Un dato negativo per Macron quanto per la classe dirigente francese nel suo complesso. E i risultati ci mostrano un quadro poco chiaro
La Francia ha votato per le autonomie locali e due elettori su tre non hanno partecipato al voto. Il dato che colpisce delle elezioni regionali e dipartimentali francesi è innegabilmente questo. È vero che le autonomie nel Paese centralizzatore per eccellenza non contano molto, ma il 66% di astensioni è un dato davvero molto alto. Non un buon segnale per Macron, non un buon segnale per la fiducia della classe dirigente nel suo complesso. Non è un caso che l’edizione online di Le Monde stamani apra proprio sul distacco tra società e politica: “Non ci sono volontari né rappresentanti di lista” e a Marsiglia mancavano anche gli scrutatori. Il dato sull’affluenza è dieci punti più basso del record negativo del 2010.
I risultati
A dire il vero, neppure i francesi che hanno deciso di prendere il tempo di andare alle urne hanno dato indicazioni chiarissime. La mappa elettorale è complicata da alleanze non omogenee, forza dei Presidenti uscenti e di un quadro politico molto cambiato rispetto alle precedenti tornate elettorali, quando ad esempio non esisteva La Republique En Marche del Presidente Macron. Con un terzo circa dei voti espressi, i vincitori del voto locale sono innegabilmente i repubblicani, un elettorato più tradizionale e anziano e magari più propenso a votare alle elezioni locali. Nemmeno la sinistra nelle sue varie articolazioni va male, nel senso che si conferma in testa nelle cinque regioni in cui governava e potrebbe avere chance in altre due, mentre i sondaggi prevedevano quasi ovunque sorpassi da parte dei candidati di centrodestra dei Republicains o di Rassemblement National.
Gli sconfitti della partita sono invece Marine Le Pen ed Emmanuel Macron, i due che hanno cercato un voto nazionale e non locale. La lista della maggioranza presidenziale spesso non raggiunge la soglia del 10% che consente ai candidati di presentarsi anche al secondo turno. Il Rassemblement National (RN) arriva primo in Provenza-Alpi-Costa azzurra (PACA) ma con meno voti del previsto, mentre a livello nazionale è molto sotto a quanto rilevato nei sondaggi delle ultime settimane – nei sogni più rosei e nelle rilevazioni Le Pen arrivava in testa in sei regioni. Vincere a sud sarebbe molto importante per l’estrema destra per due ragioni: accelererebbe il processo di normalizzazione degli eredi del Front National e darebbe a quel partito un posto di potere vero, dal quale gestire risorse e mostrare di saper governare qualcosa di più che non una città di medie dimensioni. Certo è che la bassa affluenza ha penalizzato l’estrema destra, che aveva cercato di rendere la campagna nazionale mettendo la faccia di Le Pen su tutti i manifesti. Come e quanto questo risultato al di sotto delle aspettative sia un termometro efficace di quanto capiterà tra un anno alle presidenziali è davvero difficile da dire.
A questo punto è cruciale il secondo turno e nulla appare scontato. Come mai? Abbiamo già visto che possono rimanere in lizza tutti i candidati che hanno superato quota 10%. Ma spesso capita che chi non è competitivo si ritiri per favorire la vittoria della figura politicamente più vicina. Ma in un quadro politico che somiglia a una maionese impazzita nulla è scontato. Queste elezioni locali segnalano infatti che i partiti tradizionali non sono morti e che le forze nuove o in crescita non sono granché in grado di mobilitare l’elettorato.
Un quadro politico poco chiaro
Vediamo qualche esempio di quanto capiterà al secondo turno partendo dal più importante, quello del potenziale fronte repubblicano contro il candidato di RN, Thierry Mariani (36,3%). Qui la sinistra dovrebbe togliersi di torno per favorire la rimonta del candidato repubblicano Muselier (31.9%). Problema: il candidato della coalizione rossoverde Felizia (16,9%) sembra intenzionato a non ritirarsi contro il parere dei partiti che lo hanno sostenuto – e che hanno annunciato che non lo sosterranno.
Nella regione del Centro-Valle della Loira socialisti (giunti in testa) e sinistra rosso-verde si uniranno. La regione è importante anche per un altro aspetto: si tratta del miglior risultato di un candidato macronista che probabilmente si ritirerà per sostenere il repubblicano. Una scelta tutto sommato scontata che rende debole la prospettiva di LREM di divenire il polo liberale e di centro capace di drenare consensi moderati ai repubblicani.
I risultati di ieri consegnano un quadro poco chiaro: la scarsa affluenza non ci dice se l’elettorato arrabbiato sia o meno pronto a tornare alle urne per votare Le Pen. Per certo, offre speranze ai socialisti e soprattutto ai tre repubblicani che vorrebbero divenire il candidato di centro-destra: Xavier Bertrand nella regione settentrionale di Hauts-de-France, Valérie Pécresse nell’Ile de France e Laurent Wauquiez che ha ottenuto il 45% in Auvergne-Rhône-Alpes. Chi sembra nei guai è il Presidente Macron, il cui partito è passato dal 28% del 2017, al 22% delle europee del 2019 fino a superare il 10% in 8 regioni su 13 ieri. Il capitale politico del giovane Ministro dell’Economia di Hollande è evaporato in fretta. Eppure il quadro politico francese è talmente instabile che usare il voto di ieri per fare previsioni sarebbe un errore.
A dire il vero, neppure i francesi che hanno deciso di prendere il tempo di andare alle urne hanno dato indicazioni chiarissime. La mappa elettorale è complicata da alleanze non omogenee, forza dei Presidenti uscenti e di un quadro politico molto cambiato rispetto alle precedenti tornate elettorali, quando ad esempio non esisteva La Republique En Marche del Presidente Macron. Con un terzo circa dei voti espressi, i vincitori del voto locale sono innegabilmente i repubblicani, un elettorato più tradizionale e anziano e magari più propenso a votare alle elezioni locali. Nemmeno la sinistra nelle sue varie articolazioni va male, nel senso che si conferma in testa nelle cinque regioni in cui governava e potrebbe avere chance in altre due, mentre i sondaggi prevedevano quasi ovunque sorpassi da parte dei candidati di centrodestra dei Republicains o di Rassemblement National.