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L’arsenale nucleare russo e mondiale, spiegato


Putin non ha mai esplicitamente accennato alla possibilità dell’utilizzo di armi nucleari. Ma in una guerra, limitata o globale, la possibilità di giungere alle massime conseguenze deve essere messa in conto. Quale è lo stato attuale degli arsenali nucleari russi e mondiali?

La Russia è pronta a usare le proprie armi nucleari? E quale è lo stato attuale dell’arsenale nucleare nel mondo?

Chiariamo che Putin non ha mai esplicitamente accennato alla possibilità dell’utilizzo di armi nucleari. Questo, naturalmente, fa parte di un piano ben preciso: evocare esplicitamente l’utilizzo del nucleare in un momento simile rischierebbe di inimicarsi apertamente anche Paesi potenzialmente alleati o neutrali come la Cina o l’India. Le frasi che hanno indotto gli analisti a pensare che Putin possa autorizzare il lancio di ordigni nucleari - e non solo in Ucraina - sono state pronunciate in due suoi discorsi.

Il 27 febbraio, durante un incontro con il Ministro della Difesa russo Sergey Shoygu e il Comandante in capo delle forze armate, il Generale Valery Gerasimov, il leader russo, dopo aver affermato l’illegittimità delle sanzioni imposte dai Paesi occidentali, ha affermato che “gli alti ufficiali dei principali Paesi Nato si sono permessi di fare dichiarazioni aggressive nei confronti del nostro Paese. Questo è il motivo per cui ordino al Ministro della Difesa e al capo di Stato maggiore di porre le forze di deterrenza russe in stato di massima allerta”. Queste parole, unite a posteriori (è importante sottolineare anche la cronologia delle dichiarazioni) a quelle pronunciate il 24 febbraio in cui Putin ammoniva che ogni Paese che avrebbe ostacolato i piani di Mosca in Ucraina avrebbe “subito conseguenze mai viste nella loro storia”, hanno condotto alla conclusione che la Russia non avrebbe escluso l’utilizzo di armi nucleari.

“Non aver escluso” non è la stessa cosa di “avere intenzione”: possono apparire dettagli semantici, ma ogni parola nella diplomazia internazionale deve essere soppesata a dovere. Nel primo caso l’utilizzo degli ordigni prevede che a monte vi sia un atto provocatorio che non lascerebbe alcuna altra scelta all’attore se non quella di lanciare bombe nucleari. Nel secondo caso, l’intenzione è palese e non servirebbe a rigore alcuna provocazione che possa indurre l’azione devastante.

Nel giugno 2020 lo stesso Putin ha approvato la revisione di un documento sulla deterrenza nucleare secondo cui Mosca "considera l'uso di armi nucleari solo a scopo di deterrenza”. Naturalmente si potrebbe obiettare che anche le sanzioni sono da considerarsi attacchi deliberati alla sicurezza nazionale russa, ma il documento in questione mette in chiaro i punti su quali siano le condizioni in base alle quali la Russia potrebbe usare le armi nucleari: l’uso o anche la sicurezza di un immediato attacco con armi nucleari contro la Russia e/o suoi alleati; l’attacco diretto al Governo o a postazioni strategiche militari la cui distruzione limiterebbe la capacitò di difesa russa e l’aggressione alla Federazione russa con armi convenzionali che mettano in pericolo la stessa esistenza dello Stato.

Questo, naturalmente, non ci mette al sicuro da nulla. In una guerra, limitata o globale, giusta o sbagliata che sia, la possibilità di giungere alle massime conseguenze deve essere messa in conto. Compreso l’utilizzo di armi (o deterrente, come i capi di Stato preferiscono chiamarli) nucleari.

Le capacità dell’arsenale nucleare russo

Ma quanto colmi sono gli arsenali nucleari russi e mondiali e, soprattutto, in che modo potrebbero lanciare i loro ordigni?

Dopo i colloqui avvenuti tra gli anni Settanta e gli anni Novanta SALT e START (rispettivamente Strategic Arms Limitation Talks e Strategic Arms Reduction Talks) che limitavano prima e riducevano poi le armi strategiche a disposizione di Stati Uniti e Unione sovietica, il totale degli ordigni nucleari posseduti dai Paesi nel mondo è progressivamente diminuito passando da circa 70.000 del 1986 ai 13.000 attuali. Al tempo stesso, però, la potenza distruttiva totale è andata aumentando per via dei progressi tecnologici nel concentrare molta energia nel minimo spazio.

Al termine della lunga serie di colloqui START I, entrati in vigore il 5 dicembre 1994, Stati Uniti ed ex Unione sovietica si impegnavano a limitare ad un massimo di 1.600 il numero totale di missili balistici intercontinentali (ICBM), sottomarini (SLBM) e bombardieri capaci di trasportare ordigni nucleari, ad un massimo di 6.000 il numero di testate pronte all’uso.

Gli accordi START valgono però solo per Stati Uniti e Russia, che assieme possiedono il 90% delle armi nucleari mondiali. Non dobbiamo dimenticare che nel pianeta vi sono altre sette nazioni che possiedono, ufficialmente o meno, un potenziale nucleare: Cina (350 testate), Francia (290 testate), Regno Unito (225 testate), Pakistan (165 testate), India (160 testate), Israele (90 testate) e Corea del Nord (20-45 testate).

Dato che gli Stati Uniti dispongono di 5.428 testate e la Russia di 5.977, il totale approssimativo delle bombe nucleari ad oggi presenti sul nostro pianeta è di circa 12.700. Di queste, 3.220 (1.500 russe e 1.720 statunitensi) sono in attesa di essere smantellate, pur essendo ancora utilizzabili, ma, secondo i dati più recenti a disposizione al 2020, Mosca disporrebbe di 310 ICBM con 1.189 testate nucleari, 11 SLBM con 816 testate nucleari e 68 bombardieri con 580 testate nucleari pronte a essere lanciate con breve o brevissimo preavviso.

La crisi economica che ha colpito negli ultimi anni Mosca ha ritardato la sostituzione di bombardieri strategici e la produzione di nuovi e più sofisticati vettori balistici come gli RS-26 Rubezh, o SS-28 e i Sarmat ICBM (SS-29) che, secondo le previsioni delle forze armate, potranno entrare in funzione nel 2023. Sono inoltre stati annullati i programmi di introduzione dei nuovi Barguzin, i missili intercontinentali su rotaia.

I missili ICBM (tutti di tipo SS-18, SS-19, SS-25 dell’era sovietica e i più recenti SS-27) sono sotto il Comando strategico missilistico in tre diversi comparti e 11 divisioni (Barnaul, Dombarovsky, Irkutsk, Kozelsk, Novosibirsk, Nizhny Tagil, Tatishchevo, Teykovo, Uzhur, Vypolsovo, Yoshkar-Ola). Le basi di Kozelsk e di Tatishchevo sono quelle più vicine al confine ucraino, ma trattandosi di missili intercontinentali, la posizione geografica in questo caso è ininfluente. I 46 missili SS-18, ormai antiquati, di stanza nelle basi di Dombarovsky e Uzhur dovranno essere rimpiazzati nel 2023 dai nuovi Sarmat, mentre gli SS-25 su lanciatori mobili, un tempo vanto delle forze armate russe, stanno per andare in pensione, sostituiti dai più versatili e moderni SS-27, prodotti in due versioni. La prima, conosciuta anche come Topol-M, è un missile a singola testata che può essere lanciato sia da postazione fissa che mobile. La seconda versione, la Yars o anche RS-24, può trasportare sino a 4 testate multiple indipendenti (le cosiddette MIRV) che possono colpire diversi obiettivi contemporaneamente. Le basi di Irkutsk, Kozelsk, Barnaul, Novosibirsk, Nizhny Tagil, e Yoshkar-Ola ospitano in totale 155 Yars SS-27.

La potenza nucleare sottomarina russa

La Marina militare è una seconda importante incubatrice della potenza nucleare russa.

Nel mese di febbraio sono entrati nel Mar Nero almeno sei navi da guerra e un sottomarino. Nonostante le richieste di Zelensky la Turchia non ha ancora chiuso lo stretto dei Dardanelli anche se sabato 26 febbraio, il Ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha affermato che l’invasione russa in Ucraina “si è trasformata in una guerra” e che “la Turchia implementerà la Convenzione di Montreux in modo trasparente”. L’accordo citato da Cavusoglu, firmato nel 1936 nella cittadina svizzera, sancisce che in caso di una guerra che ponga in pericolo gli interessi turchi, Ankara ha il diritto di porre condizioni sul passaggio di navi straniere nello stretto, sino a vietarne il transito. L’unica eccezione è che le navi che appartengono ai Paesi che si affacciano sul Mar Nero, belligeranti o no, possono navigare attraverso lo stretto per far ritorno alle loro basi d’origine. Un mezzo marino registrato in un porto russo sulla costa del Mar Nero e che si trovasse al di fuori di esso, ha quindi il diritto di passare i Dardanelli per far rientro alla sua base restandoci però fino al termine della guerra.

Lo stesso diritto si applica per quelle navi che hanno basi d’origine al di fuori del Mar Nero, ma che all’atto dello scoppio del conflitto si trovassero nelle acque interne; in tal caso le navi russe di stanza nel Mar Baltico o nel Pacifico possono attraversare senza problemi lo stretto.

La Marina militare russa, divisa in 4 flotte (Settentrionale, Baltico, Pacifico e Mar Nero e Caspio) ha in totale 11 sottomarini SSBN a propulsione nucleare capaci di trasportare ciascuno 16 SLBM i quali, a loro volta, possono portare diversi MIRV. La combinazione totale porta a un potenziale di circa 816 testate nucleari, ma attualmente si stima che il numero di testate presenti sia di 624.

Leggi anche "Ucraina, l’Europa ce la farà senza il gas russo?".

Il cuore della potenza nucleare sottomarina russa è concentrato su sei sottomarini Delta IV di terza generazione, costruiti tra il 1985 e il 1992, dislocati nel porto di Yagelnaya, nella penisola di Kola, dove ha sede la Flotta settentrionale russa. Ognuno dei SSBN Delta IV trasporta 16 SLBM SS-M-13 (i Sinevas) ciascuno dotato di 4 testate nucleari. Nella flotta del Pacifico, che ha la propria stanza nella penisola della Kamchatka, vi è un solo sottomarino Delta III (il K-44) con 16 SLBM SS-N-18 dotati ciascuno di tre testate.

I sottomarini nucleari più moderni russi appartengono alla classe Borei equipaggiati con 16 SLBM SS-N-32 ciascuno con 6 testate: dei quattro attualmente in funzione, due sono a Yagelnaya e due in Kamchatka, ma altri 10 sono in fase di costruzione e andranno a sostituire i SSBN Delta III e i Delta IV. Ad oggi, nel Mar Nero non vi sono quindi sottomarini capaci di portare testate nucleari.

La flotta russa del Mar Nero comprende sette sottomarini, tutti a propulsione diesel, di cui uno si stanza a Sebastopoli, in Crimea, e sei a Novorossiysk. Proprio di Novorossiysk era il sottomarino Rostov na Donu, della classe Kilo, che il 12 febbraio è entrato nel Mar Nero passando dai Dardanelli.

Gli ordigni nucleari possono infine essere lanciati da due tipi di bombardieri: il Tu-160 Blackjack e il Tu-95MS Bear-H capaci di lanciare missili AS-15 Kent e i più recenti AS-23B dotati di testate nucleari. I Tu-95 di tipo H6 possono portare sino a 6 missili interni, mentre i Tu-95 di tipo H16 possono portare in totale 16 missili, parte montati internamente alla carlinga e parte posizionati sulle ali. I Blackjack possono invece trasportare sino a 12 missili AS-23B oltre che a 40 tonnellate di carico, ma essendo molto più lenti e vecchi dei Tu-95, sono anche più vulnerabili. Su una stima approssimativa di circa 50-70 bombardieri, la portata massima raggiunta dalle forze aeree russe raggiunge le 800 testate nucleari.

Il programma di sostituzione dei Tu-160 Blackjack, iniziato nel 2015 su ordine di Putin, sta procedendo più lentamente del previsto e i primi 10 esemplari di Tu-160M non verranno introdotti prima del 2027, mentre per i più moderni Tu-160M2 si dovrà aspettare il 2035. Una volta completati, i nuovi bombardieri raggiungeranno un raggio d’azione di circa 1.000 km.

Le bombe nucleari non strategiche a corto raggio

Oltre alle bombe che possono essere utilizzate in tempi brevissimi, la Russia ha circa 40 depositi disseminati nel suo territorio dove custodisce circa 1.900 ordigni che possono essere consegnati a basi militari in caso di bisogno. Sono le cosiddette bombe nucleari non strategiche a corto raggio. Nell’ottica di Putin questi apparati sarebbero stati potenziati al fine di fronteggiare la superiorità militare della Nato e, non ultimo, della Cina.

La metà degli ordini nucleari non strategici, circa 930, sono destinati alla Marina per essere utilizzati su missili da crociera da ogni tipo di mezzo navale. Sono già in attività due sottomarini non SSBN (il Kazan e lo Severodvinsk) capaci però di lanciare missili Kalibr SS-N-30A e SS-N-26 modificati per portare piccole testate nucleari.

Altre 500 bombe nucleari a corto raggio sono a disposizione dell’aeronautica russa. Bombardieri e medio-lungo raggio come il Tu-22 Backfire, il Su-24, il Su-34, il MiG-31K, il Su-57 (quest’ultimo il velivolo più avanzato oggi a disposizione dalle forze aeree russe) potrebbero portare bombe a caduta libera, o a gravità. I Su-24 stanno cedendo il passo ai Su-34, che hanno ormai raggiunto le 130 unità. I Backfire possono trasportare missili da crociera nucleari Kh-22 e i Kh-32. Il MiG-31K Foxhound, può portare un nuovo tipo di missile nucleare, il Kh-47 Kinzhal in grado di un obiettivo alla distanza di 2.000 chilometri.

L’ultimo grande blocco del potenziale nucleare russo appartiene alla linea terrestre. Nel dicembre 2019, secondo quanto affermato dal Ministro della Difesa russo Sergei Shoigu, tutti i reparti di artiglieria delle 12 brigate terrestri (4 nel Distretto militare orientale, 2 nel Distretto militare meridionale, 2 in quello centrale e 4 in quello occidentale) sono stati dotati di 70 batterie SS-26 Iskander a corto raggio capaci ognuna di lanciare due missili a 350 chilometri di distanza.

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