Shuren Qin, residente negli Usa, è stato condannato a due anni di prigione per esportazione illecita di microfoni subacquei a un ente militare in Cina. La sfida navale è cruciale per la supremazia geopolitica
Mercoledì una corte distrettuale degli Stati Uniti ha condannato a due anni di prigione un imprenditore cinese, Shuren Qin, accusandolo di aver esportato tecnologie marittime sensibili a un ente militare in Cina. Nel 2005 Qin ha fondato in Cina un’azienda, chiamata LinkOcean Technologies, che realizza strumenti oceanografici per gli scienziati; nel 2014 è emigrato con la famiglia in America, dove possiede la residenza permanente.
Secondo l’accusa, dal 2015 al 2016 Qin ha esportato in maniera illecita – ingannando un fornitore americano, e senza essere in possesso dei permessi necessari – degli idrofoni in Cina. Si tratta di microfoni subacquei che permettono di ascoltare i suoni sottomarini: si usano generalmente per studiare i cetacei, ma durante la Prima guerra mondiale sono serviti a individuare i sommergibili tedeschi. Più precisamente, gli idrofoni sarebbero stati consegnati al Politecnico nordoccidentale, un’università statale cinese dove l’apparato militare sta lavorando a dei progetti sui droni sottomarini.
I legali di Qin sostengono che l’uomo non fosse a conoscenza della doppia utilità, sia civile che militare, degli apparecchi che ha esportato. La “dualità” di certe tecnologie – come quelle di intelligenza artificiale – è però un aspetto a cui gli Stati Uniti prestano grandissima attenzione, ed è uno dei motivi alla base di certe restrizioni alle esportazioni verso la Cina: Washington vuole evitare di consegnare all’esercito di Pechino del know-how spendibile in sistemi che potrebbero minacciare la sicurezza nazionale americana.
Gli Stati Uniti avevano accusato Qin anche di aver esportato a enti statali cinesi imbarcazioni di superficie senza equipaggio (cioè controllate da remoto o dotate di sistemi di navigazione autonoma).
La competizione tra Usa e Cina sulla cantieristica
Questi flussi illeciti di apparecchi marittimi non sono affatto strani. Al contrario, si tratta di un tipo di tecnologie estremamente interessanti per la Cina, che ne ha bisogno per potenziare le sue capacità di difesa e offesa nelle acque. Le navi, nel senso più generale del termine, sono infatti un mezzo cruciale per la primazia geopolitica. Detto in altro modo, la vittoria nella sfida tra Washington e Pechino sarà determinata anche dalla superiorità navale di una potenza sull’altra.
Non è ovviamente un caso, quindi, se la Cina stia puntando molto sull’espansione della cantieristica. A Jiangnan Pechino sta costruendo il “gioiello” della sua marina militare, come l’ha chiamato l’Economist: si tratta di una portaerei dal nome in codice Type 003, la nave più grande della sua flotta (sarà lunga circa 320 metri, stando alle stime); in passato ne ha realizzata un’altra, la Shandong.
I progressi cinesi hanno messo in allerta gli Stati Uniti. Secondo il commando americano per l’Indo-Pacifico, entro il 2025 le forze armate di Pechino avranno a disposizione quattro portaerei; la marina americana ne ha undici, più di ogni altra al mondo. Nell’ultimo rapporto presentato al Congresso degli Stati Uniti, il Pentagono fa notare come la Cina sia il Paese che produce più navi sulla base del loro tonnellaggio.
Un gruppo bipartisan di deputati ha allora proposto un pacchetto da 25 miliardi di dollari – lo SHIPYARD Act – per l’aggiornamento dei cantieri americani, sia privati che pubblici, in modo da adattarli alla nuova realtà di competizione con la Cina. Dopo la fine della Guerra fredda, agli Stati Uniti sono rimasti quattro cantieri pubblici: sono quelli di Portsmouth, Norfolk, Puget Sound e Pearl Harbor, e sono tutti vecchi di oltre cent’anni, con bacini di carenaggio inadatti ad accogliere le imbarcazioni di nuova progettazione come la nuova classe di superportaerei Ford.
Non ci sono però solo le portaerei nei piani navali di America e Cina, ma anche i sottomarini lanciamissili balistici: i classe Columbia da una parte e i classe Jin dall’altra.
Shuren Qin, residente negli Usa, è stato condannato a due anni di prigione per esportazione illecita di microfoni subacquei a un ente militare in Cina. La sfida navale è cruciale per la supremazia geopolitica