Il voto svedese ci dà qualche speranza sulla resistenza europea, mentre quello su Orban prefigura le alleanze in vista delle elezioni di maggio
La resistenza svedese
Alla fine la temuta vittoria dell’ultra destra non c’è stata. In Svezia, le elezioni che dovevano segnare il tracollo dei social democratici hanno riservato meno sorprese del previsto. Il partito anti-immigrati degli Svedesi Democratici raggiunge il 17,6%, è stato votato da uno svedese su sei, ma non arriva a quel 25% che molti sondaggi lasciavano prevedere.
I socialdemocratici, in forte calo rispetto alle ultime consultazioni, ottengono il 28,4 e, nonostante la perdita di 12 seggi, rimangono comunque il primo partito di Svezia. I Moderati si attestano intorno al 19,8% e sono la seconda forza, mentre avanzano i partiti minori: gli ex comunisti ottengono il 7,9%, il partito di Centro e i Cristiano Democratici rispettivamente l’8,6 e il 6,4%. Come è già successo di recente in Belgio, Spagna, Germania e Italia, anche per la Svezia si apre una lunga fase di trattative.
Il Primo ministro Stefano Lofven, che non si è dimesso dopo la batosta elettorale, invita gli altri partiti alla responsabilità per formare un governo forte in grado di arginare gli estremismi. La politica svedese è abituata ai governi di minoranza ma l’esito della negoziazione è abbastanza imprevedibile al momento: da una parte c’è il Partito della sinistra, i Verdi e i Socialdemocratici, dall’altra l’Alleanza di centrodestra con il Partito di centro, i Liberali, i Democratici cristiani e i Moderati. Tutti gli occhi, sono puntati sui Democratici svedesi, che potrebbero fare la differenza, anche se più o meno tutti nella coalizione conservatrice hanno escluso prima delle elezioni un’alleanza con l’ultra destra. La strada che la Svezia sceglierà sarà importante anche per l’Europa: i fuochi della Swexit e gli slogan contro i migranti hanno tenuto banco anche qui.
Unione Europea – L’Europa contro Orban
Il Parlamento europeo ha approvato il 12 settembre la richiesta di attivazione dell’articolo 7 del Trattato dell’Ue contro l’Ungheria, per avere violato “i valori fondanti dell’Unione europea”, infrangendo diritti fondamentali in materia di migranti, costituzione e libertà civili. Il testo è stato approvato con 448 voti a favore, 197 contrari e 48 astenuti.
Il Trattato di Lisbona prevede due diverse procedure: la prima è una misura preventiva (articolo 7.1) che prevede un avvertimento formale per gli Stati che violino i princìpi fondamentali dell’Ue, la seconda (articolo 7.2) è per le sanzioni, se la violazione è già avvenuta. Per l’attivazione delle sanzioni previste dall’articolo 7.2, che coinvolgono tra le altre cose la revoca del diritto di voto del paese membro, il voto deve essere espresso all’unanimità.
Nel caso dell’Ungheria il Parlamento ha votato per l’attivazione dell’articolo 7.1. che richiede la maggioranza dei 2/3. Adesso la palla passerà al consiglio europeo.
Una situazione simile non si era mai presentata, il che la dice lunga su dove sia arrivata l’Europa e sullo scontro tra forze liberali e illiberali.
Le prossime elezioni politiche europee saranno fondamentali per definire l’idea stessa di Europa, a partire dalla sua cornice politico-istituzionale, e il voto al Parlamento europeo lascia già intuire quali saranno le alleanze in campo, che rischiano anche di spaccare tradizionali famiglie politiche, come i popolari, di cui fa parte Orban ma non Salvini… (a proposito, sarà interessante vedere come voterá il Governo italiano in Consiglio, visto il voto opposto di Lega, al fianco di Orban, e 5 Stelle…).
Seguiremo gli sviluppi.
@GiuScognamiglio
Il voto svedese ci dà qualche speranza sulla resistenza europea, mentre quello su Orban prefigura le alleanze in vista delle elezioni di maggio
Alla fine la temuta vittoria dell’ultra destra non c’è stata. In Svezia, le elezioni che dovevano segnare il tracollo dei social democratici hanno riservato meno sorprese del previsto. Il partito anti-immigrati degli Svedesi Democratici raggiunge il 17,6%, è stato votato da uno svedese su sei, ma non arriva a quel 25% che molti sondaggi lasciavano prevedere.