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La matita spezzata di Zehra Doğan, rinchiusa da Ankara nella fortezza di Tarso


Condannata per un disegno che esponeva le distruzioni dell’esercito turco, l’artista curda Zehra Dogan ha continuato a esprimersi con ogni mezzo durante la detenzione. Ma il trasferimento in un carcere militare fa temere il peggio a coloro, da Ai Weiwei a Banksy, che si sono mobilitati per lei

Senza titolo, acrilico, foglia d’oro su giornale, 55,5 x 69,5 cm Titoli leggibili: La sirena Selahettin Demirtas incarcerato nella Prigione di tipo F di Edirne condivide con i lettori il suo racconto la sirena

Condannata per un disegno che esponeva le distruzioni dell’esercito turco, l’artista curda Zehra Dogan ha continuato a esprimersi con ogni mezzo durante la detenzione. Ma il trasferimento in un carcere militare fa temere il peggio a coloro, da Ai Weiwei a Banksy, che si sono mobilitati per lei

Tarso è una città amata dal turismo religioso. Da qui veniva l’apostolo delle genti, quel Paolo che pensò di predicare il cristianesimo ai non ebrei, rendendo questa piccola comunità di seguaci di Gesù di Nazareth, la religione più importante dell’Europa. Ma oltre al pozzo di San Paolo e ad altri monumenti che ricordano quanto la storia ami passare spesso per gli stessi vicoli, c’è anche una prigione il cui nome torna spesso sulle pagine dei bollettini delle Ong che si occupano di diritti umani. Parliamo delle carceri turche, tristemente note per la leggerezza con cui vi si dimenticano i diritti dei detenuti e soprattutto delle detenute.

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