Quale è la capitale dell’Indonesia? È vero che la Cina sta fortificando le sue frontiere? Quali sono i Paesi asiatici che stanno riaprendo le frontiere?
Solo alcuni Paesi in Asia sono pronti alla convivenza con il Covid
VERO
Con una popolazione vaccinata a più del 90%, Taiwan comincia timidamente a riaprire, partendo dai visti per affari. Stessa cosa vale per il Giappone e per la Corea del Sud, malgrado i nuovi record di contagi – per lo più poco severi. La Thailandia sta riaprendo, così come la Cambogia e l’Indonesia, intente a creare aree sicure per il turismo e per i viaggi d’affari. Resistono invece a questo sia Hong Kong, che la Cina – che continuano ad applicare lockdown estenuanti a ogni scoppiare di focolai, malgrado l’effetto catastrofico che questo sta avendo sulle economie locali (a Hong Kong, e nelle città colpite dai lockdown e dall’assenza di turismo).
La capitale indonesiana è Giakarta
FALSO
È stato approvato il progetto di spostare la capitale indonesiana da Giakarta alla nuova Nusantara, che sarà costruita nella provincia del Kalimantan Orientale, nell’isola del Borneo – la cui sovranità è divisa fra la Malaysia, al nord, e l’Indonesia, al Sud. La nuova capitale si è resa necessaria dato il rapido sprofondare di Jakarta, che si inabissa di diversi centimetri ogni anno, ma per quanto siano state fatte promesse per rendere Nusantara una “città verde”, molti temono che questo possa compromettere ulteriormente il fragile ecosistema del Borneo. Nusantara significa “arcipelago” in Javanese, una delle principali lingue riconosciute nel Paese (la cui lingua unitaria è il Bahasa Indonesia). Il costo totale della nuova città è stato calcolato a 28 miliardi di euro.
La Cina sta fortificando le sue frontiere
VERO
Ufficialmente, si tratta di limitare l’accesso non regolamentato alla Cina per proteggere dall’emergere di nuovi focolai Covid. Ma, contemporaneamente, l’ergersi di barriere metalliche ai confini della Cina sembra andare nella stessa direzione nella quale si muove Pechino dall’arrivo di Xi Jinping: una maggiore chiusura verso l’estero, e una diminuzione degli scambi internazionali. La città di Ruili, a lungo nota come una frontiera senza regole fra il Myanmar e la Cina, ha ora una barriera con telecamere, filo spinato e sensori elettronici. Lungo il confine con il Vietnam è sorta invece una barriera di quasi quattro metri, impedendo i piccoli scambi quotidiani stabiliti da decenni. Su internet, questo dispiegarsi di barriere impassabili è già stato battezzato La Grande Muraglia Meridionale.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di marzo/aprile di eastwest.
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