilizzato gli stati dell’intera regione scandinava, risvegliandone l’attenzione su fenomeni sociali come la xenophobia, da cui i paesi nordici si erano sentiti a lungo quasi immuni. Il 25 dicembre Omar Mustafa, che presiede l’Associazione Islamica Svedese, ha dichiarato alla radio pubblica SR che quest’anno è stata registrata una intensificazione degli episodi di intolleranza contro gli immigrati, ma ha anche ricordato che la risposta in favore del multiculturalismo da parte della gente è stata massiccia.
Venerdì 26 dicembre centinaia di cittadini di Eskilstuna si sono radunati per esprimere la propria solidarietà ai fedeli della moschea colpita dall’incendio doloso nel giorno precedente. Il 2 gennaio, venerdì, migliaia di persone hanno manifestato contro il razzismo in diverse città svedesi, soprattutto a Stoccolma (vicino al Palazzo Reale, nella “Gamla Stan”, la città vecchia),Malmö e Göteborg. Il premier Stefan Löfven e altri esponenti della politica nazionale hanno sottolineato che l’attacco razzista appare una minaccia pianificata alla libertà religiosa ed un’aggressione al modo svedese di vita, mentre i rappresentanti delle comunità immigrate hanno accolto con soddisfazione la grande risposta dei cittadini, che hanno dato vita a diffusemanifestazioni di solidarietà con gli stranieri nonostante il freddo di questi giorni.
Pur pienamente inserito nel quadro delle consuetudini istituzionali scandinave, l’accordo tra Centrosinistra e Centrodestra che il 27 dicembre ha consentito al Primo Ministro Stefan Löfven(autore della ripresa elettorale dei Socialdemocratici con posizioni di sinistra a favore del welfare) di scongiurare le elezioni anticipate, si può leggere anche in relazione alla solidarietà delle forze politiche tradizionali, di fronte al rischio che l’ultradestra svedese possa acquistare un qualche peso nelle trattative parlamentari, specialmente in caso di un risultato incerto nell’equilibrio tra le due coalizioni maggiori. I Socialdemocratici, i Verdi ed i quattro partiti del Centrodestra (Moderati, Centro, Liberali e Cristianodemocratici) hanno stabilito anche che in base a quello che è stato già battezzato “Accordo di Dicembre” si coordineranno – anche dopo la fine della legislatura e almeno fino al 2022 – su temi importanti come welfare ed ambiente.
Gli eventi che hanno scosso la Svezia durante le feste natalizie cadono in una situazione profondamente cambiata, rispetto ai successi dell’integrazione che hanno reso celebre il paese nel mondo: negli ultimi anni infatti lo stato scandinavo ha conosciuto sia serie minacce, come l’attentato sventato a Stoccolma l’11 dicembre del 2010, quando un militante del radicalismo islamico fece esplodere due ordigni rimanendo ucciso senza provocare altre vittime, sia tensioni nella capitale come la rivolta degli immigrati nelle periferie di Norsborg, Älvsjö, Tensta, Södertälje, Sollentuna alla fine di maggio 2013.
Le istituzioni svedesi sono riuscite, in tutti questi frangenti, da una parte a limitare la crescita degli Sverigedemokraterna ed a isolarli in Parlamento, dall’altra ad evitare un innalzamento della tensione, che partendo da episodi come le proteste verificatesi nelle periferie nel 2013, avrebbe potuto creare contesti sfavorevoli all’integrazione. Tutti i fatti ricordati però hanno attirato l’attenzione delle autorità sia sulle carenze nel senso di autoriconoscimento come cittadini svedesi in alcuni gruppi di origine straniera (fenomeni simili a quelli che destano preoccupazioni nel Regno Unito, riguardo all’identità delle seconde e terze generazioni) sia sulle reazioni che in futuro settori minoritari della popolazione potrebbero maturare di fronte a sfide connesse all’integrazione delle comunità di religione islamica.
L’immigrazione oggi è un tema difficile in Svezia: il paese teme di veder infrangere l’immagine positiva consolidata, quella di modello riuscito di accoglienza, per cui le forze maggioritarie si trovano spesso alle prese con gli Sverigedemokraterna e con il loro volersi presentare come partito che affronta a viso aperto i problemi percepiti come legati alla questione. Nel 2015 è previsto l’arrivo di più di centomila richiedenti asilo. Spesso i nuovi arrivati hanno bisogno di sostegni sociali ed in un paese con poco più di nove milioni e seicentomila abitanti l’incidenza sul bilancio del welfare è significativa. La Svezia ha deciso di garantire aiuti permanenti a tutti i rifugiati siriani ed accoglie il maggior numero di richiedenti asilo, se si considerano i dati UE in proporzione alla popolazione residente.
A maggior ragione gli avvenimenti degli ultimi giorni non mancano di preoccupare le autorità e l’opinione pubblica, perchè, rischiano di far slittare su un terreno di tensione le contraddizioni apparse nell’ultimo decennio ed in più acquistano – a causa del rincorrersi, nell’ultima parte dell’anno, di scenari internazionali legati al radicalismo islamico ed ai conflitti etnici perfino in nazioni tradizionalmente estranee a tali problemi come ad esempio Canada ed Australia – una luce sinistra che porta a temere, anche nell’estremo nord dell’Europa che nessun paese riesca ad evitare di venire in qualche modo strattonato da questo clima globale.
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