Coronavirus: l'Africa ha bisogno di un maggiore aiuto internazionale per affrontare l'epidemia. All'interno la Live di +Europa con il Direttore Giuseppe Scognamiglio
Coronavirus: l’Africa ha bisogno di un maggiore aiuto internazionale per affrontare l’epidemia. All’interno la Live di +Europa con il Direttore Giuseppe Scognamiglio
Guarda la Live di +Europa“Europa e Africa nella pandemia, serve una visione” con il Direttore Giuseppe Scognamiglio.
Dalla conferenza stampa congiunta di Oms e World Bank è emerso che attualmente sono 17.000 i casi di coronavirus confermati in Africa e 900 i decessi totali. I Paesi più colpiti restano il Sudafrica e i Paesi arabi della fascia mediterranea che contano più della metà dei casi dell’intero continente. Ma tali stime potrebbero non essere reali. Infatti, gli Stati sopraccitati sono i più sviluppati e di conseguenza, quelli che possono permettersi più test.
In Paesi come il Burkina Faso e la Repubblica Democratica del Congo sono stati riscontrati solamente 5 casi totali. In altri 14 Paesi i casi sono meno di 20. Un altro grave problema che sta prendendo piede specialmente in Africa occidentale è la diffusione di fake news tra la popolazione dei villaggi più isolati per cui per prevenire il contagio basterebbero olii ed erbe naturali.
Per ovviare a tale problema, l’Organizzazione mondiale della sanità sta inviando in ogni Paese esperti in grado di parlare le lingue locali per andare a spiegare direttamente nelle comunità l’importanza del distanziamento sociale e dei sistemi di protezione. Il direttore Gebreyesus intanto, ha lanciato l’allarme: “Nell’ultima settimana il numero di vittime è più che raddoppiato e il virus potrebbe mietere fino a 3 milioni di morti”. Il Sudafrica, al momento, è in cima alla classifica con più di 2.400 casi. In uno dei Paesi del mondo in cui la divisione fra classi sociali è ancora molto marcata, è palese come nelle grandi città e nei centri più ricchi il distanziamento sociale stia funzionando mentre nelle townships sia quasi impossibile mettere in atto le misure adeguate.
Ieri la World Bank e l’IMF hanno tenuto il loro meeting primaverile in cui hanno discusso ulteriori misure da adottare per aiutare l’intero continente sia dal punto di vista sanitario che dal punto di vista degli aiuti economici. L’Africa intera vede all’orizzonte la prima grande recessione della sua storia non essendo stata interessata né da quella del ’29, né da quella successiva alla Seconda guerra mondiale, né da quella del 2008. Negli ultimi 15 anni alcuni Stati africani hanno avuto una crescita media annua compresa fra il 6% e l’8%, con un conseguente miglioramento generale delle condizioni di vita. In questi Paesi sarà più possibile attuare misure di stanziamento sociale ma allo stesso tempo saranno proprio questi gli Stati che subiranno più di tutti la recessione.
Quelli che avevano investito grandi risorse nel turismo e avevano migliorato i propri standard di sicurezza, per attirare più viaggiatori stranieri, subiranno nei prossimi 12 mesi una stangata economica poiché verosimilmente la maggior parte degli Stati europei e nordamericani, pur avendo superato il virus, non permetteranno ai propri cittadini di viaggiare liberamente al di fuori dei confini nazionali. Basti pensare che alcuni stati come il Kenya, la Namibia e la Tanzania ricevono quasi il 10% del loro Pil dal turismo internazionale. Un altro settore gravemente colpito sarà quello dell’esportazione petrolifera. Il prezzo del greggio si sta abbassando sempre di più è ciò andrà ad alzare la concorrenza e influirà direttamente sulle economie nazionali degli stati esportatori. Il WFP, l’African Union e il Governo dell’Etiopia hanno organizzato la distribuzione di cibo e materiale sanitario in tutta l’Africa orientale e proveranno a estendere il programma a quanti più possibile. La Fondazione di Jack Ma, ex proprietario e fondatore di Alibaba, ha provveduto alla più grande donazione privata verso il continente, inviando 1.1 milioni di test e 60mila camici ai 54 Paesi africani.
Sempre in Etiopia i casi attualmente sono solamente 92 ma i positivi reali probabilmente sono molti di più. Il Governo riesce a effettuare 500 test al giorno e gli unici 3 laboratori di Addis Abeba lavorano senza sosta. Il Governo ha come obiettivo arrivare a 500 ICU entro la fine di aprile per prepararsi al meglio all’ondata di contagi. Mille ventilatori inoltre, sono in arrivo dalla Cina e porteranno i posti in terapia intensiva a 1500. “Il Governo ultimamente ha rilasciato alcuni prigionieri dalle carceri e sono state istallate taniche d’acqua con del sapone all’esterno di ogni esercizio commerciale”, racconta Claudio Napolitano, che lavora all’Ambasciata d’Italia di Addis. Sebbene si riuscirà a controllare il contagio nelle zone migliori della città, nelle baraccopoli sarà difficile fare altrettanto. “Ci sono i primi casi di intolleranza verso noi bianchi, ci chiamano ‘Corona’. Alcuni occidentali hanno ricevuto insulti per strada”. In Etiopia intanto, si festeggia la Pasqua ortodossa. Evitare gli assembramenti non sarà facile.
L’Africa si sta preparando come può all’impatto con l’asteroide Covid-19. Ogni Paese sta innalzando le sue barriere e fortificando le strutture sanitarie. Per limitare i danni però, un maggior aiuto internazionale è indispensabile. Le recenti tensioni fra Trump e l’Oms non lasciano presagire nulla di buono. La Cina si sta dimostrando valida alleata per i paesi africani, e l’Unione europea quando la tempesta sarà passata, dovrà emularla.
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Dalla conferenza stampa congiunta di Oms e World Bank è emerso che attualmente sono 17.000 i casi di coronavirus confermati in Africa e 900 i decessi totali. I Paesi più colpiti restano il Sudafrica e i Paesi arabi della fascia mediterranea che contano più della metà dei casi dell’intero continente. Ma tali stime potrebbero non essere reali. Infatti, gli Stati sopraccitati sono i più sviluppati e di conseguenza, quelli che possono permettersi più test.
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