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Lo stallo della Germania


È urgente una stagione di profonde riforme strutturali che mobilitino nuove energie in un Paese certo non privo di capacità, intelligenza e competenza

Mario Draghi e Angela Merkel durante un summit europeo. In Germania molti incolpano la Banca centrale europea dei bassi tassi d’interesse, che tagliano i profitti alle banche e penalizzano i fondi pensione. REUTERS/Francois Lenoir/Contrasto

È urgente una stagione di profonde riforme strutturali che mobilitino nuove energie in un Paese certo non privo di capacità, intelligenza e competenza

Le superstar stanno perdendo lustro, invecchiate: le maggiori imprese tedesche sono ancora grandi nomi ma ormai campionesse del secolo scorso, lontane dai confini tecnologici nei quali si gioca il futuro. Le banche della Germania soffrono più di altre il regime di tassi d’interesse bassi nel mondo, negativi nell’eurozona, e la loro redditività è troppo bassa. La Cina, tanto coltivata da Angela Merkel, rallenta e con essa le esportazioni sulla tratta ferroviaria Duisburg-Chongqing e dal porto di Amburgo. A Berlino, la politica è ogni giorno più introversa, imperniata su una Grosse Koalition che palesemente non ha molto da dare al Paese, forse qualcosa da togliere. L’àncora di stabilità europea della scorsa dozzina d’anni – che prendeva la forma dell’egemonia tedesca e il volto della cancelliera Merkel – è insomma alla fine del ciclo. Nel 2019, si scopre instabile. Non è una buona notizia: una Germania forte che sa dove andare è decisamente preferibile a una Germania incerta, se non confusa.

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