Continuano le proteste in seguito allo stupro di gruppo di due donne indiane. Il fatto risale a maggio, ma è diventato noto recentemente a causa di un video virale. Dietro la vicenda si nascondono due problemi strutturali dell’India: la violenza etnica e di genere
Dividiamo la vicenda in quattro diversi momenti temporali. Il 3 maggio due donne vengono denudate, fatte sfilare e violentate nello stato indiano di Manipur da un gruppo di uomini. Per oltre tre mesi questa vicenda rimane nel più terribile silenzio. Giovedì 20, emerge un video terribile del fatto, dove si vedono chiaramente i volti dei carnefici, e diventa virale su Twitter. Venerdì 21, centinaia di donne si riuniscono per protestare, chiedono giustizia, danno fuoco alla casa di uno dei principali indiziati e tirano pietre. Sabato 22, arriva la notizia che i 4 principali sospettati sono stati tutti presi in custodia e che la polizia sta cercando di rintracciare anche tutte le altre persone coinvolte, circa 30.
Ci sono voluti più di tre mesi prima che questa vicenda ricevesse attenzione da chi di dovere. La violenza riporta alla luce due diverse questioni, che si intrecciano l’una con l’altra: la violenza etnica, una delle principali piaghe del Paese, e il profondo problema indiano con lo stupro di gruppo, qualcosa di cui tante donne sono state vittima e che, nonostante un’India avviata allo sviluppo e alla modernizzazione, continua a macchiare indelebilmente la storia presente del Paese.
Sull’orlo di una guerra civile
Da maggio lo stato del Manipur, nel nord-est dell’India, è lacerato da violenze etniche tra il gruppo maggioritario dei Meitei, prevalentemente indù, e il gruppo minoritario Kuki, principalmente cristiano. I report dal campo raccontano di un clima da simil-guerra civile con sparatorie, saccheggi e violenze sessuali.
In questo contesto si inserisce la violenza di gruppo sulle due donne. Lo stupro diventa spesso un’arma, di offesa o vendetta, durante i conflitti. Un articolo del quotidiano online indiano The Print, racconta come le violenze sessuali mostrate nel video siano seguite alla diffusione di notizie false sullo stupro e l’omicidio di una donna Meitei, avvenuta subito dopo l’inizio delle violenze nello stato indiano. Questo ha “scatenato un nuovo, mortale ciclo di violenze di rappresaglia sulle donne tribali Kuki, presumibilmente da parte di folle Meitei”, si legge nell’articolo.
Da quando sono scoppiati a maggio, gli scontri tra Meitei e Kuki hanno causato più di cento morti, migliaia di sfollati e innumerevoli edifici rasi al suolo. Purtroppo Manipur non è nuovo a questo tipo di violenze, seppur questa volta la situazione sembri più grave. Lo stato indiano confina con il Myanmar e ospita più di 33 diversi gruppi etnici; la maggioranza dei 3.3 milioni di abitanti però si divide fra Meitei e Kuki. I problemi ci sono sempre stati ma nell’ultimo anno la situazione è andata in contro ad un’escalation, in parte alimentata anche dal conflitto civile nella vicina Birmania. Da quando c’è stato il colpo di stato nel 2021, un grande numero di rifugiati birmani ha varcato i confini in cerca di un luogo sicuro. Molti sono arrivati nel Manipur. Una buona parte di questi appartiene all’etnia Chin, che condivide un profondo legame con i Kuki, la minoranza cristiana dello stato indiano in questione. In un contesto dominato dai Meitei e dove il governo di Manipur è guidato da un membro del partito induista di Modi, il Bharatiya Janata Party (BJP), i rifugiati Chin hanno infiammato le già presenti faide tra i gruppi: i Meitei vedono i rifugiati Chin come una minaccia, mentre le tribù Kuki sono aperte ad accoglierli.
Il governo fino ad ora non ha saputo favorire la riconciliazione della situazione. In molti casi lo strumento messo in campo è l’interruzione di Internet, o la censura di social e piattaforme, per arginare la diffusione di contenuti sul web di contenuti che possano incitare alla violenza. Ma come testimonia la violenza che hanno subito le due donne il 3 maggio, la situazione sembra fuori controllo.
Narenda Modi – da sempre accusato di fomentare la violenza etnica con la sua retorica nazionalista indù – ha commentato le violenze etniche del Manipur, comprese le violenze sulle donne, solo fuori dal Parlamento. Ha parlato con i giornalisti giovedì 20, prima dell’inizio di una seduta in Parlamento, definendo le aggressioni “vergognose” e un “insulto” al Paese. Mallikarjun Kharge, presidente dell’Indian National Congress e leader dell’opposizione nella Camera alta del Parlamento ha detto che “Il Manipur sta bruciando. Le donne vengono violentate e fatte sfilare nude. Il Primo Ministro rilascia una dichiarazione all’esterno. È un insulto al Parlamento”. Infatti, successivamente, i partiti dell’opposizione hanno interrotto i lavori parlamentari, accusando il governo Modi di voler evitare una discussione approfondita sulle violenze del Manipur.
La situazione purtroppo è complicata e non sembra essere destinata a risolversi nel breve periodo. E le possibilità di una pace diminuiscono ulteriormente senza una presa di posizione ferma del governo.
La piaga della violenza sulle donne
Purtroppo, in India come nel resto del mondo, quando ci sono conflitti spesso l’incidenza delle violenze sessuali sulle donne aumenta drasticamente. Questa dinamica è profondamente malata e trova fondamento in una società permeata ancora da un maschilismo tossico, spesso presente anche dove non si vede. Nel caso indiano però, c’è un problema culturale che ha trasformato gli stupri di gruppo alle donne in una tragedia endemica. Nel 2021, si stima che in India sia stata violentata una donna ogni circa 16 minuti. Sempre nel 2021, sono stati denunciati alle autorità indiane oltre 2.200 stupri di gruppo.
Vidya Krishnan è una giornalista indiana specializzata in questioni di salute e sul New York Times ha scritto la sua opinione a riguardo. In un pezzo scrive: “ Ma non si può sfuggire alla cultura dello stupro in India: il terrorismo sessuale è considerato la norma. La società e le istituzioni governative spesso scusano e proteggono gli uomini dalle conseguenze della loro violenza sessuale. Le donne vengono incolpate di essere state aggredite e ci si aspetta che sacrifichino libertà e opportunità in cambio della sicurezza personale. Questa cultura contamina la vita pubblica nei film e in televisione; nelle camere da letto, dove il consenso sessuale femminile è sconosciuto; nelle chiacchiere da spogliatoio da cui i ragazzi imparano il linguaggio dello stupro. Le bestemmie preferite dagli indiani riguardano il fare sesso con le donne senza il loro consenso.”