In questi ultimi giorni si è accesa una polemica perché un esponente dell’establishment cinese è stato invitato ad un convegno sul “turismo dei trapianti” ospitato oggi e domani, 7 e 8 febbraio, dalla Pontificia Accademia delle Scienze sociali («Summit on Organ Trafficking and transplant Tourism»). Secondo alcune critiche questo invito finirebbe per appoggiare la politica degli espianti cinesi dai condannati a morte. Una pratica che in realtà – dal 2015 – Pechino ha sospeso ufficialmente.
Nella lista dei partecipanti al summit figurano esponenti noti in Italia, come ad esempio l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino. I due esponenti cinesi sono Wang Haibo, consigliere del Declaration of Istanbul Custodian Group (organismo incaricato di implementare la «Dichiarazione di Istanbul» del 2008 che contiene linee guida internazionalmente approvate su espianto e trapianto di organi) e soprattutto Huang Jiefu.
Huang è il presidente del Comitato nazionale cinese sulla donazione e il trapianto di organi. Si tratta di un funzionario di grande rilevanza, poiché già ex vice-ministro della sanità cinese.
Anche per questa sua importante posizione nella nomenclatura cinese, si pensa che la sua partecipazione non sarà solo dedicata al Summit: potrebbe avere anche un ruolo di confronto importante con i recenti avvicinamenti che il Vaticano ha fatto con Pechino.
Huang nel tempo ha avuto un ruolo di primo piano nell’evoluzione della politica di Pechino sul terreno dei trapianti di organi. La storia è nota: soprattutto negli anni Ottanta, a causa della crescente domanda di trapianti, Pechino ha sostanzialmente reso legale l’espianto di organi da prigionieri condannati a morte, dopo che da essi o dai loro familiari era stato ottenuto il consenso all’operazione.
Si tratta di una pratica che è stata storicamente criticata dalle organizzazioni per i diritti umani e dalla comunità medica, tanto che ancora oggi – come riporta un articolo del Guardian sull’argomento – si sono levate parecchie critiche nei confronti del Vaticano, che con l’invito a Huang finirebbe per avvalorare questa pratica.
Una scelta che rischierebbe dunque di dare «un’aria di legittimità» alle politiche cinesi, secondo Wendy Rogers, esperto di etica medica: «La pontificia accademia delle scienze dovrebbe essere consapevole del fatto che gli endorsement anche indiretti da parte di organismi esteri prestigiosi sono usati dalla propaganda dell’apparato cinese per lustrare la reputazione del proprio sistema non etico di trapianti».
Un argomento contestato dalla pontificia accademia guidata dal monsignore argentino Marcelo Sanchez Sorondo: al Convegno, come sottolineato su Vatican Insider Gianni Valente, attento osservatore dei rapporti sino-vaticani, «la Santa Sede offre una tribuna internazionale autorevole per consentire a Huang di presentare in maniera documentata i passi compiuti dalla Cina popolare negli ultimi anni lungo la frontiera eticamente sensibile delle prassi collegate al trapianto di organi».
I critici dell’appuntamento, dell’invito – infatti – dimenticano forse che la pratica degli espianti dai condannati a morte è stata dichiarata illegale da Pechino fin dal 2015. Decisione confermata dalla delegazione giunta in Vaticano che intende convincere il mondo delle sue buone intenzioni, fugando i dubbi che ancora gravano su Pechino.
Tuttavia, «c’e’ ancora tanta strada da fare», ha aggiunto Huang Jiefu, presidente del Comitato nazionale cinese sulla donazione e il trapianto di organi. La posizione della Chiesa sui trapianti del resto non è radicata molto più in là nel tempo, in quanto considerata «una grande conquista della scienza a servizio dell’uomo» come ha dichiarato il papa Giovanni Paolo II.
@simopieranni
In questi ultimi giorni si è accesa una polemica perché un esponente dell’establishment cinese è stato invitato ad un convegno sul “turismo dei trapianti” ospitato oggi e domani, 7 e 8 febbraio, dalla Pontificia Accademia delle Scienze sociali («Summit on Organ Trafficking and transplant Tourism»). Secondo alcune critiche questo invito finirebbe per appoggiare la politica degli espianti cinesi dai condannati a morte. Una pratica che in realtà – dal 2015 – Pechino ha sospeso ufficialmente.