Indiscrezione Bloomberg: quattro aziende europee hanno pagato in rubli, almeno 10 hanno aperto un conto presso la Gazprombank per agevolare i pagamenti. Intanto la Turchia prosegue il dialogo con la Russia sugli S-400
Quanto è realmente unito il fronte occidentale nell’ostacolare la Russia dal guadagnare dalle vendite di gas? La domanda sorge spontanea all’indomani dell’indiscrezione pubblicata da Bloomberg che, interpellata una fonte vicina a Gazprom, fa sapere di quattro aziende europee che hanno risposto alla richiesta di Vladimir Putin di pagamenti in rubli per le forniture di gas dalla Federazione.
Non solo: almeno 10 compagnie avrebbero già aperto un conto presso la Gazprombank, andando così incontro alla proposta russa di un meccanismo che permetterebbe di aggirare le sanzioni imposte alla Federazione. Ma la creazione di una posizione presso la Gazprombank, per agevolare in questo modo il pagamento del gas, viola o meno la normativa sanzionatoria imposta? Sicuramente va a inficiare sul complessivo stato di salute della pressione europea verso Mosca, con la Commissione altalenante nel dare una risposta specifica sulla legittimità o meno dell’operazione.
Infatti, l’Unione europea non sembra del tutto chiara in tal senso: a inizio aprile, entrando in vigore i regimi di pagamenti in rubli come richiesto dalla Russia, un decreto della Federazione proponeva ai compratori di gas l’apertura di un conto Gazprombank per realizzare pagamenti in dollari o euro, che poi sarebbero stati convertiti in rubli. La Commissione rispose che questo rischiava di violare le norme sanzionatore perché sarebbe avvenuta una diretta compravendita con le autorità russe.
Ma una pubblicazione apparsa nei giorni scorsi spiega che una soluzione c’è, per quanto sia un advisory document che, dunque, non ha valenza legale. Secondo la Commissione, che cambia così la chiave di lettura verso la questione, la proposta russa non blocca il processo di pagamento, rimanendo esente da sanzioni. Il consiglio è quello di documentare la transizione, specificando che gli obblighi contrattuali sono rispettati in quanto effettuati in euro o dollari. Stante le cose, appare fragile la posizione europea, un rischioso abbassamento della guardia che sostanzialmente non cambierebbe il flusso reddituale europeo verso Mosca.
E allargando l’orizzonte, ci si chiede anche quanto potrà andare avanti l’atteggiamento della Turchia, membro Nato che, intanto, porta avanti il dialogo con la Russia sull’acquisto del secondo lotto di S-400. Ismail Demir, a capo dell’agenzia che si occupa dell’acquisto di rifornimenti militari, conferma le discussioni con Mosca. “Abbiamo sottoscritto un contratto per due partite del sistema, ma la seconda tranche di rifornimento non è arrivata per via di una disputa contrattuale”, ha commentato Demir. Ankara non chiude del tutto le porte a Mosca, nella speranza — di chi invoca la pace — che tale posizione possa essere d’aiuto specie a livello di negoziazioni con l’Ucraina, con la quale la Turchia è in costante contatto.