Il Direttore Esecutivo del World Food Programme: dall’est Europa il 29% del commercio mondiale di grano. È crisi per Libano, Yemen, Siria, Tunisia
Sulla comunità internazionale si è abbattuta una vera e propria tempesta perfetta, che tra cambiamento climatico, coronavirus e invasione dell’Ucraina peggiora la già grave condizione dei Paesi più poveri, con rischi di approvvigionamento per tutto il mondo. Ad affermarlo David Beasley, Direttore Esecutivo del World Food Programme, il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite, che avverte: a rischio la vita di centinaia di milioni di persone.
La crisi alimentare ha esposto alla fame 276 milioni di esseri umani, con la cifra in salita di quasi 200 milioni rispetto a quattro anni fa. Una crescita esponenziale, causata dagli stravolgimenti climatici e dalla pandemia da Covid-19, alle quali ora si aggiunge una guerra nella regione del Mar Nero che, storicamente, è considerata il granaio d’Europa e delle aree limitrofe. Da sola, l’Ucraina produce il 16% della raccolta mondiale di mais, e con la Russia rappresenta il 29% del mercato globale di grano. Dall’avvio dell’operazione militare russa, i futures del grano sono saliti del 40%, quelli del mais del 16%.
Numeri impressionanti, che andranno a inficiare sulla ripresa post-pandemica, sulle tasche dei cittadini dei Paesi industrializzati e, peggio ancora, su quelli appartenenti a nazioni in difficoltà per svariati altri motivi. Dal Libano in crisi economica ai tumulti politici in Tunisia, dallo Yemen sconvolto da un conflitto che contrappone potenze regionali alla Siria che esce da una guerra civile decennale, le quattro nazioni dipendono al 50% delle loro importazioni proprio sul granaio ucraino.
La guerra ha del tutto modificato la catena di approvvigionamento, oltre ad aver bloccato il raccolto nei campi. Come spiegato alla BBC dalla deputata del parlamento ucraino Ivanna Dorichenko, molti agricoltori hanno abbandonato i campi per unirsi alla resistenza contro i militari russi. “Gli uomini che lavorano la terra ora la devono difendere. Se non lo faranno, non avranno più un campo da coltivare”, ha tristemente affermato Dorichenko. “Le linee di approvvigionamento sono state interrotte e l’esercito ucraino ha sospeso tutte le spedizioni commerciali”. Al momento, dall’Ucraina non possono essere esportati prodotti agricoli: le navi non possono salpare dai porti, né essere caricate di merce.
Yara International, azienda norvegese leader mondiale nell’ambito della produzione di fertilizzanti e concimi, ha ricordato l’importanza strategica di Russia e Ucraina nel fragile sistema alimentare. La Federazione russa, oltre a essere tra i principali produttori di grano, è anche ricca di nutrienti quali fosfato, potassa e nitrogeno, generato dall’aria e dal gas naturale che, anch’esso, proviene dalla Russia. Un tassello fondamentale nella catena di approvvigionamento e produzione mondiale di granaglie, in un mondo concepito intrecciato dai decisori politici proprio per evitare un conflitto come quello in corso di svolgimento in Ucraina.
Non è bastata la necessità d’interdipendenza a fermare armi, bombe e carri armati, ma i risultati di una guerra non si vedono solo nel luogo dove la si combatte: in un mondo globalizzato, gli effetti sono generali e, come sempre, a rimetterci saranno le aree più fragili del pianeta, che già patiscono le esternalità negative di una governance internazionale inadeguata a gestire i problemi che attanagliano l’umanità.
Sulla comunità internazionale si è abbattuta una vera e propria tempesta perfetta, che tra cambiamento climatico, coronavirus e invasione dell’Ucraina peggiora la già grave condizione dei Paesi più poveri, con rischi di approvvigionamento per tutto il mondo. Ad affermarlo David Beasley, Direttore Esecutivo del World Food Programme, il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite, che avverte: a rischio la vita di centinaia di milioni di persone.