Le manifestazioni di piazza sarebbero costate la vita a circa trenta persone
Agli iraniani scesi in piazza in numerose città di tutta la nazione per protesta contro l’aumento del prezzo della benzina — un sostanziale raddoppio e l’acquisto razionato — si sono aggiunti gruppi di manifestanti critici verso le politiche del Governo. Un clima potenzialmente esplosivo per la Repubblica Islamica, che vive una delle peggiori crisi economiche dalla Rivoluzione del 1979, in pieno scontro con le nazioni vicine e in difficoltà nella stabilizzazione delle relazioni con la comunità internazionale.
Non è semplice realizzare un quadro ben definito della situazione: con le reti internet bloccate, le informazioni a disposizione arrivano principalmente attraverso i canali governativi ufficiali. Il Presidente della Repubblica Islamica, Hassan Rouhani, nel corso di una riunione con membri del suo esecutivo ha detto che “il Governo riconosce ai cittadini il diritto di esprimere il proprio dissenso” contro la decisione di aumentare il prezzo della benzina, ma che “non verrà tollerata la diffusione della violenza” nella società. Per Rouhani, la scelta sui prezzi del combustibile è stata presa seguendo la legge e “appoggiata dagli organi legislativo, esecutivo e giudiziario dello Stato”.
Il leader della Rivoluzione Islamica, l’Ayatollah Ali Khamenei, appoggia la decisione del Governo: specificando di “non essere un esperto sulla questione”, la Guida Suprema ha affermato che supporterà “ogni decisione presa dai capi dei tre rami istituzionali”, in linea con le parole del Presidente Rouhani. Khamenei ha aggiunto che le manifestazioni sono state incoraggiate “da tutti i centri del male nel mondo. Dalla sinistra dinastia Pahlavi alla gang criminale dei Monafeqin, questi incoraggiano costantemente al vandalismo, via internet e tramite altri mezzi”.
Secondo le informazioni in possesso di eastwest, i manifestanti nella città di Teheran si danno appuntamento al calar del sole per non fronteggiare la polizia e le Guardie della Rivoluzione in pieno giorno, quando sono superiori i rischi nell’essere identificati. Alcune testimonianze parlano di Basij (gruppo paramilitare, facente capo ai Pasdaran) essersi resi colpevoli di violenze sommarie con i manganelli e distruzione delle auto che transitavano in prossimità delle manifestazioni.
@melonimatteo