A meno di un mese dalle elezioni, arrestato Arvind Kejriwal, leader di uno dei partiti di opposizione e capo del governo locale a Nuova Delhi. Kejriwal è il candidato alla guida di una coalizione di 27 partiti che si sono uniti per combattere Modi.
A meno di un mese dalle elezioni generali al via il 19 aprile, in India cade un altro leader dell’opposizione. E la strada per Narendra Modi si fa sempre più spianata verso il suo terzo mandato da premier.
L’oppositore in questione è Arvind Kejriwal, capo del governo locale di Delhi, che è stato arrestato con l’accusa di corruzione. Si tratta del più alto funzionario eletto nella capitale indiana ed è la prima volta che una figura della sua portata finisce in manette mentre è ancora in carica.
Kejriwal è accusato di essere coinvolto in un’indagine su una presunta truffa che riguardava tangenti da circa 12 milioni di dollari per la concessione di licenze di alcolici. Il tribunale ha stabilito una custodia cautelare di sei giorni. Dopo di che, il 28 marzo, sarà riportato davanti al giudice per riesaminare il caso.
Si tratta di un bruttissimo colpo per lui, visto che nel 2015 ha vinto le elezioni locali a Delhi proprio con una forte retorica anti corruzione. La vicenda rischia di avere un impatto sulle elezioni, visto che Kejriwal è il candidato alla guida del suo partito Aam Aadmi (AAP), movimento che fa parte di una coalizione di 27 partiti che si sono uniti per combattere Modi e il suo Bharatiya Janata Party (BJP) .
La dirigenza dell’AAP non ha perso tempo nel sostenere che l’arresto è motivato politicamente e che l’inchiesta sia una “cospirazione per impedire a Kejriwal di partecipare alle elezioni”. L’agenzia che ha trattenuto Kejriwal è sotto il controllo del governo centrale. Secondo i critici del governo, è una delle numerose agenzie che sono state utilizzate contro l’opposizione politica del BJP. Ma secondo l’accusa sarebbe proprio lui il “perno” della cosiddetta truffa dei liquori.
I leader dell’AAP hanno giurato che Kejriwal rimarrà come capo ministro e continuerà a governare anche dal carcere. E intanto sono esplose le proteste. Nel fine settimana si sono succedute le manifestazioni nelle strade della capitale per chiedere il rilascio. La folla ha intonato diversi slogan tra cui “Kejriwal è la rovina di Modi” e “La dittatura non sarà tollerata”.
I manifestanti hanno accusato Modi di governare il Paese in stato di emergenza e di utilizzare le forze dell’ordine federali per soffocare i partiti di opposizione prima delle elezioni. Diversi tra i presenti alle proteste, compresi alcuni politici, si sono anche scontrati con la polizia. “L’arresto di Kejriwal è un omicidio della democrazia”, ha dichiarato Balbir Singh, ministro della Sanità del Punjab, all’Associated Press. “Per i leader dell’opposizione, il carcere è la regola e la cauzione è l’eccezione”, ha aggiunto. Singh ha anche accusato il partito di Modi di “aver stravolto lo stato di diritto”.
Il BJP nega di aver preso di mira l’opposizione e afferma che le forze dell’ordine agiscono in modo indipendente. Ma intanto l’arresto di Kejriwal è avvenuto nello stesso giorno in cui il Partito del Congresso, anch’esso parte della coalizione anti Modi, ha affermato che il BJP ha congelato i suoi conti in un caso fiscale “inventato” di oltre due decenni fa, impedendogli di fare campagna elettorale. Circa 20 milioni di dollari (16 milioni di sterline) appartenenti al Congresso sono stati congelati dal dipartimento delle imposte sul reddito, ha dichiarato il partito. La leader del Congresso, Sonia Gandhi, ha descritto questo come uno “sforzo sistematico per paralizzare il partito dal punto di vista finanziario”.
Rahul Gandhi ha affermato che “un dittatore spaventato vuole creare una democrazia morta”. Lo stesso Gandhi è stato espulso dal Parlamento l’anno scorso, a causa di una condanna per diffamazione derivante da un suo discorso molto critico nei confronti di Modi risalente ad anni prima. Di fatto, l’espulsione ha pregiudicato le possibilità elettorali di Gandhi, che in quel momento era da poco reduce da una vasta marcia per il Paese nel tentativo di rilanciare l’opposizione.
Modi, nel frattempo, prosegue la sua campagna elettorale fin qui ricca anche di elementi ultranazionalisti. Basti pensare a quanto accaduto lo scorso 22 gennaio, quando Modi ha inaugurato il tempio indù di Ayodhya, costruito sul terreno dove si trovava una moschea di epoca Moghul poi demolita nel 1992 da una folla mobilitata da organizzazioni ultraindù.
Nelle ultime settimane, il premier è stato in vari territori lungo il confine con la Cina e col Pakistan, fomentando il sentimento nazionalista. Modi è stato anche in Kashmir: era il suo primo viaggio nell’area dopo che nel 2019 il suo governo ne aveva improvvisamente revocato l’autonomia, scorporandone il territorio in due parti.
Tutto lascia pensare che Modi otterrà il suo terzo mandato. Certo, con la caduta dei suoi rivali gli ostacoli rischiano di diventare ancora inferiori a quanto si potesse pensare.