Corea del Sud, il coronavirus non ferma le elezioni
Il coronavirus non rimanda il voto in Corea del Sud per il rinnovo dei membri dell'Assemblea Nazionale. Intanto, crescono le tensioni con Trump sulla difesa
Il coronavirus non rimanda il voto in Corea del Sud per il rinnovo dei membri dell’Assemblea Nazionale. Intanto, crescono le tensioni con Trump sulla difesa
Negli Stati Uniti l’emergenza coronavirus ha completamente stravolto il calendario elettorale: a eccezione del Wisconsin, dove si è votato nei giorni scorsi, gli altri Stati americani hanno scelto di posticipare le primarie. In Corea del Sud invece – un Paese che è stato molto lodato per come ha saputo gestire l’epidemia – la situazione sembra essere molto più tranquilla.
Il Governo sudcoreano ha non solo deciso di non rimandare le elezioniparlamentari per il rinnovo dei 300 membri dell’Assemblea Nazionale, previste per il 15 aprile. Ha anche permesso ai cittadini di votare in anticipo, ieri e venerdì, dopo aver predisposto tutta una serie di misure di protezione: controlli della temperatura, seggi separati per i possibili contagiati, disinfestazioni, forniture di guanti. Come ha sintetizzato bene il New York Times, il Governo “sta cercando di comunicare ai 44 milioni di elettori che è sicuro uscire di casa per recarsi ai seggi”.
Si tratta infatti di elezioni molto importanti per il Presidente Moon Jae-in, in carica dal maggio 2017. Sono le prime elezioni dalla data del suo insediamento – il mandato dura cinque anni – e vengono considerate una sorta di referendum sul suo operato. L’indice di gradimento di Moon è salito nelle ultime settimane grazie alla buona gestione dell’emergenza, e il suo partito – il Partito Democratico – è dato in vantaggio nei sondaggi. Tuttavia, la maggioranza dei sudcoreani ha una percezione negativa dell’andamento dell’economia: una percezione che è andata peggiorando dall’inizio del mandato di Moon.
Alle preoccupazioni interne per l’andamento dell’economia si sommano, sul versante estero, le tensioni con un alleato storico e fondamentale: gli Stati Uniti. Non si tratta di tensioni nuove: l’amministrazione Trump ha sempre fatto pressioni sulla Corea del Sud affinché aumenti notevolmente le spese per la difesa. Le trattative stanno proseguendo anche in questi giorni, ma sono in stallo. La proposta del Governo sudcoreano non soddisfa la richiesta della Casa Bianca, che si aspetta che Seul contribuisca alla difesa congiunta con molti più soldi (da circa 900 milioni di dollari a 5 miliardi). Nel Paese sono stanziate oltre 28mila truppe americane, in funzione anti-nordcoreana e anti-cinese.
Secondo l’agenzia Reuters, il clima tra Washington e Seul sarebbe peggiorato a tal punto da aver indotto l’ambasciatore americano in Corea del Sud, Harry Harris, a dimettersi dopo le elezioni presidenziali di novembre.
Negli Stati Uniti l’emergenza coronavirus ha completamente stravolto il calendario elettorale: a eccezione del Wisconsin, dove si è votato nei giorni scorsi, gli altri Stati americani hanno scelto di posticipare le primarie. In Corea del Sud invece – un Paese che è stato molto lodato per come ha saputo gestire l’epidemia – la situazione sembra essere molto più tranquilla.
Il Governo sudcoreano ha non solo deciso di non rimandare le elezioniparlamentari per il rinnovo dei 300 membri dell’Assemblea Nazionale, previste per il 15 aprile. Ha anche permesso ai cittadini di votare in anticipo, ieri e venerdì, dopo aver predisposto tutta una serie di misure di protezione: controlli della temperatura, seggi separati per i possibili contagiati, disinfestazioni, forniture di guanti. Come ha sintetizzato bene il New York Times, il Governo “sta cercando di comunicare ai 44 milioni di elettori che è sicuro uscire di casa per recarsi ai seggi”.
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