A cavallo tra le generazioni di oggi e quelle di domani: così uno studente del Model EU di EWEI sogna la prossima conferenza sul futuro dell’Europa
Inizialmente concepita come mercato comune del carbone e dell’acciaio, in meno di un secolo l’Unione europea è diventata un baluardo di sicurezza per cittadini e migranti, una fucina di idee per ricercatori e imprenditori, e una pietra miliare per il commercio internazionale e la democrazia. Oggi, con oltre 446 milioni di abitanti, un’estensione che supera i 4 milioni di chilometri quadrati, 27 Paesi membri e 24 lingue ufficiali, l’Ue è la terza economia mondiale ed è effettivamente diventata uno spazio in cui “al di là delle differenze e delle frontiere c’è un interesse ”, tanto per citare Jean Monnet, uno dei suoi padri fondatori.
Sebbene la dottrina della mutua distruzione assicurata e la conseguente minaccia dell’annientamento nucleare siano ormai un ricordo del secolo scorso, l’Ue si trova oggi ad affrontare una nuova serie di sfide, che spaziano dalla crisi economica alle emergenze umanitarie. I cittadini europei, però, non concordano né su quali siano le questioni più pressanti, né su come affrontarle. Nelle ultime elezioni solo la metà del corpo elettorale si è recata alle urne. Il dato di affluenza alle elezioni del 2019 ha dimostrato che nessun tema era abbastanza sentito (perlomeno dal 50% degli aventi diritto, stando ai sondaggi post-elettorali) da motivare i cittadini a votare. “Economia e crescita” è stata indicata dal 44% degli elettori intervistati come la ragione principale per presentarsi ai seggi, ovvero meno di un quarto dell’elettorato totale, secondo un sondaggio dell’Europarlamento.
L’Ue, alla base, è una comunità di cittadini, i quali attraverso le elezioni scelgono i governi che vanno a formare il Consiglio dell’Ue, il Consiglio europeo e la Commissione europea, oltre a eleggere direttamente i deputati del Parlamento europeo. Ma queste istituzioni rischiano di perdere la propria legittimità democratica se la metà degli elettori resta a casa piuttosto che andare a votare. Le ragioni principali dell’astensionismo alle elezioni del 2019 sono state la mancanza di fiducia, di interesse e l’insoddisfazione nei confronti della politica in generale, così come la mancanza di interesse e l’insoddisfazione nei confronti del Parlamento europeo e dell’Ue nello specifico.
Eppure le questioni da affrontare sono tante e complesse: cosa fare per garantire la sicurezza delle frontiere dell’Ue, a fronte dell’alto numero di vittime causato dagli attacchi terroristici di matrice islamica negli ultimi sedici anni? Come può una forza lavoro sempre più anziana pagare le pensioni a una popolazione la cui aspettativa di vita continua a crescere? Cosa si può e si deve fare a livello intra-europeo per combattere il cambiamento climatico? E che dire della protezione dei dati, dell’intelligenza artificiale, delle relazioni internazionali, dell’istruzione superiore, della sanità…?
Problemi di questa portata non si risolvono facilmente. Tuttavia, maggiore è il numero delle menti al lavoro, maggiori sono le possibilità di trovare una soluzione. Il dibattito libero e aperto sta all’Ue come il cuore sta all’organismo: è l’organo che diffonde energia vitale in tutto il sistema. In questo senso auspichiamo che la conferenza sul futuro dell’Europa segni una svolta, non tanto in termini di traguardi raggiunti, quanto in virtù del suo stesso svolgimento. La priorità assoluta dovrebbe essere quella di riunire i cittadini in una grande agorà europea, un forum dove potersi confrontare su visioni, speranze e preoccupazioni per il futuro dell’Unione. La conferenza, quindi, dovrebbe avvicinare i cittadini al dibattito sull’Europa e sul suo futuro.
Un’altra priorità sta nel riuscire a coinvolgere il maggior numero possibile di giovani nel processo democratico. I problemi a lungo termine che l’Ue dovrà affrontare gravano soprattutto sui giovani d’oggi, dal momento che sono destinati a conviverci più a lungo. La prossima conferenza dovrebbe quindi prefiggersi di dare ascolto e maggiore risonanza agli adulti di domani, così da aiutarli a plasmare il futuro dell’Unione e, al tempo stesso, il proprio.
Un singolo individuo, un’istituzione o un solo Governo non possono dettare la via da seguire a 446 milioni di persone. Cittadini che provengono da ambienti diversi, di sinistra o di destra, ricchi o poveri, più o meno istruiti, religiosi e non, vivono vite diverse, hanno a che fare con problemi diversi e immaginano futuri diversi. E tuttavia spetta a loro il compito di costruire una visione condivisa ed elaborare soluzioni per il futuro, attraverso il confronto sulle questioni che li riguardano. In fin dei conti, per citare ancora una volta Jean Monnet, solo le persone “possono trasformare e arricchire le cose che poi le istituzioni trasmettono alle generazioni future”.
la Commissione europea lo cita così “Beyond their differences and geographical boundaries there lies a common interest”, nell’articolo in inglese andrebbe tolto [where] e rimesso “there”
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di marzo/aprile di eastwest.
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A cavallo tra le generazioni di oggi e quelle di domani: così uno studente del Model EU di EWEI sogna la prossima conferenza sul futuro dell’Europa