Seul ha testato il suo primo razzo spaziale. Si chiama Nuri, che significa “mondo”, ed è stato realizzato esclusivamente con tecnologie domestiche. Il primo, modesto, passo della Corea del Sud verso l’autonomia spaziale…
Ieri la Corea del Sud ha testato il suo primo razzo spaziale realizzato esclusivamente con tecnologie domestiche. Il razzo – chiamato informalmente Nuri, “mondo” – è alto più di 47 metri, pesa 200 tonnellate ed è stato ideato per trasportare in orbita, a un’altezza di 600-800 chilometri sopra la superficie terrestre, satelliti da una tonnellata e mezza. Il progetto va avanti dal 2010 e ha ricevuto investimenti per circa 1,8 miliardi di dollari.
Nuri, però, ha fallito nell’obiettivo: non è riuscito a mettere in orbita il carico.
Un modesto passo per Seul
Al di là delle specifiche tecniche e dell’insuccesso, il lancio è comunque importante per quello che rappresenta: è il primo, modesto passo di Seul verso l’autonomia spaziale, dato che è dall’inizio degli anni Novanta che il Paese deve appoggiarsi a nazioni straniere per mettere in orbita i suoi satelliti. Il test di ieri segna comunque un progresso se paragonato al lancio del 2013: in quel caso il razzo era stato costruito con tecnologie principalmente russe, e aveva fallito due tentativi nel 2009 e nel 2010.
Gli sviluppi futuri
Il test di Nuri, come si accennava, non era visto come un punto di arrivo ma di partenza. Nei piani della Corea del Sud c’è intanto lo sviluppo di un razzo a propellente solido (più conveniente, rispetto al combustibile liquido) entro il 2024. Entro il 2030 mira a inviare una sonda sulla Luna, e si è già unita al programma Artemis della Nasa per riportare gli astronauti americani sul corpo celeste.
Le tecnologie per l’aerospazio hanno applicazioni sia in ambito economico-civile che militare. Per esempio, l’indipendenza nell’accesso all’orbita è vista da Seul come una precondizione necessaria per lanciare i propri satelliti di telecomunicazione 6G (lo standard successivo al 5G); i quali, grazie ai livelli di connettività offerti, dovrebbero permetterle di migliorare la sua competitività industriale. Ma lo spazio è anche utile per piazzare una rete di “occhi”, nella forma di satelliti-spia ad alta risoluzione, che le consentiranno di monitorare la Corea del Nord e la Cina e le loro capacità missilistiche a lungo raggio sempre più sofisticate.
Armi nucleari?
Anche la Corea del Sud sta facendo progressi, sui missili. A metà settembre, per esempio, ha testato con successo un missile balistico lanciato da un sottomarino: se ne era parlato molto perché strumenti del genere di solito vengono progettati per trasportare testate nucleari, ma non è il caso di Seul. La nazione infatti non è una potenza nucleare e diventarlo non è semplice: la questione è molto spinosa, specialmente per quanto riguarda i rapporti con Pyongyang e i negoziati per la “denuclearizzazione della penisola coreana” che hanno caratterizzato la presidenza di Moon Jae-in.
Hong Joon-pyo, il candidato conservatore alle elezioni presidenziali del prossimo marzo, però, ha detto a Bloomberg che potrebbe essere giunto il tempo perché la Corea del Sud si doti di armi nucleari e rafforzi la sua deterrenza nei confronti delle minacce regionali. Se le sue parole dovessero concretizzarsi, allora il programma Nuri – attualmente a uso civile – potrebbe subire una riconversione. Invece che un satellite, il razzo potrebbe trasportare una testata e trasformarsi così in un missile balistico intercontinentale: la tecnologia alla base è simile.
Seul ha testato il suo primo razzo spaziale. Si chiama Nuri, che significa “mondo”, ed è stato realizzato esclusivamente con tecnologie domestiche. Il primo, modesto, passo della Corea del Sud verso l’autonomia spaziale…