In Portogallo il Covid-19 ha azzerato i sacrifici che il Paese ha fatto per risanare il bilancio dopo la crisi degli scorsi anni. Ma Costa non si arrende
In Portogallo il Covid-19 ha azzerato i sacrifici che il Paese ha fatto per risanare il bilancio dopo la crisi degli scorsi anni. Ma Costa non si arrende
Alcuni Governi di Paesi europei sono stati colti dalla pandemia da Covid-19 all’inizio della loro legislatura, cambiandone priorità e programmi. È avvenuto così nella penisola iberica, per entrambi i Paesi che la compongono: in Spagna, il Governo di coalizione progressista guidato da Pedro Sánchez aveva appena fatto a tempo a costituirsi che già doveva dichiarare lo Stato di allarme; mentre in Portogallo, il neo-Governo del socialista António Costa nato alla fine del 2019, successivamente alle elezioni politiche del 6 ottobre, era da poco riuscito a far approvare dal Parlamento la finanziaria per il 2020, che prevedeva una crescita del Pil portoghese per quest’anno dell’1,9%.
Il sostegno dell’Ue
I dati, invece, per il secondo trimestre del 2020, indicano una caduta del Pil del 14,1% (del 16,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Costa non ha negato la durezza della crisi, convinto che ci vorranno almeno due anni per recuperare il livello antecedente l’emergenza sanitaria; tanto più che la Spagna, che è il principale cliente del Portogallo, manifesta un decremento del Pil ancora superiore per il secondo trimestre e pari al 18,5%. Perciò il presidente del Governo portoghese si è battuto senza tentennamenti nell’alleanza dei Paesi del Sud Europa assieme a Spagna e Italia per rivendicare una politica dell’Unione europea di sostegno alle economie degli Stati membri più colpite dalla crisi sanitaria.
Memore degli effetti disastrosi della crisi del 2008 sulla coesione sociale del suo Paese e forte del successo del suo primo Governo nella legislatura del 2015 nel ricondurre i conti pubblici lungo un sentiero virtuoso senza scaricarne i costi sulla popolazione, Costa ha preteso una soluzione per l’insieme dei Paesi europei a beneficio del mercato interno. Anche facendo la voce grossa, come nel caso in cui definì come “meschina” l’attitudine dei Paesi cosiddetti “frugali” nei confronti di quelli più colpiti dall’epidemia. Ora, con l’accordo sul Recovery Fund, il Portogallo può contare su aiuti pari a 26,5 miliardi di euro, dei quali 15,6 miliardi a titolo di trasferimento. E la Commissione europea ha appena dato via libera alla creazione di una nuova Banca Portoghese per lo Sviluppo, che metterà insieme varie istituzioni pubbliche esistenti per promuovere lo sviluppo e sostenere la competitività delle imprese. La nuova entità finanziaria, che disporrà di un capitale sociale di 255 milioni di euro, si propone di migliorare l’accesso al finanziamento di progetti di ricerca e innovazione, infrastrutture sostenibili e investimenti sociali.
Il bilancio della crisi
Il risultato del Pil portoghese registrato nel secondo trimestre di quest’anno è sostanzialmente in linea con le previsoni della Commissione europea, che per il 2020 prevede una caduta del Pil pari al 9,8%, superiore alle proiezioni del Governo portoghese che vedrebbero l’anno chiudersi con una percentuale del Pil negativa, pari al 6,9%. Il PSI 20, l’indice della Borsa portoghese, subirebbe una contrazione dell’11,4%, inferiore comunque alla caduta di quello spagnolo (Ibex, -17%). Secondo stime del Instituto Nacional de Estatística (INE), il tasso di disoccupazione a giugno si collocherebbe al 7% (+1,1% rispetto al mese anteriore, +0,4% rispetto al giugno 2019), con punte fino al 25,6% per la popolazione giovane (contro il 5,7% per la popolazione adulta). Le esportazioni a giugno avrebbero subito un decremento nominale del 13%.
Dati che nessuno avrebbe potuto immaginare appena qualche mese prima, quando il secondo Governo Costa aveva ottenuto l’approvazione della finanziaria 2020 al principio di gennaio, con i soli voti del Partito socialista, quello contrario delle destre e l’astensione del resto dei partiti progressisti. Fu quella l’ultima legge di bilancio del Ministro del Tesoro e delle Finanze Mário Centeno – l’autore del “miracolo” portoghese – che, al principio di giugno, dopo aver fatto adottare al Governo la nota di rettifica al bilancio 2020 per tener conto degli effetti della pandemia sui conti pubblici, lasciava l’incarico, definendo la sua scelta come “la fine di un ciclo per la storia della democrazia portoghese”. Quella voluta da Centeno era “la finanziaria della lettera E”, come Esquerda, sinistra: la E di Equilibrio dei conti pubblici e dell’Economia cresciuta pià che altrove in Europa, di Estabilidade finanziaria, politica e sociale, delle Empreses e dell’Emprego, occupazione. Dopo la pandemia, le condizioni sono cambiate, il governo portoghese ha attivato le politiche di difesa del lavoro e delle imprese simili a quelle degli altri paesi europei.
Per il futuro, però, restano le priorità che indicava Costa, aprendo allora il dibattito parlamentare: “le quattro sfide strategiche del cambio climatico, della demografia, della transizione digitale e delle diseguaglianze”. E si confermano le molto buone relazioni tra il suo Paese e la Spagna sui temi europei più in generale e sul tema dello spopolamento della zona frontaliera tra i due Paesi. Una frontiera, A Raia, con una longitudine di 1.214 chilometri, la più lunga tra due Paesi dell’Unione europea, riaperta ufficialmente dal Presidente della Repubblica portoghese Marcelo Rebelo de Sousa e dal re spagnolo Felipe VI, accompagnati rispettivamente dai capi di governo Costa e Sánchez, lo scorso 1° luglio, dopo essere stata chiusa dal 17 marzo scorso per lo scoppio dell’epidemia.
La buona gestione della crisi
L’epidemia in Portogallo era arrivata più tardi che in Spagna, ma affrontata con maggior tempismo del vicino iberico, quando i contagi erano appena 78: così Costa ordinò lo stato di allerta il 13 marzo, contemporaneamente allo stato di allarme decretato in Spagna da Sánchez. E per tutto il periodo più critico della pandemia, l’alto numero dei test realizzati e il fatto che, differentemente dagli alti Paesi, a essere colpite fossero le fasce di età entro i sessant’anni (e le donne più degli uomini), hanno consentito di mantenere la letalità del virus molto più bassa della gran parte dei Paesi europei, tanto da costituire un modello invidiato altrove. Però già nel mese di giugno, sollevato lo stato di allerta, erano esplosi alcuni focolai d’infezione soprattutto attorno alla città di Lisbona che facevano registrare i peggiori tassi in Europa di nuovi contagi per 100.000 abitanti, obbligando il Governo a decretare un confinamento parziale su 19 distretti dell’area metropolitana della capitale. Finalmente, dopo un mese, la situazione ha consentito di annullare le misure di confinamento. Rispetto alla fine di aprile, all’inizio di agosto i casi confermati sono più che raddoppiati e i decessi sono passati da un migliaio a oltre 1.700. Ma il tasso di contagio del virus è adesso inferiore a 1 e il tasso di mortalità è di 16 persone su 100.000 abitanti, uno dei più bassi d’Europa.
Un controllo del virus reso possibile anche grazie alla buona politica che sembra ispirare in Portogallo il confronto tra Governo e opposizione, differentemente da quanto non accade al vicino spagnolo. Secondo un’indagine del CESOP – Universidade Católica Portuguesa – per la radiotelevisione pubblica RTP e il quotidiano Público, condotta nel giugno 2020 con quasi 1.500 interviste, l’87% degli intervistati considera positivamente l’attuazione del Presidente della Repubblica de Sousa e il 66% avalla la gestione del Governo nel controllo dell’epidemia.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di settembre/ottobre di eastwest.
Alcuni Governi di Paesi europei sono stati colti dalla pandemia da Covid-19 all’inizio della loro legislatura, cambiandone priorità e programmi. È avvenuto così nella penisola iberica, per entrambi i Paesi che la compongono: in Spagna, il Governo di coalizione progressista guidato da Pedro Sánchez aveva appena fatto a tempo a costituirsi che già doveva dichiarare lo Stato di allarme; mentre in Portogallo, il neo-Governo del socialista António Costa nato alla fine del 2019, successivamente alle elezioni politiche del 6 ottobre, era da poco riuscito a far approvare dal Parlamento la finanziaria per il 2020, che prevedeva una crescita del Pil portoghese per quest’anno dell’1,9%.
Il sostegno dell’Ue
I dati, invece, per il secondo trimestre del 2020, indicano una caduta del Pil del 14,1% (del 16,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Costa non ha negato la durezza della crisi, convinto che ci vorranno almeno due anni per recuperare il livello antecedente l’emergenza sanitaria; tanto più che la Spagna, che è il principale cliente del Portogallo, manifesta un decremento del Pil ancora superiore per il secondo trimestre e pari al 18,5%. Perciò il presidente del Governo portoghese si è battuto senza tentennamenti nell’alleanza dei Paesi del Sud Europa assieme a Spagna e Italia per rivendicare una politica dell’Unione europea di sostegno alle economie degli Stati membri più colpite dalla crisi sanitaria.
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