I prossimi mesi presentano enormi questioni aperte per l’Italia e l’Europa, in un momento in cui sono in corso cambiamenti storici. Riusciranno le istituzioni, i partiti, il mondo degli affari, i sindacati, l’accademia, gli intellettuali, i media a esserne all’altezza?
No, non sarà una passeggiata l’anno che corre tra ora e le elezioni della primavera del 2023. Succede sempre così e non solo in Italia: i mesi precedenti le Politiche sono tesi, i partiti si posizionano, litigano, se hanno prebende da distribuire lo fanno, se non ne hanno le promettono. Questa volta, però, è diverso. Molto diverso. C’è un Governo strano, fatto di avversari. C’è un Pnrr da portare avanti. E soprattutto c’è la guerra di Putin, che non sarà un affare da poco in questo 2022 e oltre. Tutto sta cambiando rapidamente – e drammaticamente – in questi Anni Venti che si speravano ruggenti per ragioni diverse dalle aggressioni di Vladimir Putin.
La battaglia per il Quirinale di gennaio ha scosso il panorama politico, ha lasciato alcuni leader e partiti indeboliti e forse nessun chiaro vincitore. Nel complesso, il mondo della politica non ne è uscito bene e questo potrebbe influire sul desiderio degli elettori di presentarsi ai seggi, in una situazione nella quale la disaffezione per le urne dà chiari segni di crescere. In questo quadro, ci sono spinte evidenti alla rottura dell’accordo di maggioranza che sostiene il Governo Draghi e altre, forse più forti, che spingono a sostenere l’esecutivo.
Che ci siano differenze di opinione nella compagine governativa viene alla luce quasi ogni giorno, dalla necessità di introdurre la concorrenza in settori regolati dallo Stato all’obbligo del Green Pass fino alla posizione da tenere sull’invasione dell’Ucraina. Non sono frizioni e disaccordi solo dovuti a giochi di potere: ci sono interpretazioni diverse delle cose da fare e delle posizioni da prendere. Certo, sempre, da qualsiasi parte, con un occhio al posizionamento preelettorale.
A sconsigliare di mettere in crisi il Governo è naturalmente il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Come ha ricordato il “neo” Presidente Sergio Mattarella, l’Italia è “al centro dell’impegno di ripresa dell’Europa”: il Pnrr è cioè l’occasione della vita, per il Paese, di fare quello che non fa da decenni – riforme e investimenti – ed è anche decisivo per il successo delle politiche dell’Unione europea. L’Italia beneficia di oltre un terzo dei fondi messi a disposizione dal Next Generation EU, li deve usare sulla base degli accordi e della tempistica stabiliti con Bruxelles e se dovesse uscire dai binari concordati provocherebbe una crisi seria in Europa e un balzo indietro delle prospettive d’integrazione. Qualcosa che, in questo momento più che in ogni altro, l’Europa non può permettersi. Non tutti lo danno a vedere o lo ammettono, ma tutti sanno che provocare una crisi di Governo nei prossimi mesi, una crisi che metterebbe in discussione l’esborso delle rate del Next Generation EU, sarebbe punito dagli elettori. Chi dovesse fare cadere il Governo Draghi sarebbe ad alto rischio di perdere le elezioni, soprattutto se queste si tenessero subito, senza che Mattarella cercasse di trovare un altro esecutivo (come pare probabile).
Detto in termini diversi, la politica italiana camminerà tra ora e le primavera del 2023 su un sentiero stretto. Il ciclo elettorale è sfasato rispetto alle esigenze del Pnrr. Il Piano, infatti, impegna l’Italia a fare un certo numero di riforme (milestones) e a raggiungere una serie di obiettivi (targets) in tempi stabiliti da scadenze precise. Se questa tabella di marcia, che dura fino al 2026, sarà rispettata, l’erogazione dei fondi arriverà secondo le scadenze previste. Diversamente, i fondi potrebbero essere congelati dalla Commissione Ue con l’accordo dell’Ecofin. Se non per responsabilità, almeno per evitare un rischio di caduta elettorale, i partiti hanno dunque il vincolo di non eccedere negli scontri interni alla maggioranza. In più, vale sempre il blocco dei deputati e senatori che vogliono arrivare a fine legislatura sapendo che nella prossima non saranno rieletti, anche perché il numero dei parlamentari sarà ridimensionato sensibilmente.
Non si tratta di una garanzia assoluta di stabilità. A primavera avanzata si terranno elezioni amministrative e si dovrà capire come si andrà a votare sui cinque referendum che interessano la Giustizia. Sia le une che gli altri sono passaggi delicati che non faciliteranno la tranquillità dei rapporti nella maggioranza. Ci sono poi questioni che il Governo è impegnato ad affrontare, molto serie. L’emergenza legata al caro bollette, costosa. Le nuove regole sulle restrizioni da pandemia, con la riduzione dell’uso del Green Pass. La concorrenza. Le pensioni. Il fisco. In parallelo, i partiti hanno di fronte una montagna che potrebbero non riuscire a superare, la legge elettorale con la quale sostituire quella in vigore (Rosatellum). Potrebbe essere una questione esplosiva: in questi casi, nessuno vuole prendere rischi e, se la soluzione scelta vede qualcuno penalizzato, la tensione può facilmente riverberare sulla tenuta del Governo.
Al momento, le posizioni sono fluide. La Lega e Fratelli d’Italia propendono per un sistema maggioritario, almeno così sembra. Il Movimento 5 Stelle, Italia Viva, Azione, +Europa e parti di Forza Italia sono per un sistema proporzionale. Esponenti del Partito democratico paiono orientarsi verso un proporzionale con sbarramento abbastanza alto, al 5%. Se non si trovasse l’accordo e un gruppo di partiti imponesse la sua soluzione, la coesione (si fa per dire) della maggioranza vacillerebbe.
Sopra a tutto questo, la questione delle questioni: il cambiamento di stagione nel mondo, e immediatamente in Europa, provocato dall’aggressione di Putin. Subito, il Governo e i partiti dovranno dare segno di unità e adeguarsi alla risposta che la Ue, gli Stati Uniti e persino le democrazie asiatiche stanno dando al Cremlino: le sanzioni. Non è scontato che avvenga. L’analisi del regime al potere in Russia che fanno Lega, Fratelli d’Italia e parte di Forza Italia e dei 5 Stelle non è la stessa dell’analisi che fanno il Pd e i partiti cosiddetti di centro. In più, ci sono settori dell’economia che commerciano con la Russia e che in Russia hanno investito: la loro azione di lobbying si farà sentire. Passata l’emozione per l’attacco all’Ucraina, le differenze e i contrasti emergeranno. Ci sarà l’aumento del costo dell’energia, per famiglie e imprese, che difficilmente potrà essere affrontato solo con forme di “ristoro”: il dibattito su cosa fare – compresa l’idea, avanzata da Enrico Letta, di rinviare il ritorno in vigore del Patto di Stabilità previsto al momento per il 2023 – sarà intenso e non scontato.
E ci saranno scelte fondamentali riferite al nuovo quadro strategico, decisive per il lungo periodo ma da impostare subito, nei prossimi mesi. Sull’Europa sta scendendo una nuova cortina: è finita la vacanza dalla Storia durata trent’anni, è terminato il periodo nel quale si dava per scontato che i confini non si cambiassero con la forza, è ritornata la stagione della competizione tra potenze. È l’intera architettura dell’Europa e dell’Unione europea che dovrà adeguarsi alla nuova situazione. Nessun Governo e nessun partito, nel continente, può illudersi che si possa andare avanti come prima. Non sarà solo questione di aumentare le spese per la Difesa e per la Sicurezza. Di base, si tratta di cambiare subito mindset, di spiegare all’opinione pubblica che siamo entrati in un periodo storico nel quale, per quanto possa sembrare assurdo, ritornano le guerre in Europa e ritornano i poteri minacciosi.
In questo passaggio, l’Italia ha il vantaggio di avere in Mario Draghi un Presidente del Consiglio con un’enorme conoscenza degli affari internazionali e con una credibilità indiscussa, nonostante le critiche recenti che gli sono arrivate da giornali anglosassoni per la sua non rapida risposta alla guerra di Putin. La sua potrebbe essere una voce importante a Bruxelles e tra i Paesi della Nato per adeguare le politiche dell’Occidente alla nuova situazione. Washington, tra l’altro, ritiene in questo momento l’Italia un partner di assoluto rilievo, strategico, molto più di quanto lo è stata negli scorsi tre decenni. Riusciranno, in questo 2022, i partiti, le istituzioni, il mondo degli affari, i sindacati, l’accademia, gli intellettuali, i media a sollevarsi all’altezza della sfida?
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di marzo/aprile di eastwest.
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No, non sarà una passeggiata l’anno che corre tra ora e le elezioni della primavera del 2023. Succede sempre così e non solo in Italia: i mesi precedenti le Politiche sono tesi, i partiti si posizionano, litigano, se hanno prebende da distribuire lo fanno, se non ne hanno le promettono. Questa volta, però, è diverso. Molto diverso. C’è un Governo strano, fatto di avversari. C’è un Pnrr da portare avanti. E soprattutto c’è la guerra di Putin, che non sarà un affare da poco in questo 2022 e oltre. Tutto sta cambiando rapidamente – e drammaticamente – in questi Anni Venti che si speravano ruggenti per ragioni diverse dalle aggressioni di Vladimir Putin.