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Energia, migranti e Polonia: al suo ultimo Consiglio europeo, Angela Merkel frena e media


Al vertice la Cancelliera guida la conciliazione con Varsavia sulle violazioni dello stato di diritto, ma al tempo stesso ostacola passi avanti sulle scorte comuni di gas prospettate anche da Roma e Madrid

Dice Charles Michel che “un Consiglio europeo senza di lei è come Roma senza il Vaticano o Parigi senza la Tour Eiffel”. L’ultimo vertice di Angela Merkel dopo 16 anni alla guida della Germania è il numero 107 sui 214 che hanno avuto luogo da quando esiste l’istituzione dove siedono capi di Stato e di Governo dell’Ue – un’esoterica esatta metà del totale – e offre una buona sintesi del ruolo che in tantissimi, tra i suoi colleghi ma pure oppositori politici, le hanno sempre riconosciuto: quello di infaticabile mediatrice. E pazienza se qualche volta – anche su dossier pesanti come le violazioni dello stato di diritto – questo si sia tradotto in un gioco al rinvio.

Il dibattito sulla Polonia

È successo del resto anche il 21-22 ottobre a Bruxelles: sul tavolo dei leader temi particolarmente spinosi – dall’allarme caro-energia alla gestione della migrazione e delle frontiere esterne, passando per il punto sulla Polonia – su cui la discussione è andata avanti ben oltre il tempo previsto in agenda e bloccando in più di un’occasione la bozza di conclusioni predisposta dagli sherpa. A smorzare la tensione solo la foto ricordo poco prima di cena, giovedì, parte del pacchetto dell’”arrivederci Merkel”. A fare da sfondo al vertice la disputa in corso con Varsavia, che questa settimana ha visto Ursula von der Leyen duellare con il premier polacco Mateusz Morawiecki a Strasburgo ed è proseguita con la decisione del Parlamento di far causa alla Commissione per non aver ancora attivato il meccanismo di condizionalità che congela i pagamenti dal budget Ue (e per ora Bruxelles non intende farlo, in attesa del pronunciamento della Corte sulla legittimità dello schema, ha chiarito la Presidente dell’esecutivo).

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