È ricercatore e analista del terrorismo jihadista. È esperto di monitoraggio della propaganda jihadista. Collabora con Jamestown Foundation e Akhbar al-Aan Media Tv.
La minaccia Jihadista nel conflitto ucraino-russo
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Quando nel febbraio 2022 è scoppiato il conflitto tra Ucraina e Russia, in maniera strumentale, come spesso accade, le differenti organizzazioni e gruppi jihadisti hanno esposto le loro opinioni in merito al conflitto, esprimendo pareri differenti e contrastanti, discutendo sulla possibilità e potenzialità di allargare il fronte jihadista al conflitto in corso.
Le discussioni vertevano su quale posizione e schieramento occupare da un punto di visto ideologico, operativo e militare. Se le maggiori organizzazioni jihadiste globali, come al-Qaeda e lo Stato Islamico, hanno vietato la possibilità di schierarsi militarmente sull’uno e sull’altro fronte, chiedendo ai loro combattenti di colpire entrambi gli Stati (o di colpire i russi in altri teatri operativi, come in Africa e in Siria) e sfruttare il conflitto in corso per creare ulteriore caos e cercare di impossessarsi degli armamenti facilmente accessibili, ideologi e funzionari religiosi di Hay’at Tahrir al-Sham (HTS) (Organizzazione per la Liberazione del Levante) e dei gruppi jihadisti composti da combattenti russi, ma anche delle aree ex-sovietiche, che combattono e fanno propaganda in altri teatri operativi, come la Siria, accoglievano il conflitto come un’opportunità per riprendere l’offensiva contro il governo dell’alleato siriano Bashar al-Assad, sfruttando l’oneroso impegno russo in altro teatro operativo, e nella speranza di spostare lo scontro armato nei loro paesi di origine.
Il mondo jihadista ha risposto subito in termini propagandistici allo scoppio del conflitto. Molto attivi sono stati i gruppi jihadisti minori operativi in Siria, composti da combattenti caucasici, tatari, uzbeki, tagiki che da sempre hanno incentrato la loro operatività jihadista principalmente contro la Russia, nelle loro dichiarazioni e propaganda riferivano la volontà di combattere i russi in Ucraina oppure avere l’opportunità di combattere i russi “ovunque essi si trovano”.
Lo scorso ottobre 2022, uno dei più importanti comandanti ceceni, nonché veterano jihadista, Abdul Hakim al-Shishani, leader del gruppo Ajnad al-Kavkaz, (Soldati del Caucaso), operativo dal 2013 in Siria, ha raggiunto il fronte ucraino. Rustam Azhiev, noto come Abdul Hakim al-Shishani, è innanzitutto un veterano delle due guerre cecene. Nel 2009, dopo essere stato gravemente ferito in battaglia dai russi, lasciò la Cecenia e si rifugiò prima in Georgia e poi in Turchia, da dove, verso la fine del 2012, con un gruppo di veterani di guerra ceceni raggiunse la Siria e iniziò a combattere al fianco di ribelli e jihadisti siriani. Nel 2015 fondò Ajnad al-Kavkaz, e continuò ad operare nel governatorato di Latakia. Abdul Hakim al-Shishani ha lasciato la campagna di Latakia con circa 30 dei suoi uomini per combattere i russi, obiettivo primario della leadership del gruppo, ragione che li ha spinti ad andare in Siria a combattere dieci anni fa. Ma le motivazioni sono anche da ricercare nel difficile rapporto con Hay’at Tahrir al-Sham (HTS), l’Organizzazione per la liberazione del Levante, un gruppo jihadista siriano, che li ha limitati e perseguitati in modo da allontanare dal Paese i gruppi jihadisti non allineati alla sua leadership. Sotto la crescente pressione militare di HTS, Abdul Hakim al-Shishani ha raggiunto l’Ucraina lo scorso ottobre, dopo essere passato dalla Turchia, in seguito al coordinamento con la leadership del Battaglione Sheikh Mansur e la leadership del governo ceceno in esilio della Repubblica di Ichkeria.
Il leader dei combattenti ceceni Akhmed Zakayev, che guida il governo ceceno in esilio della Repubblica di Ichkeria e combatte al fianco dell’esercito ucraino, ha nominato Abdul Hakim al-Shishani come suo vice, colonnello del “Battaglione Speciale Separato” e responsabile della supervisione delle forze cecene. Su Youtube è disponibile il video integrale condiviso dallo stesso Zakayev sul suo canale ufficiale, in cui si può vedere il leader jihadista di Ajnad al-Kavkaz seduto al suo fianco.
In questi mesi è circolato numeroso materiale video e fotografico in cui è mostrato Abdul Hakim al-Shishani operativo sui fronti di Bakhmut, nel Kryvyi Rih e nel Dnipropetrovsk, distribuire ai propri uomini armi di produzione americana appena giunte in Ucraina e tenere corsi di addestramento a nuove reclute. In numerosi canali jihadisti Abdul-Hakim al-Shishani è stato definito come l’eroe di Ichkeria, che ha combattuto contro i russi in Siria e che ora li combatte in Ucraina.
Sono circolate inoltre sui canali jihadisti in lingua russa, diverse dichiarazioni del comandante jihadista ceceno che hanno generato un dibattito tra i jihadisti dove si spiega che la guerra in Ucraina è condotta su scala più ampia e la si combatte con armi migliori offrendo dunque migliori possibilità di combattere i russi; si fa capire che la presenza jihadista in Ucraina è legata solo alla necessità di infliggere più danni possibili ai russi e, infine, che il conflitto in corso è l’opportunità di riunire migliaia di combattenti e addestrarsi per poi tornare in Cecenia e liberarla da Kadyrov e dai russi e creare uno stato musulmano “proprio come i talebani”. A tali dichiarazioni hanno fatto seguito alcune conclusioni secondo le quali la lotta jihadista in Ucraina contro il nemico russo va poi trasferita e condotta nel Caucaso.
Oltre ai combattenti di Ajnad al-Kavkaz, altri piccoli gruppi jihadisti che operavano in Siria, e che hanno subito la pressione di HTS, si sono spostati nel teatro operativo del conflitto ucraino per trovare una nuova opportunità di lotta jihadista, come nel caso di una cellula di Ajnad al-Kavkaz, operativa a Quneitra e conosciuta come “Jund al-Qawqaz” (Battaglione dei liberi Circassi), composta da combattenti circassi, che ha deciso di seguire Abdul Hakim in Ucraina; a questo gruppo si aggiungono i combattenti di “Ajnad al-Sham” (Soldati del Levante) che nel 2017 si erano allontanati da HTS per confluire in “Ahrar al-Sham” (Movimento Islamico degli uomini liberi del Levante) e che ora hanno lasciato i ranghi di quest’ultimo per andare a combattere nel conflitto russo-ucraino. Infine, lo stesso è avvenuto per i combattenti del “Khurasan Group” (Soldati del Khurasan) e un manipolo di kosovari e albanesi, che hanno lasciato “Xhemati Alban” (Congregazione Albanese) e si sono recati sul fronte ucraino.
Combattere i russi significa “liberare le terre d’origine dall’oppressore russo o dalla sua influenza”. In una intervista condotta da chi scrive, il leader, fondatore e istruttore di Muhojir Tactical (Gruppo Tattico dei Migranti), gruppo tattico jihadista Uzbeko operativo in Siria, ha dichiarato che l’obiettivo è quello di aiutare i loro “fratelli” caucasici a combattere i Russi per liberare il proprio Paese: “le persone sono stanche della corruzione e dell’oppressione russa”.
Anche il leader della Malhama Tactical (Gruppo tattico delle Guerre feroci), Ali al-Shishani, il cui famoso gruppo è composto da Russi, Uzbeki e Kirghisi, è stato integrato nell’HTS come “al-Asaib al-Hamrah”, e in una sua dichiarazione recente ha affermato di volere eliminare il regime tirannico russo in Cecenia, la sua patria, e stabilirvi “uno stato equo secondo la Shari’a”. Da fonti vicine ai jihadisti, si apprende che molti di loro combattono nei gruppi ceceni e daghestani al fianco delle forze regolari ucraine “perché vogliono vendicarsi dei Russi” programmando l’invio al fronte di nuovi soldati.
I gruppi jihadisti, o i singoli combattenti che lottano in Ucraina sono veterani di guerra, addestrati ed esperti nella guerriglia, nelle operazioni in aree accidentate, nelle attività clandestine, nelle operazioni di sabotaggio, nella guerriglia urbana e rurale, nella guerriglia in montagna e nelle foreste, tutte attività condotte in Siria negli ultimi nove anni. Come essi, lo sono anche i diversi gruppi jihadisti presenti sul territorio siriano e composti da Ceceni, Daghestani, Tatari, Uzbeki, Tagiki, Kirghisi, che hanno maturato esperienze decennali nell’ambito del jihadismo e che potrebbero essere un’arma importante nel pantano del conflitto in corso. Molti di essi, come i combattenti ceceni di Junud al-Sham guidati da Muslim al-Shishani, anche loro repressi da HTS, inattivi da oltre un anno, potrebbero decidere di muoversi dal villaggio di al-Yaqubiyah, vicino alla città di Jisr Al-Shughur, dove si sono rifugiati, e partire per un nuovo fronte di guerra e nuove opportunità che gli permettano di proseguire la lotta jihadista e lo scontro con i Russi in altri teatri.
Tra gli altri, con propaganda e obiettivi militari antirussi, vanno citati anche il gruppo jihadista uzbeko “Tavhid va Jihod” (Gruppo del Monoteismo e Jihad), integrato ora in HTS, il gruppo a maggioranza ceceno “Liwa al-Muhajireen wal Ansar” (Brigata di Emigranti e Sostenitori), anch’esso parte di HTS, il gruppo composto da uzbeki, tagiki e uiguri di “Mujaheddin Ghuroba Division”, e gruppi autoctoni siriani come Ansar al-Islam (Sostenitori dell’Islam) e Ansar al-Tawhid (Sostenitori del Tawhid), che nell’ultimo anno, hanno non solo diffuso propaganda contro la Russia, ma hanno anche compiuto numerosi attacchi contro il personale militare russo operativo in Siria, colpevole di essere alleato di Bashar al-Assad.
Al-Qaeda e lo Stato Islamico nelle aree caucasiche e dell’Asia centrale sono inattivi e composti principalmente da cellule dormienti, tuttavia, se la guerra in corso dovesse prolungarsi, potrebbero decidere di attivare le loro cellule e colpire, sfruttando l’impegno militare russo sul fronte ucraino.
Ovviamente il conflitto in Ucraina offre opportunità concrete non solo dal punto di vista ideologico e militare. Molti combattenti hanno bypassato le problematiche legate al controterrorismo o ai controlli di sicurezza, ottenendo permessi, documenti e passaporti nuovi, che gli permettono di muoversi liberamente in Ucraina e nelle aree circostanti; hanno ottenuto nuove armi e attrezzature militari da utilizzare poi in altri contesti. Potrebbero quindi nel medio e lungo termine riaccendersi teatri operativi, come il Caucaso Settentrionale e l’Asia centrale oppure peggiorare la situazione securitaria in contesti mediorientali e africani.
La propaganda jihadista a sostegno di Abdul Hakim e quella in lingua russa e uzbeka in Siria, hanno ottenuto migliaia di visualizzazioni e condivisioni soprattutto in questi primi mesi del 2023 aprendo un enorme dibattito tra i combattenti jihadisti sulla necessità di partire per combattere in Ucraina e spostare successivamente il fronte di guerra in altre aree.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di aprile/giugno di eastwest
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