“Non ho mai visto una tale influenza geopolitica sui cavi sottomarini negli oltre 40 anni in cui sono stato coinvolto nel business. È senza precedenti”, ha dichiarato un consulente in cavi sottomarini di Sydney.
Al momento in cui il governo degli Stati Uniti ha iniziato la sua offensiva contro Hmn Tech (il colosso cinese dei cavi sottomarini), SubCom aveva già richiesto con successo prestiti a una istituzione federale come la Export-Import Bank of the United States per sostenere la sua offerta. Si è inoltre assicurata di avere l’appoggio del Dipartimento del Commercio, che ha rapidamente mobilitato le ambasciate Usa in tutto il mondo. Secondo persone coinvolte, gli ambasciatori Usa hanno scritto lettere agli operatori di telecomunicazioni locali partecipanti all’accordo. Tra questi Paesi ci sono sicuramente Singapore, Bangladesh e Sri Lanka. Una di queste lettere, vista da Reuters, afferma che la scelta di SubCom è “un’importante opportunità per rafforzare la cooperazione commerciale e di sicurezza con gli Stati Uniti”.
A parte, ambasciatori e diplomatici hanno poi incontrato dirigenti di società di telecomunicazioni straniere in almeno 5 paesi. Il loro avvertimento: Hmn Tech potrebbe essere soggetta a sanzioni Usa nel prossimo futuro. Un alto dirigente asiatico delle telecomunicazioni ha ricordato un incontro di metà 2020 con un importante diplomatico statunitense e un addetto Usa al commercio digitale. I due funzionari gli hanno spiegato come le sanzioni contro Hmn Tech avrebbero reso il cavo inutile, fornendogli anche un foglio di calcolo stampato con un’analisi economica che lo dimostrava. “Hanno detto che saremmo andati in bancarotta. È stato un argomento convincente”, ha detto il dirigente a Reuters.
Le mosse cinesi
Anche i cinesi, in realtà, hanno provato a muoversi. Altri due dirigenti delle telecomunicazioni asiatiche nel consorzio hanno detto a Reuters di aver incontrato diplomatici cinesi e statunitensi, che li hanno esortati a sostenere rispettivamente Hmn Tech e SubCom. Ma evidentemente la minaccia Usa era più forte, e entro la fine del 2020 diversi membri del consorzio hanno detto ai loro partner che stavano ripensando alla scelta di Hmn Tech come fornitore, proprio per paura delle sanzioni. Tra di esse la Bangladesh Submarine Cable Company Limited, la indiana Bharti Airtel in India, la Sri Lanka Telecom, la francese Orange e Telecom Egypt.
Nel febbraio 2021, con i partner del consorzio ormai ai ferri corti, il gruppo ha dato sia a SubCom che a Hmn Tech la possibilità di presentare una “offerta migliore e definitiva”. SubCom ha abbassato la sua offerta a quasi 600 milioni di dollari, e Hmn Tech si è offerta di costruire il cavo per soli 475 milioni di dollari. Diversi membri del consorzio hanno sostenuto che, tenendo conto del rischio di sanzioni nelle offerte, SubCom offriva un accordo migliore. Tra di essi Microsoft, Singapore Telecommunications Limited (Singtel) e Orange. Le tre società cinesi di proprietà statale si sono invece dette fortemente in disaccordo. In una tesa videochiamata a fine 2021, un dirigente di Singtel, presidente del comitato via cavo, ha esortato le società a votare una decisione finale prima che l’intero accordo fallisse. China Telecom e China Mobile hanno allora minacciato di abbandonare il progetto, portando via con sé decine di milioni di dollari di investimenti. Ma la maggioranza del consorzio ha scelto comunque SubCom. Al posto delle due aziende statali cinesi che se ne sono andate si sono uniti due nuovi investitori: Telekom Malaysia Berhad e PT Telekomunikasi Indonesia International (Telin). Inoltre secondo le stesse fonti, alcuni dei membri originali hanno aumentato la loro quota, per colmare il deficit che si era creato.
Strategie Usa
Oltre alla campagna di successo per escludere Hmn Tech dal cavo Singapore-Francia, c’è stato un secondo caso in cui per lasciar fuori i cinesi da un progetto, la Casa Bianca si è coordinata con i team dei dipartimenti di Stato e del Commercio Usa e l’Ufficio del Rappresentante per il Commercio Usa, che è il membro dell’ufficio esecutivo del Presidente, incaricato di consigliare e agire per conto del Presidente sulle questioni di commercio internazionale. Questa volta, stando a due testimonianze, si trattava di un cavo per collegare le tre nazioni insulari del Pacifico di Nauru, Stati Federati di Micronesia e Kiribati. Stati Uniti, Australia e Giappone hanno infatti annunciato nel dicembre 2021 che avrebbero finanziato congiuntamente un cavo su questa tratta, noto come East Micronesia Cable.
Interpellato da Reuters, il consulente in cavi sottomarini con sede a Sydney Paul McCann commentò che un tale scenario rischiava di mettere in crisi una industria che invece si era sempre basata sulla più ampia collaborazione tra le parti possibile. “Non ho mai visto una tale influenza geopolitica sui cavi sottomarini negli oltre 40 anni in cui sono stato coinvolto nel business. È senza precedenti”. Una situazione innescata dal Team Telecom: nome informale del comitato inter-agenzia istituito tramite un ordine esecutivo firmato da Trump nell’aprile 2020, con l’obiettivo di salvaguardare le reti di telecomunicazioni Usa da spie e attacchi informatici. Team Telecom è gestito dalla Divisione di Sicurezza Nazionale del Dipartimento di Giustizia (Doj), al cui vertice nel maggio 2021 Biden ha nominato il viceprocuratore generale Matthew Olsen. Personaggio con una lunga esperienza nel campo dell’intelligence, essendo già stato dal 2011 al 2014 direttore del Centro nazionale antiterrorismo sotto Barack Obama, e prima ancora consigliere generale della National Security Agency, il centro nevralgico dello spionaggio Usa.
Evitare Hong Kong
Mentre il Dipartimento di Stato e i suoi partner hanno operato per impedire alla Cina di ottenere nuovi contratti sottomarini in luoghi considerati di interesse strategico, Team Telecom si è concentrata a impedire a qualsiasi cavo di collegare direttamente il territorio Usa con la Cina continentale o Hong Kong, per paura dello spionaggio cinese. A tal fine, il Team formula raccomandazioni sulle licenze via cavo all’autorità di regolamentazione delle telecomunicazioni Usa, la Federal Communications Commission (Fcc). Dal 2020, è stato così determinante nella cancellazione di 4 cavi che avrebbero collegato Usa e Hong Kong, secondo quanto detto a Reuters in un’intervista da Devin DeBacker: funzionario del Dipartimento di Giustizia e membro senior del Team Telecom. Hong Kong “fornisce un punto di accesso fisico in quello che è effettivamente territorio cinese”, ha spiegato DeBacker. “Il modo in cui la Cina ha eroso l’autonomia di Hong Kong ha consentito al governo cinese di avervi un percorso diretto e di accesso completo, che di fatto è una piattaforma di raccolta dei dati e delle comunicazioni dei cittadini statunitensi”.
Questa decisione di Washington di far saltare qualsiasi capolinea a Hong Kong per i quattro accordi di cavi sottomarini previsti non è stata senza conseguenze per le Major del settore come Google, Meta o Amazon. Negli ultimi 10 anni, erano stati appunto questi titani della tecnologia i maggiori investitori in nuovi cavi per cercare di collegare una rete di data center negli Usa e in Asia, per sostenere le loro attività di cloud computing in rapida crescita.
Il primo di questi progetti è il Pacific Light Cable Network. Di proprietà di Google e Meta, ora trasmetterà solo dati da Usa a Taiwan e alle Filippine, dopo che il Team Telecom ha raccomandato alla Fcc di respingere la tappa di Hong Kong. Secondo la testimonianza di due persone che ci avevano lavorato, una sezione di cavo lunga centinaia di km che avrebbe dovuto portare a Hong Kong, giace oggi abbandonata sul fondo dell’oceano. In un appello infruttuoso alla Fcc, Google e Meta avevano provato a spiegare che l’argomentazione del Team Telecom secondo cui la Cina potrebbe intercettare i dati sul cavo era “non supportata e speculativa” e che la sua decisione andava considerata “un referendum sulla Cina, piuttosto che l’affermazione di qualsiasi reale preoccupazione specifica”. Ciò risulta in un documento presentato dalle società il 20 agosto 2020, e disponibile sul sito Web della Fcc.
Il ruolo di Amazon, Meta e China Mobile
Un secondo progetto è il sistema via cavo Bay to Bay Express, sviluppato in origine da Amazon, Meta e China Mobile, e che non funzionerà come previsto da Singapore a Hong Kong e alla California. Nell’ambito di un accordo raggiunto tra Amazon, Meta e Team Telecom, China Mobile ha lasciato il consorzio e il cavo è stato rinominato Cap-1, con una nuova rotta da Grover Beach, California, alle Filippine. Secondo gli addetti il cavo era già stato posato quasi interamente lungo il percorso originale, e la sezione verso Hong Kong ora giace inutilizzata nelle profondità.
Secondo Reuters, ci sono prove che la campagna Usa avrebbe rallentato il colosso cinese dei cavi sottomarini. Hmn Tech aveva infatti fornito il 18% dei cavi sottomarini messi in linea negli ultimi 4 anni, ma secondo TeleGeography l’azienda cinese sarebbe ormai scesa a solo il 7% dei cavi attualmente in fase di sviluppo in tutto il mondo: cifre che si basano sulla lunghezza totale del cavo posato, non sul numero di progetti.
Ovviamente, la cosa non è stata senza conseguenze. Secondo due consulenti della materia con conoscenza diretta del progetto, la Cina avrebbe creato un ostacolo su un cavo in cui Meta è investitore proprio con una manovra “occhio per occhio”. Quel cavo, noto come Southeast Asia-Japan 2 cable, avrebbe dovuto andare da Singapore attraverso il Sud-Est asiatico e toccare Hong Kong e la Cina continentale prima di proseguire verso la Corea del Sud e il Giappone. La Cina ha però ritardato la concessione della licenza per il passaggio del cavo attraverso il Mar Cinese Meridionale, citando preoccupazioni sulla possibilità che la giapponese Nec, produttrice del cavo, inserisse nella linea apparecchiature spia.
Negli ultimi anni, il governo degli Stati Uniti ha anche impedito alle aziende americane di utilizzare apparecchiature di telecomunicazione di aziende cinesi che Washington considerava una minaccia alla sicurezza nazionale, e ha vietato a diverse società di telecomunicazioni statali cinesi di operare nel territorio Usa. Tra questi c’è la stessa China Telecom, che in precedenza aveva ottenuto l’autorizzazione a fornire servizi negli Usa. La Fcc ha revocato tale autorizzazione nel 2021, affermando che la filiale Usa di China Telecom “è soggetta a sfruttamento, influenza e controllo da parte del governo cinese”. L’agenzia ha citato esempi di società che utilizzano il proprio accesso alle reti statunitensi per reindirizzare erroneamente il traffico internazionale ai server cinesi, e China Telecom non è riuscita a convincere un tribunale statunitense a revocare tale decisione. Nel 2022 l’ambasciata cinese a Washington ha affermato che la Fcc ha “abusato del potere statale e attaccato maliziosamente gli operatori di telecomunicazioni cinesi” senza alcuna base fattuale. DeBacker, del Team Telecom, ha affermato che la Cina utilizza tattiche simili sui cavi sottomarini, pur senza volerne dare esempi specifici. “Il rischio è reale”, ha detto DeBacker. “Si è materializzato in passato e ciò che stiamo cercando di fare è impedire che si materializzi in futuro”.
La paura dei sabotaggi
Non sono solo gli Usa a preoccuparsi, peraltro. A inizio dello scorso dicembre le marine di Regno Unito, Estonia e Finlandia hanno tenuto un’esercitazione congiunta nel Mar Baltico, il loro obiettivo non era quello di affinare le capacità di combattimento. Invece, le forze si stavano addestrando per proteggere da possibili sabotaggi non solo dei gasdotti sottomarini, ma anche dei cavi per Internet. A ottobre quelli della regione erano stati infatti danneggiati, e il presidente finlandese Sauli Niinisto si era polemicamente chiesto se la nave cinese accusata del danno avesse trascinato l’ancora sul fondo “intenzionalmente o a causa di una pessima abilità marinara”.
Nel riferirne, The Economist ha ricordato come “i tubi dati sottomarini trasportano quasi il 99% del traffico Internet intercontinentale”. TeleGeography, una società di ricerca, stima che ci siano 550 cavi sottomarini attivi o pianificati che attualmente si estendono per oltre 1,4 milioni di chilometri. Ogni cavo, che in genere è un fascio di 12-16 fili di fibra ottica e largo quanto un tubo da giardino, corre lungo il fondale marino a una profondità media di 3.600 metri. Quasi la metà è stata aggiunta negli ultimi dieci anni. Quelli più recenti sono in grado di trasferire 250 terabit di dati al secondo. I dati possono essere archiviati nel cloud, ma scorrono sotto l’oceano. Sempre TeleGeography stima che dal 2019 la domanda di larghezza di banda Internet internazionale è triplicata, arrivando a oltre 3.800 terabit al secondo. Il boom dell’intelligenza artificiale affamata di dati potrebbe rafforzare questa tendenza. Synergy Research Group, una società di dati, prevede un aumento di quasi tre volte della capacità dei data center dei grandi fornitori di servizi cloud nei prossimi sei anni. Per connettere questi data center a Internet, tra il 2020 e il 2025 l’industria dei cavi dati installerà 440.000 km di nuove linee sottomarine.
I cavi supportati dalle Big Tech rappresentano quasi un quinto dei 12$ mld di investimenti pianificati in nuovi sistemi nei prossimi 4 anni. Amazon e Microsoft possiedono rispettivamente una e quattro reti. Meta possiede un sistema di cavi ed è investitore in altri 14. Google è il più aggressivo: possiede direttamente 12 dei suoi 26 cavi. Quest’anno ha completato Firmina: un progetto da 360$ mln che si estende per oltre 14.000 km dalla costa orientale del Nord America attraverso il Brasile fino all’Argentina.
Al momento in cui il governo degli Stati Uniti ha iniziato la sua offensiva contro Hmn Tech (il colosso cinese dei cavi sottomarini), SubCom aveva già richiesto con successo prestiti a una istituzione federale come la Export-Import Bank of the United States per sostenere la sua offerta. Si è inoltre assicurata di avere l’appoggio del Dipartimento del Commercio, che ha rapidamente mobilitato le ambasciate Usa in tutto il mondo. Secondo persone coinvolte, gli ambasciatori Usa hanno scritto lettere agli operatori di telecomunicazioni locali partecipanti all’accordo. Tra questi Paesi ci sono sicuramente Singapore, Bangladesh e Sri Lanka. Una di queste lettere, vista da Reuters, afferma che la scelta di SubCom è “un’importante opportunità per rafforzare la cooperazione commerciale e di sicurezza con gli Stati Uniti”.
A parte, ambasciatori e diplomatici hanno poi incontrato dirigenti di società di telecomunicazioni straniere in almeno 5 paesi. Il loro avvertimento: Hmn Tech potrebbe essere soggetta a sanzioni Usa nel prossimo futuro. Un alto dirigente asiatico delle telecomunicazioni ha ricordato un incontro di metà 2020 con un importante diplomatico statunitense e un addetto Usa al commercio digitale. I due funzionari gli hanno spiegato come le sanzioni contro Hmn Tech avrebbero reso il cavo inutile, fornendogli anche un foglio di calcolo stampato con un’analisi economica che lo dimostrava. “Hanno detto che saremmo andati in bancarotta. È stato un argomento convincente”, ha detto il dirigente a Reuters.