Il nuovo segretario del Pd mira a creare un nuovo Centrosinistra di stampo fortemente europeista. Ma il problema è federare un partito assetato di potere che ha più correnti del Colosseo
Il nuovo segretario del Pd mira a creare un nuovo Centrosinistra di stampo fortemente europeista. Ma il problema è federare un partito assetato di potere che ha più correnti del Colosseo
C’è anche Jacques Delors nel Pantheon ideale di Enrico Letta, nuovo segretario del Partito democratico, eletto con maggioranza schiacciante (due soli contrari e un astenuto) dall’Assemblea nazionale.
Lo storico Presidente della Commissione europea, uno dei pochi cattolici dichiarati del Partito socialista di Mitterand e padre dell’Europa (sotto i suoi tre mandati consecutivi sono stati istituiti mercato unico, gi accordi di Schengen e il Trattato di Maastricht che ha dato vita all’Unione), compare nel suo discorso programmatico insieme con Papa Francesco, Romano Prodi, don Primo Mazzolari, Sergio Mattarella e Beniamino Andreatta (ma anche gli Scorpions, il complesso rock che ha cantato la caduta del Muro di Berlino).
Letta aspira non solo a riformare il Pd, che ha più correnti del Colosseo (tutte, per sua stessa ammissione, assetate di potere e poco altro) ma addirittura a federare un nuovo Centrosinistra di stampo ulivista. Dunque, in questo Ulivo 2.0, c’è spazio per i 5 Stelle, i radicali e naturalmente la “costola” dem dei Leu, fuoriusciti dopo la diaspora dal Pd del rottamatore Matteo Renzi.
Fino a qualche mese fa già l’impronta europeista era un sigillo di sinistra, ma con Draghi ormai perfino Salvini tesse le magnifiche sorti e progressive dell’euro. E così, per distinguersi dal Centrodestra, Letta ha inserito nel programma il voto ai sedicenni, una legge contro il trasformismo e soprattutto il “ius culturae”, il voto ai minorenni nati in Italia figli di extracomunitari, a condizione che abbiano svolto un adeguato iter scolastico. La prova del nove è arrivata cinque minuti dopo dall’alleato nella maggioranza Matteo Salvini: “Partiamo male”, ha detto il leader leghista. Sarebbe stato strano se avesse detto il contrario, anche se il leader leghista non manca di sorprenderci.
Sarà interessante seguire il pensiero e l’azione del neosegretario, di formazione cattolica (allevato alla scuola cattolico-democratica di Beniamino Andreatta), titolare della nobile cattedra all’Instituts d’études politiques di Parigi durante il volontario esilio di sette anni maturato dopo l’estromissione da premier di #staiserenoRenzi (ma alle idi di marzo di Letta parteciparono un po’ tutti, da Franceschini a Orfini, mancavano solo Decimo e Giunio Bruto). Il nuovo segretario, vista la sua biografia politica, è certamente più uomo di Governo che di lotta, acuto, colto, tenace, però non dotato di particolare carisma. Ma la storia insegna che le investiture spesso creano sorprese. E non dimentichiamo che in caso di guai può sempre contare sui consigli di zio Gianni.
Il nuovo segretario del Pd mira a creare un nuovo Centrosinistra di stampo fortemente europeista. Ma il problema è federare un partito assetato di potere che ha più correnti del Colosseo
C’è anche Jacques Delors nel Pantheon ideale di Enrico Letta, nuovo segretario del Partito democratico, eletto con maggioranza schiacciante (due soli contrari e un astenuto) dall’Assemblea nazionale.
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