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Nubi a est di Berlino


La Germania ha favorito lo sviluppo dell’Europa orientale ma oggi, con crescita economica e nazionalismi, l’Europa dell'est guarda a Occidente ma non all’Unione Europea

I leader dei Paesi del gruppo Visegrad: il Primo Ministro polacco Mateusz Morawiecki, il Primo Ministro ungherese Viktor Orban, il Primo Ministro ceco Andrej Babis, il Primo Ministro slovacco Peter Pellegrini sono accolti dal Presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk a Bruxelles, Belgio, 28 maggio 2019. Oliver Hoslet/Pool via REUTERS

La Germania ha favorito lo sviluppo dell’Europa orientale ma oggi, con crescita economica e nazionalismi, l’Europa dell’est guarda a Occidente ma non all’Unione Europea

Nel 2018 il Pil dell’Ue nel suo complesso è aumentato del 2%. Quello della Polonia del 5,1%, poco più del Pil ungherese (+4,9%), lettone (+4,8%) o sloveno (+4,5%). La Slovacchia è cresciuta del 4,1%, l’Estonia del 3,9%, la Lituania del 3,5% e la Cechia del 3%. Un caso? Nel 2013 il rapporto tra l’aggregato europeo e la regione dal Baltico ai Carpazi era simile, anche se in un quadro macroeconomico più negativo: il Pil dell’Ue aumentava appena dello 0,3%, ma la crescita nei tre Paesi Baltici viaggiava sul 2-3%, a Budapest era del 2,1% e a Varsavia del 1,4%. Addirittura nel 2008, a fronte di un modesto +0,5% a livello europeo, l’economia ceca cresceva cinque volte tanto e quella polacca otto. Pur con le normali accelerazioni e rallentamenti, crisi locali e boom effimeri, i Paesi dal Baltico alla Mitteleuropa hanno registrato tassi di crescita nel complesso strepitosi da quando sono entrati nell’Ue. Un successo che ha radici profonde, qualche ombra e conseguenze politiche rilevanti.

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