“Coloro che votano non decidono nulla. Coloro che contano i voti decidono tutto”. – J. Stalin
Le recenti misure censuratrici adottate dal governo Erdogan hanno sconvolto non solo la Turchia, ma l’intera comunità internazionale.

La chiusura effettiva di Twitter era già stata minacciata a più riprese durante e dopo le proteste di Gezi Park, ma nessuno avrebbe mai sospettato che si arrivasse a simili estremi rimedi, neanche nel caso del governo AKP. Soprattutto a pochi gioni prima del voto.
Una tale mossa – si dava per scontato – sarebbe stata la zappa sui piedi dell’attuale Premier, ed avrebbe compromesso irrimediabilmente il risultato delle elezioni, facendo cambiare idea anche ai pochi sostenitori rimasti fedeli ad Erdogan. Ma è proprio perchè Erdogan era già sicuro di avere la vittoria in pugno, legalmente o attraverso frodi elettorali, che si era permesso di prendere una decisione così radicale, che non avrebbe cambiato in alcun caso la sua sorte né tantomeno quella del suo partito. E le elezioni municipali turche, in contemporanea a quelle francesi, non hanno smentito i pronostici del leader dell’AKP.
Le poche speranze rimaste ai cittadini turchi vanno in fumo la sera del 31 Marzo quando, paradossalmente dopo morti, proteste e scandalo di corruzioni, i voti a favore dell’AKP salgono del 7.09%. Nessuno in Turchia riesce a spiegarsi tale risultato, tanto che i cittadini anatolici accusano il governo di brogli elettorali e insistono sul riconteggio dei voti.
Erdogan chiudendo prima Twitter e poi YouTube, i principali e più immediati mezzi di comunicazione della società civile, già utilizzati durante le proteste di Giugno, ha così bloccato la diffusione di notizie ed immagini sull’asprezza della repressione, impedendo ai giovani turchi di comunicare in modo diretto con il resto del mondo, mostrando scene di verità che non sempre vengono catturate dai media stranieri.
La chiusura di Twitter è stata resa nota dagli utenti Facebook prima ancora che dai telegiornali: i primissimi post sembravano essere dei messaggi in codice incomprensibili, tanto che gli utenti internazionali non hanno subito capito cosa stesse succedendo in Turchia; verrà in seguito spiegato che quelle strane sequenze di lettere maiuscole e numeri erano dei messaggi in codice per trovare modi alternativi di ripristinare il funzionamento del social network dei cinguettii, accompagnati da nomi di applicazioni e software capaci di far fronte alla censura, come Tunnelbear, Zenmate e estensioni craccate di Google Chrome.
Adesso Twitter è tornato più o meno in funzione, ma molti account di importanti attivisti continuano a rimanere sotto sequestro e bloccati dal governo.
I cittadini e soprattutto studenti, turchi che hanno seguito le vicende dall’estero commentano la censura e i risultati delle municipali con indignazione e sgomento.
“Diverse agenzie giornalistiche hanno inizialmente pubblicato risultati elettorali non coerenti, durante i primi conteggi le percentuali erano completamente diverse a seconda dell’agenzia di stampa. Alcune voci sostengono la teoria della corruzione dei media, che avevano già manipolato i pronostici dei risultati per deprimere l’opposizione. Come si fa a rimanere sani di mente in un paese dove non c’è democrazia? O meglio, come si fa a rimanere in un paese del genere? Personalmente non mi pento di aver fatto i bagagli, ma mi dispiace per i parenti ed amici rimasti ancora lì. Perchè questa non è la Turchia che hanno chiesto, o che meritano. Neanche ricordo i governi precedenti all’AKP,ero troppo piccolo; Erdogan non è neanche più un Premier, è un’idea di Premier, e le idee, lo sappiamo, non muoiono mai. La sua dittatura rimarrà in carica ancora a lungo, aprendo una nuova era nella Storia turca: l’era TwHitler”.
YouTube continua a rimanere chiuso, temporaneamente (si spera) sostituito dal suo simile, Dailymotion, già ampiamente usato in Turchia durante la prima censura di YouTube, che era infine stato ripristinato all’incirca cinque anni fa.
Poche ore dopo le elezioni che vedono l’AKP in testa, i mercati vanno in rialzo, paradossalmente in accordo con l’unico commento di Erdogan riguardo il caso Elvan: “la morte di Berkin non influenzerà negativamente l’economia turca”.
Erdogan non si era detto preoccupato dell’opinione della comunità internazionale dopo la chiusura di Twitter; ma questo suo gesto non ha certamente migliorato la sua immagine all’estero, dove i combattenti per i diritti umani e libertà d’opinione arrivano a pensare che “Erdogan censurerà anche la censura”.
Le elezioni del 31 Marzo, contrariamente a quanto si sperava, non hanno portato a nulla di fatto. Sembrerebbe adesso un po’ ridondante chiedersi se saranno allora le elezioni presidenziali del prossimo Agosto a cambiare le cose in un Paese che sembra inevitabilmente legato al suo destino di neo-ottomanismo.
“Coloro che votano non decidono nulla. Coloro che contano i voti decidono tutto”. – J. Stalin
Le recenti misure censuratrici adottate dal governo Erdogan hanno sconvolto non solo la Turchia, ma l’intera comunità internazionale.